Cenerentola
di
Roberto Vicario
Dopo aver letteralmente incantato il pubblico di Berlino, la Cenerentola di Kenneth Branagh arriva nelle sale italiane, dimostrando quanto una fiaba così antica, possa ancora rivelarsi attuale e conquistare un pubblico che sembra aver perso la capacità di sognare. Un pensiero in realtà confutato dai numeri incassati dal film in questo primo week end di programmazione, che hanno già elevato la pellicola a successo assoluto.
Ecco la nostra analisi.
In questi ultimi anni abbiamo assisto ad una graduale reinvenzione dei grandi classici. Questa metamorfosi é sempre avvenuta attraverso due passaggi fondamentali: la trasformazione da animazione a live action, e lo stravolgimento del contesto e, molto spesso, della trama.
Esempi di queste mutazioni - non perfettamente riuscite, Maleficent esclusa - sono i recenti Alice in Wonderland, Hansel & Gretel oppure Il Grande e Potente OZ, giusto per citarne alcuni. Branagh, invece, vira pesantemente controcorrente, portando su schermo un racconto classico, semplicemente arricchito di alcuni passaggi necessari per allungare una trama ai più già conosciuta.
Raccontarvi la storia del classico disney degli anni '50 per eccellenza é sicuramente superfluo, per cui ci concentreremo sulle scelte che a nostro modo di vedere hanno trasformato il film in un successo per le famiglie e i nostalgici.
Branagh sceglie, come detto, la via della semplicità. Al netto di qualche dialogo aggiunto qua e là e dei rapporti sviluppati in maniera leggermente più profonda, il regista del primo Thor decide di puntare tutto sulla semplicità narrativa, contornando però di estro ed esagerazione tutto quello che circonda gli attori.
Le scenografie del nostro Dante Ferretti sono in grado a più riprese di mozzare il fiato e distogliere prepotentemente l'attenzione e gli occhi del pubblico dagli attori alla scena. In assoluta sintonia arrivano poi gli incredibili costumi di Sandy Powell: esagerati, sfarzosi, colorati ed in grado perfettamente di regalare agli occhi di chi guarda quelle canoniche immagini da fiaba, che tutti da bambini (e non) hanno sempre sognato e immaginato.
In tutto questo si inseriscono poi due personaggi che svettano sul resto del cast in maniera significativa. L'esagerata fata madrina portata su schermo da Helena Bonham Carter e la matrigna interpretata da Cate Blanchett sono personaggi in grado di catalizzare su di loro tutta l'attenzione, grazie ad una caratterizzazione a dir poco perfetta. La bravura di Branagh é comunque quella di sapere gestire alla perfezione i tempi di regia e narrazione, lasciando che al centro dell'attenzione rimanga sempre Cenerentola ed il suo “apprendista” Principe.
Potremmo citare anche diversi difetti/limiti della pellicola, come ad esempio una computer grafica sotto tono e per buona parte slegata dal contesto in cui viene inserita (ma utile a portare su schermo in maniera credibile alcuni personaggi del cartone Disney), oppure una Lily James non perfettamente riuscita nel ruolo della protagonista, per quanto Branagh provi a più riprese a farla spiccare con scelte leggermente distanti dal classico (vedi la cavalcata "a pelo" nella foresta in stile Merida).
Alla fine, però, tutto funziona grazie - e ci teniamo a sottolinearlo ancora una volta - al regista che sembra essersi finalmente ritrovato del tutto. Il film vive inoltre di momenti assolutamente avvincenti e coinvolgenti come non si vedevano da anni in un live action Disney. La trasformazione della zucca e degli animali, nonostante la CG non proprio brillante, riesce comunque a stupire lo spettatore, così come la scena della fuga dal castello allo scoccare della mezzanotte é densa di ritmo e girata con i giusti tempi.
Ecco, a ben guardare é proprio questo il più grande successo di Cenerentola: l'essere riusciti a portare sul grande schermo un classico, in grado di non annoiare ma di dosare componenti comiche ad altre più seriose o sentimentali in un equilibrio quasi perfetto.
