Dreams, la recensione del film di Michel Franco che ha diviso la Berlinale
Michel Franco torna a fare quello che gli riesce meglio, ovvero raccontare relazioni destinate a far discutere, basate su un’insanabile sproporzione di potere: quella tra Jessica Chastain e il suo amante e quella tra Stati Uniti e Messico.

Ci sono due storie d’amore in Dreams e sono entrambe tormentatissime, violente, tossiche. Una è tra persone, l’altra è tra nazioni, la cui collocazione geografica, dice il regista messicano Michel Franco, ne vede già una “sopra l’altra”. Allusione sessuale e di dominazione voluta e ricercata da un regista che ama mettere a disagio il suo stesso pubblico e, prevedibilmente, regala alla Berlinale quello che sarà il suo film più controverso e divisivo.
Dreams tende a non lasciare indifferenti perché Michel Franco torna a fare quello che gli riesce meglio, ovvero sposare la sua regia pulita, minimale, precisa al millimetro con le espressioni più violente e brutali della società e dell’amore.Pur essendo lontano dai picchi raggelanti di un film shock come fu Nuevo Orden (presentato qualche anno fa a Venezia), Dreams lo ricorda da vicino. In quel film Franco immaginava la veloce ascesa e caduta di un regime dittatoriale di stampo militare in Messico, partito dall’insoddisfazione degli ultimi che se la prendono con i più ricchi, li braccano, li brutalizzano in campi di prigionia. Nel farlo danno il via a una lunga catena di relazioni causa effetto che portano la democrazia a sgretolarsi a vantaggio dei militari e dei ricchi abbastanza e potenti abbastanza da salvarsi dalle violenze o da restituirle con gli interessi.

Dreams è il Babygirl geopolitico tra Stati Uniti e Messico
Dreams nelle sue immagini è forte, ma mai così brutale. In quello che dice però e in come lo dice, è netto e preciso anche sul fronte politico. Tanto che il film si apre con la ripresa di un camion parcheggiato nel deserto americano che dondola, spinto dall’interno dalle urla strazianti dei migranti chiusi dentro e dimenticati sotto un sole cocente. La cinepresa, ferma, quasi dimenticata, che cattura il passaggio e il camion, restituisce tutta l’indifferenza verso un errore tragico che si consuma e si ripete.
Solo per puro caso su quel camion non c’è il giovane Fernando (la star internazionale della danza Isaac Hernández). Ballerino con un futuro radioso davanti grazie al sostegno di una fondazione statunitense, Fernando attraversa illegalmente il confine per ricongiungersi alla fondatrice dell’associazione che lo ha aiutato. Algida, elegante, sempre in controllo, Jennifer (Jessica Chastain) ha sviluppato un’autentica ossessione per il ragazzo, che ama sfidare tra le lenzuola, dominare nei giochi erotici, di cui si prende cura economicamente e con piccoli gesti come portargli il caffè a letto, seguirne la carriera.
Il rapporto è sbilanciatissimo, così come accadeva nel recente Babygirl, per un’infinità di ragioni: Jennifer è più matura, ha più esperienza, potere, soldi. Ha plasmato con la fondazione il percorso artistico del ragazzo. Fernando dalla sua ha solo la sua infatuazione e la sua incrollabile fedeltà per la donna. Franco mette sul piatto anche la questione dei passaporti, perché presto intuiamo che Jennifer con il suo essere statunitense si è costruita una doppia vita in cui passeggia per strada a Mexico City con Fernando e poi assiste le fondazioni benefiche di famiglia con il padre e il fratello negli Stati Uniti, dove lui non può legalmente raggiungerla.
Non vediamo l’inizio della loro relazioni, già consolidata su due assunti: i due non riescono a starsi lontani, ma i confini rigidi che lei ha assegnato alla relazioni a lui vanno molto stretti. Dreams si apre invece con la rottura di questo equilibrio da parte di Fernando che tenta di ritagliarsi un posto negli Stati Uniti e nell’altra vita della sua lei. Jennifer è follemente innamorata di Fernando, ma in termini non dissimili a quelli del possesso di un oggetto o dell’affezione estrema per un animale domestico.
Non è disposta a fare alcun tipo di concessione: rendere pubblica la relazione, sposarlo, viverci assieme. È persino infastidita dalla possibilità da lui suggerita che lei impari un po’ di spagnolo. Quando lui allora cerca una sua strada, lei lo controlla da vicino, gli fa sentire il fiato sul collo.

