Dolceroma

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Andrea Serrano (Lorenzo Richelmy), 29 anni, aspirante scrittore, ha scritto un libro che nessuno ha letto. In realtà quasi nessuno, perché il volume, casualmente, finisce tra le mani del famoso produttore cinematografico Oscar Martello (Luca Barbareschi), che ne intuisce il potenziale narrativo e decide di trarne un film. Sembra la grande occasione della vita: coinvolto come sceneggiatore, Andrea approda a Roma, dove scopre la ‘nuova’ Dolce vita. Feste, donne, la magia del set, un legame speciale con la protagonista del film Jacaranda (Valentina Bellé) che, sebbene sia l’amante di Oscar, sembra ricambiare le sue attenzioni. Peccato che non tutto vada per il meglio, anzi. Il regista (Luca Vecchi) è un incapace, il budget scarseggia e il montaggio finale è disastroso. Come fare, a quel punto, per salvare il film da una catastrofe annunciata?

Story Trailer

Dopo lo sfolgorante esordio con Mine, diretto insieme al sodale Fabio Guaglione, Fabio Resinaro esordisce nella regia da solista con questo adattamento del romanzo Dormiremo da vecchi di Pino Corrias, un ritratto impietoso del sottobosco cinematografico italiano (cioè, romano), fra produttori senza scrupoli, attrici in cerca di salvezza e sceneggiatori manipolatori. E lo fa attingendo a quelli che sono – chiaramente – i suoi modelli cinematografici di riferimento: la pulp comedy ‘alla Tarantino’ con tocchi di Guy Ritchie e un plot ricco di twist che rende più volte omaggio a I soliti sospetti e a Slevin – Patto criminale.

Intendiamoci: Dolceroma non è uno stoner movie, piuttosto è un mix di generi dove il noir e la commedia cercano – e spesso trovano – una felice amalgama e la regia è sempre volutamente sopra le righe – ralenty, fotografia sgranata, bullet time camera – quasi per identificarsi con un mondo dove l’esagerazione è strumento sia di sopraffazione che di sopravvivenza. Emblematica, in questo, è la figura del produttore Oscar Martello, spietato e vulnerabile al tempo stesso, cui dà corpo e anima uno straripante Luca Barbareschi. Un’interpretazione, la sua, capace di reggere tutto il film e di compensarne le carenze.

Non funziona proprio tutto quanto, infatti, in Dolceroma: a un cast di attori quasi tutti in parte (incredibile Barbareschi, un po’ meno incisivi Richelmy e la Bellè, esilarante Luca Vecchi dei The Pills nella parte del regista incapace, simpatico Libero De Rienzo emulo di Genny Savastano) fanno da contraltare una sceneggiatura a cui forse sarebbero servite un paio di limature in più prima di approdare in produzione e un finale con decisamente troppi capovolgimenti di fronte.

Resta comunque il piacere di aver assistito a un film italiano (non il primo, per fortuna) che si prende qualche rischio e tenta di alzare l’asticella della qualità. Speriamo che per i produttori italiani (e per noi spettatori) diventi una felice abitudine.

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