Ex_Machina

di Francesca Perozziello
Come abbiamo anticipato qualche tempo fa nello speciale dedicato agli androidi, il cinema non smette mai di interessarsi al rapporto fra esseri umani e robot. Lo testimoniano anche recenti uscite come Humandroid, Automata ed Ex Machina, che esce in questi giorni nei cinema italiani.
Alex Garland, al suo debutto alla regia, é noto per essere lo sceneggiatore di The Beach, con Leonardo DiCaprio, diretto da Danny Boyle. Con Ex Machina lo ritroviamo nella doppia veste di sceneggiatore e regista, in un film che analizza ancora una volta, da un'altra prospettiva, il complesso tema dell'intelligenza artificiale.

Caleb (Domhnall Gleeson), giovane programmatore, riceve una notizia inaspettata. L'amministratore delegato della sua azienda, nonché inventore di Bluebook, il motore di ricerca più famoso al mondo, lo ha invitato a trascorrere una settimana in una remota villa in mezzo alle montagne.
Una volta arrivato nell'immensa proprietà di Nathan (Oscar Isaac), Caleb scopre il motivo della sua convocazione. Nella casa-bunker di Nathan vive Ava, un'androide dalle sembianze femminili dotata di un'intelligenza artificiale stupefacente.



Compito di Caleb sarà quello di compiere il cosiddetto Test di Turing, che consiste nel verificare se una macchina sia in grado o meno di pensare.
Ava (Alicia Vikander), lo colpisce fin da subito per le incredibili capacità intellettive e mnemoniche. E' in grado di elaborare pensieri molto complessi e sembra persino capace di provare sentimenti proprio come quelli degli esseri umani.
Ma se Caleb é affascinato da Ava e dal suo mistero, il rapporto con Nathan si fa ogni giorno più complesso e difficile…

Ex Machina parte da un tema già ampiamente portato sul grande schermo, del quale cerca di offrire una nuova sfumatura con la presenza dei motori di ricerca.
Bluebook, infatti, più che un semplice pretesto narrativo, é un elemento fondamentale nello sviluppo della trama. La ricchezza di dati e informazioni personali che circolano su internet ci rende, inutile dirlo, vulnerabili e maggiormente esposti a truffe di ogni genere.



Proprio da questa consapevolezza sembra partire Nathan, programmatore miliardario capace di usare i dati a sua disposizione come meglio crede.
Il film tocca alcuni punti piuttosto interessanti, primo fra tutti il confine fra realtà e finzione, fra verità e menzogna. La sceneggiatura costruisce un delicato equilibrio fra ciò che viene visto e ciò che viene nascosto, fra quello che é detto e non detto. Un ruolo quanto mai importante é giocato dalle telecamere di sorveglianza, che per tutto il film decidono cosa mostrare e cosa no, ponendo di volta in volta lo spettatore in una diversa situazione. Ciò che pensiamo di sapere e di ignorare in merito alle vicende é controllato dalle telecamere.

Nello spazio claustrofobico di questa casa senza finestre isolata dal mondo, tutto si gioca nell'interazione fra i suoi quattro abitanti. Nathan, il padrone di casa, con il suo delirio di onnipotenza; Caleb, l'ignaro programmatore; Ava, la robot da esaminare; Kyoko (Sonoya Mizuno), silenziosa cameriera. Quattro diverse identità che, in uno spazio e in un tempo ristretto, si trovano a interagire e a collidere.



A favore del film diretto da Alex Garland c'é sicuramente la gestione di personaggi e avvenimenti, una gestione che punta all'essenziale e che evita inutili sottotrame.
La recitazione di Alicia Vikander, che per questo ruolo ha ricevuto la nomination come miglior attrice agli Empire Awards, colpisce per la capacità di non lasciare trasparire emozioni, come se il suo volto fosse un'inquietante maschera fissa.
Il film dà il meglio di sé in alcune scene volutamente deliranti, dove si assiste alla progressiva perdita di certezze da parte dello spettatore e del protagonista.

Ciò che però non consente alla pellicola di brillare come avrebbe potuto é la mancanza di originalità in alcune scelte di fondo. La decisione di chiamare il robot Ava, cioé Eva pronunciato in inglese, riconduce il film al solito rapporto fra lo scienziato megalomane e l'androide-donna, capace di affascinare e confondere con la sua sensualità. Il richiamo alla Bibbia risulta non solo inutile ma anche forzato, perché stabilisce una divisione dei ruoli stereotipata.
Sarebbe stato più interessante provare, una volta tanto, a invertire i compiti. Mettere sullo schermo una scienziata che inventa un androide dalle sembianze maschili avrebbe forse evitato l'ennesima versione della donna-tentatrice nata dalla costola dell'uomo.