Il film mostra la distorsione delle aspettative reciproche in un flashback, una negoziazione sessuale che lei rivive quando perde di vista lui e va a cercarlo nella loro casa - nido d’amore in Messico. Jennifer gli dice in termini piuttosto espliciti cosa gli farà, Fernando prova a indovinare cosa vorrebbe davvero fare con lui e la donna, divertita, risponde che la conosce pochissimo. Nelle reciproche fantasie sessuali entrambi sognano il dominio sull’altro: Fernando la vorrebbe fremente di essere conquistata e invasa da lui, lei vuole somministrare il piacere alle sue condizioni.
Dopo la separazione si consuma la scena più bella di Dreams, un colpo da maestro di Franco che sfrutta l’elemento architettonico di una scala per lanciare i due in un torbido amplesso in cui la lontananza reciproca li rende desiderosi e frementi, pronti a compiacere l’altro. Il sesso, lo si capisce nel finale, è un terreno minato della coppia, dove avvengono concessioni e capitolazioni per non cedere su fronti più sostanziali e definitivi.
Il finale del film è così forte perché rifiuta la retorica del bravo messicano integerrimo che subisce le peggio angherie dai gringos abbassando la testa. Dreams racconta. la stanchezza del Messico, costretto dentro confini geografici e politici non disegnati dai messicani, ma dagli americani. L’intera pellicola è percorsa da una sottile insoddisfazione da parte dei messicani, che nella loro lingua, nei loro termini, sono acutamente consapevoli della dominazione a cui acconsentono.
Franco non perde mai di vista l’altro rapporto tossico, quello tra Stati Uniti e Messico, sproporzionato, violento. C’è per esempio una piccola scena che riassume tutto quello che il film sintetizza dei sogni dai due lati del confine. Jennifer sta discutendo con il padre e il fratello dell’ennesimo progetto di solidarietà alle attività culturali messicane, sottolineando che una buona metà dei fondi impiegati torneranno come sgravi fiscali. Mentre i tre ridono, una donna delle pulizie scivola silenziosa e del tutto ignorata nella stanza, raccoglie la buccia di mandarino che Jennifer ha appena sbucciato e la porta via.
Il vero terreno di scontro di Dreams è la moralità di Fernando e del Messico
La scrittura e la regia di Franco sono sempre, pienamente in controllo, tanto da non dover mai dire troppo per farsi capire benissimo. Per esempio a un certo punto di Dreams si ripete un discorso di presentazione dell’ennesima attività di solidarietà del capostipite di famiglia. È nella seconda ripetizione di questa piccolo discorso “improvvisato” in cui si parla di “un uomo che non riesce a smettere di fare del bene” che emerge tutta l’artificiosità dell’operazione, il torna conto economico e d’immagine. Quello di Jennifer non è diletto di una ricca signora con cene benefiche da organizzare. È un lavoro manageriale volto a puntellare la solidità del prestigio di famiglia e perché no, trarne un tornaconto economico.

Il vero terreno di scontro quindi non è sul personaggio di Jennifer - manipolatorio e controverso come pochi - ma su quello di Fernando. Inizialmente presentato come un’artista e un amante appassionato, viene portato a estreme conseguenze da una serie di scelte di Jennifer. Come in Nuevo Orden, il ribaltamento è raggelante, violentissimo e a tanti non piacerà, perché è molto più facile riconoscere una vittima quando rimane univocamente tale, dall’inizio alla fine. Nel mondo di Franco però il Messico non è mai e solo oppresso. Lo si vede nel modo in cui, al confine, i migranti cacciati dagli Stati Uniti di nazionalità diverse vengano trattati molto peggio dei messicani.
Lo si vede anche in come Fernando, di fatto, non faccia parte per necessità della schiera di quanti sono disposti ad affrontare la morte pur di migliorare la loro vita. È a sua volta un privilegiato, che ha potuto studiare, che ha una famiglia stabile, che è stato plasmato dall’arte e da una vita dignitosa a essere la versione migliore di sé, almeno fino a quando si presenta il conto degli anni in cui Jennifer gli ha imposto limiti e paletti. Fernando, fino alla fine, si dimostra sincero: la sua tragedia sta nel fatto che, nel famoso dialogo in cui s’immaginava quello che lei volesse fare con lui, partiva dal presupposto che loro volessero le stesse cose.
Come in Nuevo Orden, il potere trasforma le persone, così come l’organizzazione sociale, il denaro, il patriarcato.Una volta che conquisti la possibilità di vedere l’oggetto del tuo desiderio come un oggetto, appunto, non è detto che tu decida di concedergli anche la sua umanità. Come in Nuevo Orden, la conquista del potere da parte di chi non ce l’ha non può che essere violenta, temporanea e illusoria. Lo status quo difende sé stesso ed è costruito per resistere a piccoli incidenti di percorso. La scelta finale di Jennifer in Dreams è coerente con tutto il suo tragitto. Può essere letta come una vendetta, ma forse è solo il ristabilire le priorità che si è sempre data: amare Fernando entro i confini di una vita che lei ha plasmato per lui e che non avrebbe dovuto oltrepassare e che si sincera non oltrepassi più.
Durata: 95'
Nazione: Messico
Voto
Redazione

Dreams
Dreams non è costruito per piacere e mettere d’accordo tutti, anzi, alle volte sembra deciso a percorrere la via più controversa di tutte. Franco si conferma regista poliedrico per temi e divisivo per scelta. Certo è più semplice apprezzarlo quando la disparità di potere in una coppia è data dall’aspettativa di vita e dalla salute di lui, come nel toccante e struggente Memory. Lì non ci mette in difficoltà, in Dreams sì.
Ci ricorda però come il cinema di oggi sia sterilizzato di cattive scelte, di madornali errori, di frizioni, controversie e attriti. Non sorprende che Jessica Chastain continui a lavorare con lui: anche qui le viene consegnato un personaggio complesso, più che moralmente ambiguo, di quelli che lei ha dimostrato di amare interpretare e ancora una volta dà il meglio,