Carol
di
Roberto Vicario
Ha incantato la giura ed il pubblico di Cannes lo scorso anno. Ha rubato il cuore ai critici statunitensi. Ha ricevuto diverse nomination ai Golden Globe che si terranno tra qualche giorno ed é un serio indiziato per la vittoria agli Oscar.
Stiamo parlando di Carol, nuovo film di Todd Haynes che racconta l'amore impossibile tra due donne negli anni '50. L'abbiamo visto e ci ha emozionato. Nella nostra recensione vi spieghiamo il perché.
Todd Haynes é un personaggio che ha dimostra di sapere navigare perfettamente all'interno di alcuni generi di film. Carol ne é l'esempio assoluto, ovviamente, ma anche pellicole come Lontano dal Paradiso (uscito nel 2002) hanno saputo dimostrare la leggerezza e la delicatezza con cui il regista di Encino riesce a mettere su schermo storie difficili da raccontare.
Carol ci porta nella New York degli anni '50, un paese che si dichiara libero e democratico, ma che vive ancora di retaggi sociali e culturali di epoche che sembrano non volersi evolvere. In questo contesto faremo la conoscenza di Carol (Cate Blanchett), signora benestante, sposata e con un figlio. Questa donna sulla quarantina scoprirà di provare una particolare attrazione per Therese (Rooney Mara) ragazza più giovane che lavora come commessa all'interno di un centro commerciale.
All'interno di questa società, Haynes, supportato da una brillante quanto toccante sceneggiatura di Phyllis Nagy (ispirata, tra l'altro, al libro The Price of Salt scritto da Patricia Highsmith) ci racconta attraverso immagini lineari, ma dal forte impatto emotivo, le difficoltà di due donne che capiscono come il loro “amore” sia quasi di troppo all'interno della società in cui vivono la loro quotidianità. Lottare per la libertà o soccombere alla dura legge della società? questo é il quesito a cui dovranno rispondere, passando attraverso momenti fatti di sguardi e sentimenti (c'é una sola scena di forte intimità in tutto il film), di introspezione, di immagini che lasciano più spazio all'interpretazione che alla spiegazione, ma soprattutto, una serie dialoghi (monologhi, per essere più precisi) che ci dimostrano il coraggio di queste due donne.
Non mancheranno le difficoltà. Da una parte Carol sta lottando con il marito Harge Aird (Kyle Chandler) per l'affidamento del figlio a seguito del sempre più imminente divorzio. Therese é invece corteggiata da un ragazzo di nome Richard (Jake Lacy) che vuole convincerla a viaggiare insieme a lui verso la Francia.
Haynes incastra tutti questi elementi in maniera perfetta all'interno della pellicola, trasformandola quasi in una piéce teatrale divisa in tre grossi atti in grado di raccontare perfettamente l'evoluzione dei sentimenti e dei pensieri di queste due donne.
Le immagini sono forti, Haynes indugia grazie ai 16 millimetri negli sguardi, trovando una drammatica e penetrante introspezione nei due personaggi. Il tutto é ovviamente avvalorato dalla ineccepibile bravura di due attrici - la Blanchett e Roney Mara - che portano su schermo dei personaggi credibili e che trasmetto l'evoluzione che la storia cerca di raccontare. Non bisogna poi dimenticare la colonna sonora di Carter Burwell che “gioca” con le immagini stesse, arricchendole di pathos e significato.
Una storia che coinvolge silenziosamente, commuovendo lo spettatore e portandolo verso un finale dalla potenza emotiva devastante e sublimata da un significato forte e lontano da qualsiasi forma di banalità a cui spesso ci hanno aiutato queste storie.
Carol é tutto questo e molto di più. Non é immaginabile che davanti ad una storia raccontata in maniera così magistrale si possa rimanere impassibili. Non abbiamo la certezza che il film, a conti fatti, vincerà qualche statuetta, ma una cosa possiamo tranquillamente affermarla. Carol é un film potente perché all'interno delle immagini che scorrono su schermo si percepisce chiaramente la dignità e la forza di due donne che cercano disperatamente la loro identità all'interno di una totale rigidità sociale vissuta in quell'epoca. Un omaggio a chi già negli '50 lottava per qualcosa in maniera forse silenziosa ma che ancora oggi, in un mondo che vive di lobby indignate e chiassoni movimenti sociali, vale la pena ricordare.