Ma più di ogni altra cosa, Cenerentola regala e trasmetta magia. Quella magia che Disney sembrava aver perso, e che invece grazie a questo film dimostra ancora di possedere, merce davvero rara per i tempi che corrono…
Ecco la nostra analisi.
Una magia d'altri tempi…
In questi ultimi anni abbiamo assisto ad una graduale reinvenzione dei grandi classici. Questa metamorfosi é sempre avvenuta attraverso due passaggi fondamentali: la trasformazione da animazione a live action, e lo stravolgimento del contesto e, molto spesso, della trama.
Esempi di queste mutazioni - non perfettamente riuscite, Maleficent esclusa - sono i recenti Alice in Wonderland, Hansel & Gretel oppure Il Grande e Potente OZ, giusto per citarne alcuni. Branagh, invece, vira pesantemente controcorrente, portando su schermo un racconto classico, semplicemente arricchito di alcuni passaggi necessari per allungare una trama ai più già conosciuta.
Raccontarvi la storia del classico disney degli anni '50 per eccellenza é sicuramente superfluo, per cui ci concentreremo sulle scelte che a nostro modo di vedere hanno trasformato il film in un successo per le famiglie e i nostalgici.
Branagh sceglie, come detto, la via della semplicità. Al netto di qualche dialogo aggiunto qua e là e dei rapporti sviluppati in maniera leggermente più profonda, il regista del primo Thor decide di puntare tutto sulla semplicità narrativa, contornando però di estro ed esagerazione tutto quello che circonda gli attori.
Le scenografie del nostro Dante Ferretti sono in grado a più riprese di mozzare il fiato e distogliere prepotentemente l'attenzione e gli occhi del pubblico dagli attori alla scena. In assoluta sintonia arrivano poi gli incredibili costumi di Sandy Powell: esagerati, sfarzosi, colorati ed in grado perfettamente di regalare agli occhi di chi guarda quelle canoniche immagini da fiaba, che tutti da bambini (e non) hanno sempre sognato e immaginato.
In tutto questo si inseriscono poi due personaggi che svettano sul resto del cast in maniera significativa. L'esagerata fata madrina portata su schermo da Helena Bonham Carter e la matrigna interpretata da Cate Blanchett sono personaggi in grado di catalizzare su di loro tutta l'attenzione, grazie ad una caratterizzazione a dir poco perfetta. La bravura di Branagh é comunque quella di sapere gestire alla perfezione i tempi di regia e narrazione, lasciando che al centro dell'attenzione rimanga sempre Cenerentola ed il suo “apprendista” Principe.
Potremmo citare anche diversi difetti/limiti della pellicola, come ad esempio una computer grafica sotto tono e per buona parte slegata dal contesto in cui viene inserita (ma utile a portare su schermo in maniera credibile alcuni personaggi del cartone Disney), oppure una Lily James non perfettamente riuscita nel ruolo della protagonista, per quanto Branagh provi a più riprese a farla spiccare con scelte leggermente distanti dal classico (vedi la cavalcata "a pelo" nella foresta in stile Merida).
Alla fine, però, tutto funziona grazie - e ci teniamo a sottolinearlo ancora una volta - al regista che sembra essersi finalmente ritrovato del tutto. Il film vive inoltre di momenti assolutamente avvincenti e coinvolgenti come non si vedevano da anni in un live action Disney. La trasformazione della zucca e degli animali, nonostante la CG non proprio brillante, riesce comunque a stupire lo spettatore, così come la scena della fuga dal castello allo scoccare della mezzanotte é densa di ritmo e girata con i giusti tempi.
Ecco, a ben guardare é proprio questo il più grande successo di Cenerentola: l'essere riusciti a portare sul grande schermo un classico, in grado di non annoiare ma di dosare componenti comiche ad altre più seriose o sentimentali in un equilibrio quasi perfetto.
Ma più di ogni altra cosa, Cenerentola regala e trasmetta magia. Quella magia che Disney sembrava aver perso, e che invece grazie a questo film dimostra ancora di possedere, merce davvero rara per i tempi che corrono…