Death Note

Death Note è stato, ed è tutt’ora, uno dei manga di maggior successo degli ultimi vent'anni. L’opera di Tsugumi Oba è uno dei più fulgidi esempi di come un prodotto, indipendentemente dalla sua natura, può essere trasversarle e accattivante verso qualsiasi tipo di pubblico.

Inutile quindi sottolineare come, un brand che può vantare già diverse opere parallele, sia finito sotto la lente di ingrandimento delle major statunitensi. Ci aveva pensato Warner Bros. inizialmente, ma dopo una lunga gestazione, il progetto è finito nelle ricche mani di Netflix. Come è andata? Scopriamolo insieme.

Quel brivido lungo la schiena…

Basta davvero poco, anzi pochissimo, per capire che il passaggio nell’utilizzo di una location come Seattle (città che, per i suoi colori, non è stata scelta casualmente!) avrebbe comportato un arrangiamento piuttosto lontano dall’opera originare a cui si ispira la pellicola.

Ma prima di entrare nel dettaglio, è bene fare un piccolo ripasso (decisamente concentrato) per chi è a secco di qualsiasi elemento legato a Death Note. Light è un ragazzo che entra in possesso del Death Note, un libro speciale di proprietà di Ryuk, uno shinigami. Il proprietario del quaderno ha la facoltà di uccidere chiunque voglia, scrivendo il suo nome e come deve morire la persona; unica regola: deve conoscere il suo volto e pensarlo nel momento in cui scrive nome e cognome. L’idea di Kira (soprannome che decide di utilizzare Light) è quella di creare un mondo perfetto, senza criminali, ma una serie di morti sospette attirano l'attenzione di "L," un formidabile e intelligentissimo investigatore privato. Questo sarà l’inizio di una vera e propria partita scacchistica, a base di morti, tra i due personaggi.

Il lavoro svolo da Adam Wingard tocca solamente in superficie il manga, ne prende spunto, preleva i personaggi e li arrangia in maniera differente. Troviamo quindi Light Turner (Nat Wolff) orfano di madre e con un padre poliziotto; L (Keith Stanfield) che mantiene molte delle movenze viste nel manga, ma nella sua forma occidentale è un ragazzo di colore; e molte altre piccole cose che fanno capire come, il regista, abbia volutamente indirizzato la pellicola su un terreno molto diverso da quello del manga. Una scelta che, sulla carta, è utile soprattutto per evitare un confronto diretto tra manga/anime e un film di poco più di un’ora e mezza.

Purtroppo però in questo adattamento si sente fin troppo la mancanza di alcuni degli elementi cardine dell’opera originale, rendono il tutto decisamente più piatto, portando lo spettattore a fare dei confronti naturali. Intendiamoci, il film di Wingard si lascia tutto sommato guardare: non ha mai particolari picchi di interesse (eccezione fatta per un piccolo colpo di scena finale) ma nemmeno momenti di noia . La sceneggiatura lascia solamente intuire alcuni degli elementi che hanno caratterizzato in maniera importante il manga. Death Note ha basato molto del suo successo sulla sua componente psicologica, partendo da tutti i dubbi morali di Light nell'utilizzare il quaderno, fino a sfociare nella splendida lotta celebrale tra due menti brillanti come L e Light. Una vera partita di scacchi, ricca di colpi di scena, ma soprattutto di un carisma strabordante da parte di entrambi i protagonisti.

Tutto questo, nel film, è approcciato e sviluppato nel modo sbagliato. Lo scontro che viene giocato dai due protagonisti è davvero insipido e questo non permette alla pellicola di spiccare quel salto che la porterebbe dritta nel cuore dei fan. Inoltre, a "fare più male" è il modo in cui Light inizia ad usare il quaderno; abbozzato, troppo frettoloso, con una evoluzione morale che non convince pienamente.

Menzione estremamente positiva invece per la rappresentazione di Ryuk, forse il personaggio più fedele al manga sia sotto l’aspetto visivo che comportamentale. Avendo potuto visionare la versione in lingua originale, possiamo anche ammettere che gran parte del merito è da assegnare allo splendido doppiaggio operato da Willem Dafoe.

Nel complesso è quindi davvero difficile giudicare questo Death Note. Se siete fan del manga o degli anime, questo è sicuramente un lavoro che troverete molto più superficiale, con un approccio e uno stile profondamente lontani dall’opera originale. Se invece siete a secco dell'opera, quello che Netflix vi offre, è un thriller a metà tra il fantastico e il poliziesco, che scorre senza particolari picchi. L’unica certezza è che si tratta di una grande occasione sprecata.