Deadpool & Wolverine, recensione: Deadpool riordina lo MCU a suon di camei, ma la stanchezza si sente

Dietro l’irriverenza, il meta-testo e la miriade di camei, Deadpool dà una sistemata allo scompiglio portato dall’acquisizione di Fox e dalla crisi del multiverso e dei consensi nell’universo MCU. Anche lui però dà segni di stanca.

di Elisa Giudici

Alla fine Ryan Reynolds ce l'ha fatta ad avere il suo film di Deadpool con al fianco Hugh Jackman redivivo nei panni che sembrava aver appeso al chiodo per sempre. Quelli di Wolverine, anche se a ben vedere questi specifici panni, quelli in spandex giallo e blu, non li aveva ancora vestiti. Il film ovviamente non perde occasione di rammentarcelo e anzi, cuce addosso anche allo storico costume una storia personale, sentita, emozionante, in aperto contrasto con le tenute in pelle nera (cool ma impersonali) delle prime apparizioni del personaggio nella lontana prima saga mutante di Bryan Singer.

Se il film Logan era stato - e rimane - il suo perfetto addio al ruolo che l'ha reso una star e ha definito la sua carriera, Deadpool & Wolverine è la chiusura di un cerchio. Perché nel frattempo un'epoca è davvero finita. Il logo della 20th Century Fox giace in frantumi nel Vuoto insieme alle Varianti spedite lì dalla TVA. L'epoca dei primi super è così lontana, così irrevocabilmente passata (e la seconda e le successive non se la passano benissimo) che questo film si concede e permette di avere nostalgia di quanto di buono ma anche di quanto di pessimo ha fatto l'alba cinematografica Marvel a fine anni '90, inizio anni '00.

Deadpool, il Gesù "riorganizzatore" del tardo MCU 

Per essere il distruttore della quarta parete, l'irriverente citazionista di pratiche sessuali altrove impronunciabili sotto l'egida Disney e sempre pronto a parlare di cocaina e altri tabù viziosi, Deadpool si dimostra un grande riorganizzatore dell'universo Marvel. Grazie al suo dialogo diretto con il pubblico e alle sue conversazioni senza fine sulla e con la cultura pop, Deadpool fa un grande favore ai Marvel Studios. 

Deadpool narratore metatestuale infatti divide la storia recente Marvel in due parti: ciò che ha funzionato, ancora ci piace e un po' rimpiangiamo (i primi Avengers, i primi X-Men, i riferimenti diretti e non edulcorati al mondo dei fumetti) e ciò che ci ha deluso e vorremmo poter togliere dal piatto (tutto ciò che è successo dopo Endgame e l'inutile complicazione del multiverso nelle sue incarnazioni più recenti).

Vedendo il film è facile capire perché Hugh Jackman abbia accettato di rimangiarsi l'addio a Wolverine. È lui il cuore emotivo del  racconto, che tratta le tante versioni del suo personaggio che appaiono nel multiverso con rispetto e reverenza, che gli consente di mostrare un lato di Logan molto umano e sofferente. Per toni e approccio Deadpool e Wolverine raramente è un film serio e si astiene dal virare sul drammatico. Quasi sempre lo fa per permettere a Jackman di affrontare quei rimorsi che scavano dentro "il Wolverine peggiore di tutti" ma che, di fatto, sono sempre stati sotto la superficie di Logan. Come Wolverine, per decenni e decine di film gli è stato chiesto di essere e fare di tutto (l'innamorato, il macho, il supereroe, l'incazzato, il fuggitivo), mostrando il suo rigetto verso l'umanità nel suo calarsi nell'alcolismo, nel suo isolarsi, nel suo mutismo, senza però mai esplorare il perché. 

Qui Jackman può, in un certo senso, continuare il lavoro "serioso" di Logan, anche perché ci pensa Ryan Reynolds a far funzionare la parte comica del film, che espleta quasi completamente in prima persona. Il bello di questa accoppiata è che Jackman e Reynolds fanno amalgamare e coesistere allo stesso tempo due modi di essere molto, molto differenti del genere cinecomics, il passato e il presente del filone cinematografico. Deadpool e Wolverine fa coesiste il vecchio modo di fare supereroi con il nuovo metodo di fare supercitazionismo. È la cosa che fa meglio.

Deadpool maneggia meglio i camei della trama

Non manca ovviamente l'attesa ondata di camei, citazioni, apparizioni a sorpresa, alcune già annunciate, altre che davvero prenderanno chi riuscirà ad evitare spoiler di sorpresa. Tutto nel novero della nuova Marvel, quella che si è pappata Fox e ormai dispone a piacimento di vecchi e nuovi X-men e sta palesemente pianificando la sua era mutante.

Deadpool in questo senso gli fa strada, facendo un po' di pulizia nella storia dei mutanti al cinema, mettendo al proprio fianco in veste di super ospiti capitoli esaltanti dell'era Fox e altri di cui è difficile dire di avere nostalgia, personaggi e storie che finora non erano mai successi (ma di cui si era parlato molto) e due camei davvero spiazzanti. Uno e forse il più pregiato e prezioso e funziona perché ribalta le aspettative del pubblico, tanto da rimanere centrale anche nell'immancabile scena a fine dei titoli di coda. L'altro dura un battito di ciglia, ma è l'unico a spingersi davvero fuori dai confini MCU. 

Spinto dall'irriverenza, da una serie infinita di allusioni (omo)sessuali e cocainomani, Deadpool & Wolverine strappa molte risate, regala un'ottima dose di divertimento, soprattutto a chi arriva già al cinema in quanto amante di questo tipo di approccio metatestuale e irriverente. Quanto il mondo dei cinecomics sia in crisi però lo attesta l'incapacità di questo film di risolvere i problemi che affliggono l'MCU ormai da tempo. 


Se le gag e gli scontri fisici funzionano, non si può dire lo stesso della storia in sé e per sé. Seguire Deadpool in giro per il multiverso alla ricerca di un Wolverine adatto alla sua missione è divertente, ma è davvero poco convincente e coerente il perché parta in prima istanza, il cosa scateni la sua crisi personale e affettiva. La storia di come entri in crisi con Vanessa (Morena Baccarin) sembra qualcosa di improvvisato all'ultimo, tanto è affrettata e abbozzata.

Ci sono tanti fili mal intrecciati alla trama (vedi il tormentone su Thor in lacrime che non va da nessuna parte) e, ancora una volta, il villain del film (interpretato da Emma Corrin) è un miscuglio di terribili poteri e grande mancanza di personalità. Charles Xavier, con cui la sua Cassandra è imparentata, risulta più carismatico nel suo essere evocato di lei che è fisicamente presente mentre affonda le dita nei crani delle persone per rubarne i ricordi. Il suo vero potere è quello di scatenare ogni flashback necessario a far progredire una storia che promette un grande climax drammatico ma che, di fatto, risulta banalissima nei suoi svolgimenti. Il finale poi è totalmente privo di pathos perché già sappiamo che ciò che ci è stato promesso non succederà.

Alla fine Deadpool & Wolverine dà ragione a quanti hanno detto no ai camei, a quanti hanno capito per tempo che la loro presenza nel MCU era arrivata al capolinea. Hugh Jackman, in quanto elemento portante della nascita dell'intero genere nel senso contemporaneo con cui lo intendiamo, si può concedere un secondo giro di giostra, lui sì. Ora però è arrivato il momento di trovare nuove idee, nuovi stimoli, oppure prendersi davvero una pausa. Perché prima di citare e irridere, bisogna creare qualcosa di nuovo e funzionale, funzionante, capace di parlare al pubblico e non ai suoi ricordi.