Decision to Leave, recensione: la detective story davvero perfetta
Non ci sono più i detective di una volta verrebbe da dire, ma con sollievo, guardando Decision to Leave. Il nuovo film di Park Chan-wook, l’ennesima prova di quanto il suo acume di sceneggiatore e la sua maestria di cineasta siano fuori scala. Il regista di Old Boy e Stoker ormai gioca su un livello tutto suo, specie quando c’è di mezzo la tensione del thriller e il mistero del giallo. Dopo l’elegantissimo e sensuale Mademoiselle, decide di mettersi alla prova con un genere altamente codificato, riuscendo in poco più di due ore a capovolgerne gli stilemi e renderlo iper contemporaneo, guardando al contempo ai classici del genere.
In Decision to Leave c’è un detective senza sonno che indaga su una femme fatale, bellissima e misteriosa. L’attrazione tra i due è palpabile, ma anche la manipolazione reciproca: meglio cedere alla seduzione o scoprire la verità su quanto successo sulla morte del marito di lei? I due protagonisti del film potrebbero essere Humphrey Bogart e Lauren Bacall o James Stewart e Kim Novak, se non fosse che Park Chan-wook è interessato a raccontare il presente sociale, politico e tecnologico, inscrivendo nel tessuto del suo film l’onnipresenza dei cellulari, le dinamiche di potere insite nei fenomeni migratori, persino uno sguardo disincantato ma non privo di romanticismo su un matrimonio di lungo corso.
Per saperne di continua a leggere la recensione di Decision to Leave:
- La trama di Decision to Leave
- Cosa funziona e cosa no in Decision to Leave
La trama di Decision to Leave
Song Seo-rae (Tang Wei) è una giovane immigrata cinese rimasta vedova di un marito possessivo e violento. A indagare sulla morte dell’uomo, avvenuta in quello che sembra essere un incidente durante un’arrampicata in montagna, c’è un detective perseguitato dall’insonnia di nome Jang Hae-joon (Park Hae-il). Una figlia ormai grande, un matrimonio maturo e tranquillo, un lavoro che ne appaga gli istinti di poliziotto, il protagonista rimane ugualmente affascinato dal caso e dalla vedova Song Seo-rae, che ha un modo tutto suo di vivere il lutto e di parlare in coreano, dato che l’ha imparato attraverso i drama storici visti in TV.
Man mano che Jang Hae-joon si avvicina alla vedova, chiuso con lei nelle salette interrogatori della stazione di polizia o appostato sotto casa sua per sorvegliarla, comincia a capire i contorni di un caso decisamente complesso, ma anche a legarsi sentimentalmente a una donna dal passato oscuro e dal futuro incerto.
Cosa funziona e cosa no in Decision to Leave
Sono solo due i limiti di Decision to Leave: richiede allo spettatore la massima attenzione e una certa predisposizione al cinema asiatico. Pur essendo un thriller, un poliziesco, un noir e anche una storia d’amore, Decision to Leave non rinuncia a un certo umorismo spiccatamente coreano, che per alcuni spettatori potrebbe risultare poco digeribile.
Tutto il resto si muove a un livello straordinario e vale assolutamente una visita in sala, il prezzo del biglietto e l’attenzione richiesta sin dai primi minuti. Insieme al co-sceneggiatore, Park Chan wook ha lavorato a lungo per costruire una storia in due tempi: il primo per creare una splendida donna fatale da antologia, il secondo per ridarle la propria umanità e smontare questo archetipo narrativo. Sono tanti gli stereotipi di genere che con arguzia Decision to Leave rimodella. Abbiamo per esempio un detective da film noir che non fuma (più), ha un istinto naturale verso la violenza e la passione, ma si dimostra un uomo accorto, un marito gentile e mai armato di una virilità aggressiva.
Decision to Leave è anche uno dei pochissimi film che riesce a risolvere in maniera brillante l’eterno problema degli schermi su grande schermo. Il cinema tende a usare poco cellulari e computer perché è difficile mostrare lo schermo e al contempo le reazioni dei personaggi a ciò che vi leggono. Park Chan-wook invece gioca tutto il suo caso su smartphone, smartwatch, contapassi, chat, rendendo tutti questi strumenti quotidiani ma poco attraenti nei film puramente cinematografici. Il film è un intero compendio di soluzioni creative in merito a come inserire in maniera accattivante e persino esteticamente appagante la tecnologia in una storia poliziesca.
Tra regia e montaggio è difficile capire chi meriti più lodi. Le due scene degli inseguimenti, la ricostruzione di cosa è successo in montagna, lo struggente finale sono la prova di quanto chi ha girato questi spezzoni sia in controllo assoluto dei movimenti della cinepresa e della capacità di narrare infinite sottigliezze attraverso gli stessi, creando ritmo o trasmettendo sensualità.
In tutto questo si aggiunge un gusto estetico tattile ed elegantissimo: complementi d’arredo, vestiario, persino le carte da parati si tramutano in simboli, che i sensi sovrastimolati dello spettatore percepiranno solo alla seconda, terza visione.
Decision to Leave riflette con una sceneggiatura tanto ironica quanto malinconica su temi non scontati, parlando d’immigrazione sul piano linguistico e culinario, d’amore sensuale e filiare esplorando consuetudini domestiche e gesti d’altruismo che possono diventare criminale. A far funzionare il lato romantico del film - una vera e propria tragedia di tempismi mai coordinati - sono i due ottimi interpreti. Cate Blanchett ha avuto parole di lode per la grande interpretazione di Tang Wei e non si può che essere d’accordo con lei.
Rating: Tutti
Durata: 138'
Nazione: Corea del sud
Voto
Redazione
Decision to Leave
Decision to Leave è una detective story perfetta: complessa a appassionante da seguire, impossibile da anticipare nelle sue svolte, capace di toccare anche emotivamente. Imperdibile per chi ama il genere e il grande cinema