Father Stu: recensione e messaggio del film Netflix con Mark Wahlberg e Mel Gibson
Due interpreti straordinari ci raccontano una drammatica storia vera, senza perdere mai il senso dell'umorismo.
Ho sempre pensato, ancora prima di studiare Cinema, che guardare un film senza conoscerne la trama fosse il modo migliore per viverlo al meglio. Se non sai cosa aspettarti, ogni svolta narrativa è un’emozione vissuta con sincera emozione. Nel bene e nel male. Le tue reazioni non derivano da aspettative: sono spontanee.
E in questo film, di svolte narrative inaspettate - vi racconterò solo la parte essenziale della trama - e di reazioni spontanee ce ne sono tante. Ci sono risate e lacrime. Ci sono Mark Wahlberg e Mel Gibson in due delle interpretazioni che ricorderemo per sempre fra le molte delle loro ricche carriere. C’è Cody Fern nel ruolo più distante da quelli che ce l’hanno fatto conoscere in American Horror Story e American Crime Story.
E c’è una storia vera che arriva alla fine, con le parole e le immagini del vero protagonista, a spezzarci il cuore ma al tempo stesso a darci anche speranza. Dipende solo da voi: da chi siete, da com’è la vostra vita, dalle vostre esperienze. Da come vivere questa storia intimamente.
Father Stu è un film che Mark Wahlberg ha voluto produrre e interpretare, accettando una sfida non semplice, per rendere onore alla vita di un uomo che ha visto cambiare la sua in un modo inaspettato. Per ben due volte.
La trama di Father Stu, la storia vera con Mark Wahlberg e Mel Gibson
Stuart Long (Mark Wahlberg) fa il pugile. Ha un pessimo rapporto con il padre Bill (Mel Gibson) ma la madre Kathleen (Jacki Weaver) gli sta sempre molto vicino. Quando il medico gli dice che deve smettere di combattere per non rischiare la vita, la madre lo sprona a cambiare vita. Stu si trova un lavoro sognando di diventare un attore. Mentre serve i clienti dietro al banco di un supermercato vede la ragazza dei suoi sogni e la segue, fino in chiesa, dove troverà un'inaspettata forma di amore.
Father Stu: un’incredibile storia vera sul conforto
Nei film e nelle serie americane succede spesso, soprattutto nel genere carcerario: qualche criminale redento dice di “aver trovato Dio” e trova conforto nella fede, per diventare una persona diversa e salvare quel che resta della propria esistenza.
Io ho visto una persona cara trovare conforto nella fede nel momento più difficile che un essere umano debba affrontare e confesso di averla invidiata un po’. Ho sempre creduto nella scienza, più che nella fede, ma ho anche sempre pensato che se la fede offre conforto debba essere rispettata profondamente. Da tutti.
Father Stu ci parla di questo: del conforto che un uomo trova, dopo una vita a dir poco irrequieta, nella fede.
È la storia di un pugile che si rende conto, come molti altri pugili, di dover smettere di combattere per non sottoporre il proprio corpo al colpo che potrebbe essergli fatale. Ma questo pugile, Stuart Long (Mark Wahlberg), è un pugile un po’ particolare. Riesce a infilare tre imprecazioni in due parole, ha un problema con l’alcol, ha un rapporto che definire disfunzionale con il padre Bill (uno straordinario Mel Gibson) sarebbe un eufemismo.
La storia della famiglia Long - con la madre Kathleen (Jacki Weaver) e due uomini che non si capiscono probabilmente perché si somigliano più di quanto riescano a vedere - è una storia difficile.
Una storia di perdite, di dolore che non trova pace, di un uomo che si rifugia nell’alcol come in seguito farà suo figlio e di una donna che mantiene una dignità giusto perché qualcuno deve pur farlo.
Una dignità che Stu, dal canto suo, non comprende bene. Insegue una donna fino quasi a esasperarla perché ha deciso che è la donna della sua vita. Per lei cambia, abbraccia la fede - inizialmente solo per finta - si fa addirittura battezzare. E poi scopre che la fede è più importante di tutto, forse perfino di quella donna.
Father Stu è l’incredibile storia vera di un ex pugile con precedenti penali e il vizio di bere e scatenare risse che trova conforto nella fede giusto un attimo prima che la sua vita abbia un estremo bisogno di conforto.
Stuart Long vuole entrare in seminario e diventare un sacerdote, ma la Chiesa stessa - visto il suo curriculum - lo rifiuta. Stuart Long, però, non sa cosa siano i rifiuti. È capace di esasperare chiunque per farsi dire di sì e ci riesce perfino con la Chiesta cattolica. Per ben due volte.
