Drive-away Dolls, recensione: il B movie di Ethan Coen è un lesbo-viaggio on the road

Orgogliosamente B movie, più allo sbando che in viaggio, il film di Ethan Coen è un tuffo di testa del queer cinema con una commedia sgangherata che ha molto del suo precedente cinema.

Driveaway Dolls recensione il B movie di Ethan Coen è un lesboviaggio on the road

Di Drive-away Dolls si è molto parlato per via della scelta esplorativa e senza precedenti di Universal di distribuire il film solo in lingua originale con sottotitolo italiano. Un modo per arrivare in sala a tempo di record e quasi in contemporanea con il lancio internazionale. Vedendo il film si capisce perché è stato usato come cavia: è un banco di prova abbastanza sicuro, un titolo che per sua stessa natura non guarda al cinema mainstream, al grande pubblico.

I riferimenti principali di Drive-away Dolls infatti stanno nel cinema di seconda fascia dei B movie tanto amati da Tarantino, con ampie concessioni visive e narrative al trash e all’immaginario psichedelico degli anni ‘60. Eppure la pellicola è ambientata un quarto di secolo fa, nel 1999, a Philadelphia. Sulla carta. Nella realtà filmica sembra comunque di stare sospesi nel tempo, un po’ per i riferimenti datati del film, un po’ per i colori brillanti della fotografia della sempre sorprendente Ari Wegner. Se non fosse per certi dettagli, qua e là, i costumi recuperati nei negozi di vintage, la musica d'antan e il contrasto tra ribelli e perfette famiglie americane renderebbe Drive-away Dolls indistinguibile dal cinema degli anni '60 e '70 a cui guarda continuamente. 

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Drive-away Dolls riscrive in chiave queer Un bacio e una pistola

Dopo l’allontanamento creativo dal fratello, Ethan Coen ha scelto la strada della leggerezza, rifacendosi a film che furono considerati eccessivi e scandalosi come Motorpsycho! di Russ Meyer e Bad Girls Go To Hell di Doris Wishman, citati dalla sua nuova pellicola soprattutto per la loro spensieratezza e superficialità. Affiancato dalla moglie Tricia Cooke in fase di scrittura e sul set, Ethan ha sviluppato il suo soggetto originale in un film girato negli anni '20, ma concepito poco dopo l’epoca in cui è ambientato.

Agli inizi del nuovo millennio Tricia si fa ispirare dalla figura di Cynthia Plaster Caster per scrivere una sceneggiatura di un film. Passandosi il computer una scena dopo l’altra, Tricia (che si riconosce come queer) e Ethan (che è sposato con lei dal 1993 e vive un matrimonio aperto e anti-convenzionale) hanno sviluppato un film che parte dallo stesso presupposto di Un bacio e una pistola di Ralph Meeker. Un titolo di riferimento molto caro ad entrambi i Coen, in linea con le atmosfere e le narrazioni del loro cinema. Come in Un bacio e una pistola Drive-away Dolls ha al centro una valigetta dal contenuto misterioso che finisce nelle mani sbagliate.

Jamie e Marian sono due ragazze lesbiche che, per motivi differenti, decidono di partire alla volta di Tallahassee, in Florida. Jamie (Margaret Qualley) è uno spirito libero che vuole lasciare Philadelphia per cambiare aria dopo che la fidanzata Sukie (Beanie Feldstein) ne ha scoperto i tanti tradimenti. Vuole anche aiutare la sempre compassata e abbottonatissima amica Marian (Geraldine Viswanathan) a godersi un po’ la vita.

Drive-away Dolls, recensione: il B movie di Ethan Coen è un lesbo-viaggio on the road

Per questo decide a di accompagnarla fino alla tranquilla cittadina di Tallahassee, in Florida, dove Marian vuole fare birdwatching con la zia. Il piano di Jamie prevede parecchie soste in locali per donne queer dai nomi frizzanti come Cicero's bar, Sugar 'n' Spice e She Shed, dove spera di rimorchiare un po’ di compagnia e far divertire anche Marian. L’amica però non è tipo da bar e sveltine: preferisce rimanere in motel a leggere Gli europei di Henry James.

Per risparmiare sulle spese di viaggio, le due noleggiano un automobile con opzione drive-away: non si paga nulla, ma la destinazione è preordinata. All'autonoleggio Curlie (Bill Camp) affida per sbaglio alle ragazze un auto diretta proprio a Tallahassee che doveva essere ritirata da alcuni criminal, capeggiati dal Boss (Colman Domingo). Comincia così l’avventura on the road di Jamie e Marian, ignare della valigetta e della cappelliera nascoste nel loro bagagliaio e del loro contenuto potenzialmente pericoloso, inseguite a distanza dai criminali che se ne vogliono riappropriare.