Stiamo parlando di Carol, nuovo film di Todd Haynes che racconta l'amore impossibile tra due donne negli anni '50. L'abbiamo visto e ci ha emozionato. Nella nostra recensione vi spieghiamo il perché.
La difficile libertà dell'amore
Todd Haynes é un personaggio che ha dimostra di sapere navigare perfettamente all'interno di alcuni generi di film. Carol ne é l'esempio assoluto, ovviamente, ma anche pellicole come Lontano dal Paradiso (uscito nel 2002) hanno saputo dimostrare la leggerezza e la delicatezza con cui il regista di Encino riesce a mettere su schermo storie difficili da raccontare.
Carol ci porta nella New York degli anni '50, un paese che si dichiara libero e democratico, ma che vive ancora di retaggi sociali e culturali di epoche che sembrano non volersi evolvere. In questo contesto faremo la conoscenza di Carol (Cate Blanchett), signora benestante, sposata e con un figlio. Questa donna sulla quarantina scoprirà di provare una particolare attrazione per Therese (Rooney Mara) ragazza più giovane che lavora come commessa all'interno di un centro commerciale.
All'interno di questa società, Haynes, supportato da una brillante quanto toccante sceneggiatura di Phyllis Nagy (ispirata, tra l'altro, al libro The Price of Salt scritto da Patricia Highsmith) ci racconta attraverso immagini lineari, ma dal forte impatto emotivo, le difficoltà di due donne che capiscono come il loro “amore” sia quasi di troppo all'interno della società in cui vivono la loro quotidianità. Lottare per la libertà o soccombere alla dura legge della società? questo é il quesito a cui dovranno rispondere, passando attraverso momenti fatti di sguardi e sentimenti (c'é una sola scena di forte intimità in tutto il film), di introspezione, di immagini che lasciano più spazio all'interpretazione che alla spiegazione, ma soprattutto, una serie dialoghi (monologhi, per essere più precisi) che ci dimostrano il coraggio di queste due donne.
Non mancheranno le difficoltà. Da una parte Carol sta lottando con il marito Harge Aird (Kyle Chandler) per l'affidamento del figlio a seguito del sempre più imminente divorzio. Therese é invece corteggiata da un ragazzo di nome Richard (Jake Lacy) che vuole convincerla a viaggiare insieme a lui verso la Francia.
Haynes incastra tutti questi elementi in maniera perfetta all'interno della pellicola, trasformandola quasi in una piéce teatrale divisa in tre grossi atti in grado di raccontare perfettamente l'evoluzione dei sentimenti e dei pensieri di queste due donne.
Le immagini sono forti. Haynes indugia, grazie ai 16 millimetri, negli sguardi, trovando una drammatica e penetrante introspezione nei due personaggi.
Le immagini sono forti, Haynes indugia grazie ai 16 millimetri negli sguardi, trovando una drammatica e penetrante introspezione nei due personaggi. Il tutto é ovviamente avvalorato dalla ineccepibile bravura di due attrici - la Blanchett e Roney Mara - che portano su schermo dei personaggi credibili e che trasmetto l'evoluzione che la storia cerca di raccontare. Non bisogna poi dimenticare la colonna sonora di Carter Burwell che “gioca” con le immagini stesse, arricchendole di pathos e significato.
Una storia che coinvolge silenziosamente, commuovendo lo spettatore e portandolo verso un finale dalla potenza emotiva devastante e sublimata da un significato forte e lontano da qualsiasi forma di banalità a cui spesso ci hanno aiutato queste storie.
Carol é tutto questo e molto di più. Non é immaginabile che davanti ad una storia raccontata in maniera così magistrale si possa rimanere impassibili. Non abbiamo la certezza che il film, a conti fatti, vincerà qualche statuetta, ma una cosa possiamo tranquillamente affermarla. Carol é un film potente perché all'interno delle immagini che scorrono su schermo si percepisce chiaramente la dignità e la forza di due donne che cercano disperatamente la loro identità all'interno di una totale rigidità sociale vissuta in quell'epoca. Un omaggio a chi già negli '50 lottava per qualcosa in maniera forse silenziosa ma che ancora oggi, in un mondo che vive di lobby indignate e chiassoni movimenti sociali, vale la pena ricordare.