La recensione di Captain America: Brave New World Marvel batte un colpo
Niente faville, ma neanche niente disastri: Brave New World ha un protagonista convincente e garantisce uno spettacolo modesto ma efficace.

La vera specialità dei Marvel Studios, il loro vero supereroe non è tanto la capacità di sfornare bei film con un ritmo apprezzabile, quanto piuttosto di saper tirar fuori film vedibili e godibili nei momenti di difficoltà quando nessuno ci crede più, sbagliando senza appello in pochissime occasioni.
Nonostante le fosche previsioni della vigilia, anche Captain America: Brave New World è un film che riesce a trarsi d’impiccio e a strappare una sufficienza, anche se stiracchiata. Rimangono lontani i tempi, il realtà ancora vicinissimi cronologicamente, in cui ogni progetto targato MCU generava ondate d’entusiasmo. Tuttavia, nonostante le tante impasse del post Endgame, DIsney dimostra di saper correggere la rotta di una fase Marvel cominciata in precario equilibrio.

Brave New World si rifà al thriller politico a cui occhieggia da sempre il franchise di Captain America, con una robusta dose di effetti speciali e scene di combattimento e d’azione a dargli quel tocco super. Dietro la cinepresa c’è Julius Onah, regista alla prima prova importante in carriera che conduce il film in maniera molto convenzionale e anonima. La sua regia è efficace il giusto, ma infarcita di soluzioni e scelte spesso prevedibili e inoltre avara di emozioni.
Brave New World racconta gli Stati Uniti smarriti di oggi
Ben più interessante è invece la sceneggiatura del film, prodotta a più mani, tra cui quelle dello stesso Onah. Il primo dettaglio di rilievo è che traccia una solida connessione con il film su Hulk del 2008. Se non proprio maledetto come quello di Ang Lee con Eric Bana nei panni di Hulk, sicuramente non è tra i titoli che Disney spende con più piacere. Da lì viene ripescato e menzionato l’incredibile Hulk di Edward Norton ma soprattutto il personaggio di Elizabeth "Betty" Ross di Lyv Tyler, vero perno motivazionale per il Thaddeus Ross di Harrison Ford. Le vicende a cui si fa riferimento sono così remote nel tempo che il film utilizza un servizio televisivo per fare un riassuntone introduttivo.
In breve Thaddeus "Thunderbolt" Ross è riuscito a diventare presidente degli Stati Uniti d’America e questo mette Sam Wilson (Anthony Mackie) in una posizione scomoda. Thaddeus ha passato anni a dare la caccia a lui, al vecchio Cap e alla Vedova Nera, distruggendo la solidità degli Avengers con gli accordi Sokovia. Ora però si professa cambiato e desideroso di costruire insieme (together è lo slogan della sua campagna elettorale) un’America che esca dall’impasse in cui si trova, con un presidente dal passato controverso ma che si proclama oggi unificatore della nazione che l'ha votato.

Il versante politico è indubbiamente quello più interessante, perché vedendo Harrison Ford che fa il bello e il brutto tempo alla Casa Bianca salvo poi trasformarsi un Red Hulk, cambiando di continuo idea e urlando contro alla gente, un paio di paralleli con il presente è impossibile non farli. L'aspetto surreale è che la versione fittizia, con tanto di Red Hulk, rimane comunque più compassata della realtà politica in cui il film arriva nelle sale. Il grado di separazione tra arancione Trump e rosso Hulk è abbastanza risicato da far venir voglia di fare paralleli col presente, anche se probabilmente era l’ultimo dei desideri di Disney, da sempre restia a spaventare il suo pubblico con posizioni ideologiche forti.
C’è da evenziare però che anche per lo studios più familista e rassicurante gli Stati Uniti di questo Brave New World sono tutt’altro che coraggiosi: vengono definiti smarriti e anche la loro leadership internazionale vacilla, nonostante si sia in territorio cinematografico e per giunta in un blockbuster. Il nuovo Falcon viene dalla Florida dei migranti latini - cubani, portoricani e via dicendo - e definisce la Miami dove è cresciuto come “un posto difficile da dove i supereroi li vedi solo da lontano”.
In questo nuovo Captain America poi si ritagliano un ruolo Giappone e India, con una trama da thriller politico internazionale abbastanza basilare e assai prevedibile, ma comunque interessante da seguire e fresca. L’impressione è che il compito più difficile per questo Cap sia mantenere la barra morale dritta in uno scenario statunitense in cui c’è voglia di passare dalla diplomazia al militarismo e dire al mondo cosa fare.
Un altro punto a favore della storia è reintrodurre il Captain America "dimenticato", l'ombra afroamericana della versione ufficiale e bianca. Isaiah Bradley aiuta il film a fare sue tematiche centrali per la comunità nera - con qualche timido accenno alla situazione non facilissima nei rapporti con la polizia e il mondo carcerario - dando modo alla pellicola di inserire qua e là toni e fascinazioni molto black.

Finalmente il MCU fa i conti con la Massa Celestiale
Un altro snodo interessante del film è come - finalmente - si affronti l’elefante nella stanza, anzi, il gigantesco alieno - isola inabissatosi nell’Oceano Pacifico a fine Eternals e poi menzionato solo di sfuggita. Come se il mondo avesse preso con un’alzata di spalle la presenza di un’isola - ex essere divino alla Evangelion apparsa all’improvviso tra India e Giappone. Anche qui però il film ha ambizioni medio basse, nel senso che palesemente la Massa celestiale è un bel escamotage narrativo per introdurre un elemento che sarà cruciale per altri film, altri personaggi futuri.
Cosa rimane dunque a questo film? Un protagonista che è davvero l’equivalente del suo personaggio. Anche in questo titolo s’insiste molto su come il Captain America di Sam Wilson sia "solo" un umano, avendo rifiutato di prendere il siero del super soldato. È più debole, esce acciaccato dai combattimenti. Come però gli dice una vecchia conoscenza, un supersoldato dà speranza, mentre un uomo che fa la cosa giusta (con un aiutino dei wakandiani e della loro tecnologia) è un esempio e un modello raggiungibile, a cui aspirare.
Anthony Mackie si dimostra un protagonista all'altezza in Captain America: Brave New World
Anthony Mackie - uno con in carriera collaborazioni non da poco con registi come Bigelow e Lee - si rivela capace di tenere insieme le complessità di un Cap specchio di tempi difficili e ambigui e di non far troppo pesare l’assenza dei super di prima fascia dal film, convincendo con il suo film di ambizioni umane, ma comunque puntuale.
Rating: Tutti
Nazione: Stati Uniti
Voto
Redazione

Captain America: Brave New World
Quello che che manca a Brave New World è la capacità di andare oltre il riempitivo dignitoso. È il classico film che trovi sul palinsesto domenicale di Italia1 (collocazione di palinsesto che è una sorta di vero e proprio genere informale) che magari guardi anche con piacere ma nei suoi momenti più nobili rimane un filler, un di più, un raccordo narrativo verso storie future, si spera, più interessanti e riuscite.
Data la crisi esistenziale che il cinema supereroistico USA sta attraversando, va bene così. Certo Brave New World dimostra in maniera lampante come la mancanza di un regista ispirato, uno sceneggiatore estroso, maestranze di livello facciano tutta la differenza del mondo nella resa di un film. Mackie però funziona ed è molto solido.