Cosa funziona e cosa no in Drive-away Dolls

Il vero titolo di Drive-away Dolls, quello che venne provvisoriamente affibbiato da Tricia Cooke durante la scrittura, viene rivelato nel finale di una pellicola che sembra in tutto e per tutto un film dei Coen intinto nella cultura queer. Riferimenti che rischiano di passare inosservati sopra la testa dello spettatore medio: quanti coglieranno nel nome dell’insopportabile cagnolina Alice un riferimento all'icona gay Alice B. Toklas? Quanti collegheranno il cameo a sorpresa legato al contenuto della valigetta un riferimento all’artista Cynthia Plaster Caster, a cui la pellicola è dedicata, da cui è stata ispirata?

Drive-away Dolls, recensione: il B movie di Ethan Coen è un lesbo-viaggio on the road

Pochi forse, ma il film volutamente parla a un pubblico specifico, capace di cogliere i riferimenti a pellicole di nicchia, di giostrarsi tra i camei comico-demenziali di Matt Damon e Pedro Pascal, di godersi un’immersione in una certa prossemica da film di bassa fascia degli anni ‘60, con tanto di primissimi piani dei volti urlanti delle protagoniste, di effetti sonori sopra le righe, di montaggi e transizioni che hanno un c’è di cartoon dalla spiccata vena comica.

La bizzaria di questo progetto sembra quasi suggellata dalla presenza di Margaret Qualley, attrice capace d’infilarsi in film spiazzanti, mai castigati, tanto che non si capisce quale sia l’ordine tra causa ed effetto. È la sua presenza a spingere i film nei territori dell’esplicito e del non ortodosso o sono i pochi progetti audaci e anticonformisti prodotti in questo periodo ad attirarla come una calamita? Difficile a dirsi. Fa sorridere come Qualley cavalchi con disinvoltura i passaggi più sensuali e quelli più comici di film come questo, che fanno sembrare le scelte della collega di set Emma Stone in Povere creature, da alcuni giudicate assai scandalose, come tutto sommato “sicure”.

Qualley qui è un fiume in piena, inarrestabile, disinibita verbalmente (avvolta da un marcato accento texano) e fisicamente. Le fa abbastanza bene da contraltare Geraldine Viswanathan, chiamata a rimanere rigida e “chiusa come un’ostrica” per la gran parte del film. Beanie Feldstein è forse l’interprete che ne esce meglio, nel suo ruolo di poliziotta lesbica tappetta, arrabbiatissima, incontenibile e perfetta come caratterista coeniana. L'attrice di Booksmart sembra nata per muoversi nei film e nella comicità del cinema dei Coen.

Del cinema dei Coen Drive-away Dolls difetta di un po’ coesione, dell’incisività di voler fare qualcosa di più che semplicemente divertirsi ed eventualmente far divertire chi ha i riferimenti giusti per cogliere quello che questo film tenta di fare. Si potrebbe dire, un po' prosaicamente, che Coen alla fine cazzeggia, si diverte, porta a casa il risultato, quasi fosse un film fatto per suo divertimento, suo e della moglie, poco interessato alla reazione del pubblico.

Drive-away Dolls, recensione: il B movie di Ethan Coen è un lesbo-viaggio on the road

Una cosa l'abbiamo capita. Joel senza Ethan è fin troppo serioso e ambizioso, Ethan senza Joel al contrario si lascia andare a una gioiosa irriverenza che rende il suo film “solista” molto sghagherato e un po’ sghembo, alle volte genuinamente divertente, altre volte sin troppo sincopato nel suo ritmo. Anche in questo senso Qualley è una presenza premonitrice, data la sua capacità d’infilarsi in progetti interessanti e disinibiti di grandi registi (Tarantino, Lanthimos, Black) ma, quando è lei a conquistare la ribalta (Clare Denis, Ethan Coen), ne escono sempre pellicole promettenti ma goffe. Così come in Stars at Noon, anche qui il film disorienta con i suoi continui alti e bassi. In sala si ride, certo, ma si esce indecisi se ci si sia davvero divertiti o se abbia prevalso un po' di confusione, un po' di distacco da un film non sempre coinvolgente.

Drive-Away Dolls

Rating: TBA

Nazione: Stati Uniti

6.5

Voto

Redazione

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Drive-Away Dolls

Spiace dirlo perché è l’esito più prevedibile di tutti, ma il progetto solista di Ethan Coen, nel suo gioioso non prendersi sul serio e raccontare con irriverenza una commedia on the road con un taglio da B-movie, evidenzia perché il cinema dei fratelli Coen funziona(sse) tanto bene. Perché la seriosità e l’ambizione di uno controbilancia perfettamente l’ironia e la leggerezza dell’altro. Drive-away Dolls, scritto per relax. pre-prodotto in pandemia, girato a Pittsburgh in 35 giorni, non è un progetto che cerca chissà quali risultati, però talvolta fatica a mantenere contatto con il pubblico, a renderlo partecipe dei suoi riferimenti, delle sue scelte.

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