Fly Me to the Moon - La conquista della Luna è una commedia
Co-prodotto da Scarlett Johansson, qui al fianco del sempre bravo Channing Tatum e di uno strepitoso Woody Harrelson
Stati Uniti, anni '60. Mentre l'U.R.S.S. miete successi con le missioni spaziali e sembra essere più vicina a raggiungere per prima la Luna, gli Stati Uniti arrancano tra molteplici difficoltà nello sviluppare il medesimo progetto. Quel che è peggio il popolo americano è sempre più disinteressato a quanto sta accadendo, disinnamorato della contesa tra le due nazioni in piena Guerra Fredda. Kelly Jones è una giovane donna genio del marketing con qualche scheletro di troppo nell'armadio, che suscita l'interesse dei servizi segreti statunitensi.
Avvicinata dal misterioso Moe Berkus, è costretta a entrare nel programma per ravvivare l'interesse dell'uomo della strada ma anche dei politici, restii a sottoscrivere ulteriori fondi miliardari. Diventerà ben presto la nemesi di Cole Davis, eroico ex pilota di caccia e direttore del lancio NASA sofferente per la tragedia dell'Apollo 1, su cui grava il compito di tenere a galla la missione. Mentre Cole la vede unicamente come ostacolo, Kelly è impegnata a “vendere la Luna”. Con l'avvicinarsi del giorno del lancio i timori di un cocente insuccesso spingono qualcuno nell'ombra a favorire un “Piano B”, coinvolgendo Kelly all'insaputa di Cole.
Nessun complotto, c'è solo da ridere
Siamo realmente stati sulla Luna? Si, no, forse, che importa. Questo non è un altro Capricorn One, suggestivo e affascinante film di fantapolitica del compianto Peter Hyams che nel 1977 ipotizzava un diverso scenario rispetto alla conquista del satellite naturale. Anche in Fly Me to the Moon siamo dalle parti del romanzo ma niente drammi, questa è (solamente) una bella e simpatica commedia. Acquistata all'asta per 100 milioni di dollari da Apple Original Films l'opera, inizialmente prevista solo per lo streaming, non è stata concepita per appoggiare le ipotesi dei cosiddetti complottisti e degli scettici che dubitano che la Luna sia mai stata raggiunta.
Diretto con buona mano dal produttore Greg Berlanti qui al suo quinto lavoro da regista, si racconta della missione Apollo 11 attraverso una narrazione leggera. Strepitoso il lavoro del Cinematographer Dariusz Wolski (Napoleon, The Martian tra i tanti) e del Production Designer Shane Valentino (Animali notturni) nel ricreare atmosfera e colori anni '60. Facile entrare rapidamente in empatia con i personaggi principali interpretati da Channing Tatum e Scarlett Johansson, quest'ultima anche co-produttrice per un film ancor più cucito su misura.
Screwball comedy che vive letteralmente sul frizzante rapporto tra Cole e Kelly, amici-nemici decisi a perseguire a ogni costo il proprio obbiettivo anche se da diversa angolazione, entrambi sulla strada del riscatto personale. L'astuzia, la fervida immaginazione e uno stiloso tocco femminile in costante contrasto con il pragmatismo di un mancato astronauta che sente su di sé il peso del mondo. Il “terzo incomodo” è rappresentato dall'enigmatico Moe, che prende vita grazie a uno strepitoso Woody Harrelson, lato oscuro del governo statunitense per cui l'insuccesso non è opzione percorribile.
La verità e la bugia
La sceneggiatura degli esordienti Keenan Flynn, Rose Gilroy e Bill Kirstein include l'ipotesi “Piano B”, in cui bisognava essere pronti a inscenare l'allunaggio nel caso in cui qualcosa fosse andato storto. Tutto però è riletto attraverso una riuscita atmosfera ironica: svettano lo stizzoso regista di pubblicità incaricato di rendere reale l'allunaggio e il contorno di sfiga servito dall'imprevedibile gatto nero, pronto ad annichilire qualsiasi rituale scaramantico. La rilettura storica è ampiamente romanzata e adattata al tono brillante della narrazione, specchio della società americana dell'epoca, sbeffeggia qualsiasi complotto più o meno fondato mentre sventola la bandiera della resilienza e perseveranza Made in USA.
Omaggiando i detrattori (più stupidi) con l'affermazione “dovevamo chiamare Kubrick” in risposta alle scenate da primadonna del regista, lo script non manca di suscitare qualche buona riflessione. È sempre Kelly che parlando a Cole sottolinea che "la verità è sempre la verità anche se nessuno ci crede, una bugia è sempre una bugia, anche se tutti ci credono". Perché sulla Luna ci siamo stati realmente: si, no, forse, che importa.