Ridi, che non passa ma diventa più leggera
Questa storia eccezionale, che vi stupirà un passaggio dopo l’altro, sembra una beffa. Un ex pugile problematico si redime e, proprio nel momento in cui trova uno scopo, riceve (metaforicamente) quel colpo fatale che aveva evitato sul ring.
Come suo padre, che ha ricevuto un colpo da k.o. tanto tempo prima, affronta tutto con determinazione e con un bel po’ di sarcasmo, che certamente non risolve i problemi ma almeno li rende più leggeri. A parole, se non altro.
Oltre alle interpretazioni toccanti, al messaggio di speranza - puoi risalire sempre, anche quando tocchi il fondo - e al coraggio che trasmette, questo film ha un grande pregio. Mostra come il senso dell’umorismo, per quanto dark o per quanto teso quasi esclusivamente al sarcasmo, sia uno strumento prezioso anche di comunicazione.
Bill e Stu, padre e figlio, sembrano non avere nulla in comune. Ma Bill, quando serve, c’è. Sempre. Perfino quando non te lo aspetti. E l’unico modo che ha per comunicare davvero con suo figlio è il sarcasmo. I loro dialoghi sono divertenti e drammatici al tempo stesso, e ottengono un effetto quasi miracoloso per un film: ti restano impressi.
Ricordiamo le parole di due personaggi che vediamo soffrire, cambiare, sperare e poi soffrire di nuovo, senza però mai lasciarsi andare tanto da sottrarsi alle proprie responsabilità. Nei confronti l’uno dell’altro e nei confronti di una donna, Kathleen, che fa da collante alla famiglia più sgangherata vista in TV - Father Stu è su Netflix - dopo i Gallagher.
Come ogni storia vera che meriti di essere raccontata, Father Stu insegna tante cose. Spalanca una finestra su “due fiori che sbocciano tardi” dandoci conforto. Perché, come si dice, è sempre meglio tardi che mai…
E se c’è una cosa che la vita ti insegna è proprio questa. Quando pensi di non avere più tempo, se tieni davvero a qualcosa o a qualcuno, il tempo lo trovi. Per mettere a posto le cose. Per fare ciò che senti di dover fare. Per condividere la tua esperienza dando conforto agli altri mentre tu stesso ne hai tanto bisogno.
Non possiamo sceglierci la famiglia. Non possiamo sceglierci la salute. Ma abbiamo sempre tante opzioni di fronte a sfide sempre più difficili. E Father Stu ce ne mostra alcune. Chissà che possiamo trarne, in qualche modo, conforto.
Rating: Tutti
Durata: 124'
Nazione: USA
Voto
Redazione
Father Stu
Father Stu è l’incredibile storia vera di un un ex pugile con precedenti penali che trova la fede. Prima per finta, e poi - un istante prima di averne un estremo bisogno - per davvero.
Mark Wahlberg e Mel Gibson, nei panni del protagonista Stuart Long e di suo padre Bill, ci regalano due interpretazioni memorabili e degli scambi in dialoghi che difficilmente riuscirete a dimenticare. Hanno il loro modo - disfunzionale - di rapportarsi ma imparano a capirsi e sono molto più simili di quanto pensino. Proprio come accade nella realtà, fra i padri e i figli che sembrano non trovare un linguaggio comune.
Father Stu è una storia che parla dell’unica cosa di cui tutti, prima o poi, abbiamo davvero bisogno: il conforto. Qualcuno lo trova nell’alcol, altri nella fede. Altri in entrambe le cose, esattamente in quest’ordine. Per insegnarci che il coraggio e la determinazione sono tutto ciò che ci serve davvero per affrontare ogni sfida che la vita ci mette davanti. Come se fosse un nuovo avversario sul ring, pronta a darcele di santa ragione. Magari le prenderemo, magari finiremo anche k.o. Ma se sapremo perché siamo lì, e troveremo uno scopo anche all’andare al tappeto - magari condividere la nostra esperienza aiutando altre persone - allora su quel ring troveremo conforto e dignità. Perfino quando saremo in ginocchio, o finiremo stesi per terra.
Le parole del vero Stuart Long e le sue immagini, alla fine del film, sono il punto d’arrivo di una storia di dolore che ci dimostra come trovare la speranza sia possibile. Anche nelle situazioni più disperate. Basta cercare ciò che conta davvero per noi.