Furiosa: A Mad Max Saga è il degno successore di Fury Road: la recensione del film
George Miller è riuscito nell’incredibile impresa di dare un passato al personaggio più iconico di Fury Road senza snaturarlo: Furiosa è grandissimo cinema, fatto di epica, colori, miti e cattivi padri.
Furiosa è un film in cui la trama, a un certo punto, viene sommersa e annientata dal rombo dei motori, mentre la storia corre a folle velocità in un turbinio di movimento, immagini, colori. Anche in Fury Road a un certo punto la narrazione si arrendeva al movimento: avanti e indietro, la fuga e il ritorno, la spola tra punto a e punto b.
In Furiosa succede lo stesso: dopo un prologo sulla giovanissima eroina del film, è un continuo andare avanti e indietro tra i tre vertici di un triangolo fatto di desolazione e guerra. Non è una descrizione particolarmente allettante, invece Miller in questo movimento perpetuo si trova nel suo elemento primordiale e primigenio. È l’epica dell’Iliade, in cui i cavalli e le bighe sono state sostituite da motociclette e camion fortificati. Questa è vero fino a un certo punto, dato che il personaggio di Chris Hemsworth si muove su una biga trainata da tre motociclette.
Se adorate le boutade action del cinema di Miller, preparatevi a uno sfrontatissimo prequel di Fury Road, in cui i guerrieri volano, i camion trovano sempre nuovi modi per uccidere, la storia è tatuata sulla pelle dei suoi cantori e le spine dorsali diventano catene. Visionario è un aggettivo che si può ben spendere per il 79enne regista australiano, di cui stupisce soprattutto immaginazione.
Furiosa è inferiore a Fury Road, ma di poco
Furiosa non è tanto il racconto di come la protagonista di Fury Road finisca lontano da quella casa che tenta di raggiungere per tutto quel film uscito nove anni fa. Del prima di Furiosa, in realtà, sappiamo ancora pochissimo. Nei 20 minuti di prologo in cui la seguiamo, bambina, mentre perde il suo Eden, solo la prima scena ci racconta il suo prima. Intuiamo qualcosa di come è stata allevata e cresciuta, da chi. Da subito appare chiara la sua eccezionalità. Furiosa però è la storia di come diventi la donna ardita abbastanza da sfidare Immortan Joe. Un racconto di come la violenza e la desolazione le scavino dentro e intorno, senza mai piegarla o vincerla completamente. Il mistero di Furiosa, la sua identità prima della violenza, della lotta e dei motori, rimane un mistero.
Non era facile trovare un passato per Furiosa, un personaggio che come molti eroi silenziosi e letali vive anche del suo mistero, della sua inconoscibilità. Miller riesca a raccontarci la sua genesi senza che risulti quasi mai forzata,costellata di simboli ma difficile da navigare, come un cielo stellato tatuato sulla pelle. Non dimentichiamo che Furiosa è senza un braccio, ha i capelli rasati, la fronte imbrattata di grasso nero, un’estrema capacità di superare le emergenze guidando veicoli pazzeschi. Sappiamo che il film ci racconterà come è diventata così, ma ogni spiegazione rimane un avvenimento organico alla storia, non diventa mai rivelazione strombazzata. Scoprire come è successo cosa ha lo stesso peso di parti della narrazione di cui non sospettiamo l’esistenza.
Come per esempio il personaggio di Dementus, che regala a Christ Hemsworth un ruolo che combina insieme teatralità, complessità morale, arguzia e possessività. È l’Ulisse di questa storia, come Ulisse è un’ingannatore dall’enorme fascino, in una narrazione piena di cattivi maestri e pessimi padri surrogati. C’è Immortan Joe sullo sfondo, temibile e già terribile, c’è Dementus, ma c’è anche Pretorian Jack (Tom Burke), che conquista la fiducia di Furiosa riconoscendo il suo valore, guardandole le spalle, credendo nel suo sogno.
Dall’Iliade a Kurosawa
Miller dice che non avrebbe fatto un altro Mad Max se non avesse avuto un’idea differente, distanziandolo tonalmente e stilisticamente dai predecessori. Mi permetto di dissentire: Furiosa è una costola di Fury Road, un sentiero che si dirama dalla strafa furiosa principale, ma ne è figlia. Un albero che germoglia dal corpo di ciò che è stato, dalla sua carne viva È il primo Mad Max a non porsi come di rottura rispetto a quanto venuto prima, lavora talmente tanto di concerto con Fury Road che sono quasi inscindibili.
Per questo motivo è inferiore, ma di poco, a Fury Road. Non è una scossa tellurica che rivoluziona il paesaggio, ma nei suoi momenti migliori amplia il panorama in nuove direzioni, che impreziosiscono quanto abbiamo già visto. È il passato che merita un personaggio iconico, popolare ed epocale come Furiosa, messo nelle mani di un’attrice - Anya Taylor-Joy - che riesce a essere all’altezza del compito di tener testa al ruolo migliore di Charlize Theron e a metterci del suo.
L’aspetto più emozionante di Furiosa è la sua cinematograficità. La storia pian piano di dirada fino a lasciare solo le immagini, il movimento, i colori. Ogni elemento è caricato di una forte valenza simbolica, che spazia dalla Bibbia (c’è un Eden seguito da una crocifissione) all’epica greca (Troia, gli inganni di Ulisse, Tiresia), passando per il cinema di vendetta, per Kurosawa, per Miller stesso. C’è un uso essenziale e primario dei colori, dei bianchi che si fanno rossi e poi neri addosso ai personaggi e ne raccontano l’evoluzione, la degradazione.