Fra ambientalismo e assurdità, Under Paris si prende troppo sul serio

Il trionfo dell'assurdità in un film che s'illude di essere serio

Era molto atteso, soprattutto da chi si aspettava un bel filmone trash sugli squali. Invece, Under Paris - dal 5 giugno su Netflix - ha il coraggio di prendersi sul serio. Dura troppo. E non ha senso sebbene siano stati ben 4 sceneggiatori a lavorarci.

Lasciandoci in angosciosa, e non certo trepidante, attesa di un sequel. Un’occasione e un bel budget sprecati.

La trama di Under Paris

Fra ambientalismo e assurdità, Under Paris si prende troppo sul serio

Parigi, 2024. Per la prima volta nella storia, Parigi organizza sulla Senna i mondiali di Triathlon. La scienziata Sophia (Bérénice Bejo), reduce da un trauma personale durante uno studio sugli squali, scopre grazie a una giovane attivista francese, Mika (Léa Léviant), che uno degli squali della sua ricerca è arrivato nella Senna, adattandosi all’acqua dolce. Nonostante Sophia e la polizia avvisino il sindaco del pericolo, le autorità scelgono di ignorare la presenza dello squalo e procedere con la manifestazione sportiva, mentre Sophia fa di tutto per evitare una strage…

Fra ambientalismo e assurdità, un film che si prende troppo sul serio

Fra ambientalismo e assurdità, Under Paris si prende troppo sul serio

Non so voi, ma io già sapevo - grazie a un documentario - che non è infrequente che chi tenta di ripulire la Senna dai rifiuti incappi in qualche bomba. A quel punto si chiamano la polizia e gli artificieri, che provvedono come da routine a mettere in sicurezza l’ordigno inesploso.

Quindi mi sono trovata subito a mio agio con la credibilità del contesto. Per un attimo. Solo per un attimo.

E sì, è vero: nella Senna l’anno scorso c’era un’orca, e prima ancora un Beluga. Perciò, con la premessa iniziale del film - più impressionante per la quantità di plastica che siamo riusciti a riversare nei mari che per la mutazione riportata dallo squalo - possiamo credere che ci sia anche uno squalo nella Senna. Con meno incredulità del previsto.

Molto verosimile anche l’incoscienza degli attivisti e la stupidità dei ricercatori di chiamare Lilith uno squalo. Lilith. Nome noto a tutti i fan del genere horror per la sua provenienza da un demone della cultura mesopotamica associato alla tempesta e ritenuto portatore di disgrazia, malattia e morte.

Tutto torna, insomma. Crediamo sia all’ingenuità che alla stupidità e all’incoscienza che sovente intervengono nel momento di prendere decisioni rilevanti. Sappiamo bene come gira il mondo contemporaneo. E speriamo di essere pronti a un buon intrattenimento. Grave errore.

Perché tutto il resto fila via esattamente in una imbarazzante scopiazzatura da tanti altri shark-movie, a cominciare da Lo squalo. Il primo, quello del 1975. Il film per cui venne coniato il termine blockbuster: campione di incassi. Politica ed economia non si curano dei rischi per l’incolumità pubblica. Gli esperti di turno avvisano le autorità e le autorità si guardano bene dal disdire gli eventi in programma.

Fra ambientalismo e assurdità, Under Paris si prende troppo sul serio

Niente di nuovo. E come spesso accade in film dello stesso genere, vien proprio voglia di tifare per lo squalo.

Ci sono due strade per i film sugli squali in situazioni anomale: la via del nonsense, che può benissimo funzionare arrivando a far diventare di culto un film senza alcun fondamento scientifico, e la via della disperata ricerca di verosimiglianza, che rappresenta il fallimento di Under Paris.

Sulle conclusioni "scientifiche", chiamiamole così, non facciamo spoiler e non commentiamo la ridicolaggine di certe affermazioni. Sappiate solo che da un inizio con parvenza di credibilità, siamo arrivati al fantascientifico. Roba da far sembrare più realistico Sharknado, che almeno era divertente e si guardava bene dal prendersi sul serio.

A questo punto della trama, il goffo tentativo di approfondimento psicologico e relazionale fallisce miseramente. Sarebbe stato meglio continuare, paradossalmente, sul filo dell’assurdità restando su quella linea. La volontà di tornare alla verosimiglianza delle primissime sequenze manda tutto all’aria.

E Under Paris cancella in un attimo l’iniziale tensione, per tuffarsi - letteralmente - in un fiume di sequenze insensate fino a una conclusione che oserei definire offensiva.

Insomma: se avete voglia di squali, riguardatevi tutti gli altri film. Anche i trash e i b-movie che sono diventati un cult proprio per l'atmosfera in cui le assurdità ci vengono presentate (vedi appunto Sharknado). Invitandoci al divertimento e alla condivisione. Cosa che certamente non succederà con questo film. 

Under Paris

Rating: TBA

Durata: 103'

Nazione: Francia

4

Voto

Redazione

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Under Paris

La teoria del darwinismo applicata al cambiamento climatico in un horror (o pseudo tale), ancora mi mancava. Ma Under Paris, disponibile da oggi, 5 giugno, su Netflix, ha colmato anche questa lacuna.

Con una storia potenzialmente interessante trasformata in un’assurdità da far invidia alla saga di Sharknado. Che però, almeno, era divertente.

L’insormontabile problema dell’ultimo di una lunghissima lista di film sugli squali è infatti il prendersi troppo sul serio. Il budget è alto, e si vede: la qualità delle riprese e degli effetti è molto curata. Ma non basta certo a cancellare quell’impressione di straniamento creata dal contrasto fra un inizio vagamente verosimile - ed efficace per l’impatto visito di un oceano invaso dai nostri rifiuti di plastica - e una serie di assurdità pseudoscientifiche che non stanno né in cielo né in terra. Figuriamoci in acqua.

Una serietà simile, anche nelle interpretazioni, è incompatibile con una situazione da fantascienza.

Peccato: avremmo potuto divertirci come in un classico film di genere, ci tocca spiegare - senza poter contestualizzare parole come “reazione a catena” e “nido” per evitare spoiler - perché Under Paris sia un assemblaggio di assurdità. Era più credibile - e molto più godibile, non prendendosi sul serio - Shark 3D (sì, quello degli squali nel supermercato. Almeno era divertente).

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