Ghost in the Shell

Potremmo già trovarci davanti al titolo più controverso di questo 2017, cinematograficamente parlando. Dopo tante parole spese osservando trailer ed immagini, arriva finalmente nelle sale l’adattamento live action del manga scritto da Masamune Shirow. Un’opera sicuramente controversa, che farà discutere soprattutto i grandi fan, ma che dimostra di avere una sua precisa e palpabile identità. Scopriamo quale.

Un guscio a tratti insensibile

Sappiamo che queste parole, per molti, saranno davvero difficili e dure da digerire, soprattuto per il nome che la copertina di questo lungometraggio riporta stampato, a caratteri cubitali: ma a noi Ghost in the Shell è piaciuto.

Si tratta di un prodotto che dimostra di avere una sua precisa identità, che sceglie di percorrere una strada rigorosa senza paura o timore, abbracciando alcuni propositi e assottigliandone, volutamente, altri.

Siamo certi che i fan del manga (ma anche della serie e film d’animazione) non apprezzeranno la scelta di mischiare diversi elementi presi qua e la, così come non approveranno la scelta di concentrare, molto forse troppo, tutti quei discorsi su base psicologica che hanno reso famosi e importanti concetti come guscio e fantasma.

Qui viene tutto giocato in maniera più leggera, con pochi dialoghi, in cui l’evoluzione del maggiore e la sua ossessione di capire chi è e chi si trova, realmente, all’interno di quel guscio, è la parte predominante dell’impianto narrativo della pellicola. Non mancano certamente rimandi, personaggi, e scene che riportano alla memoria passaggi ben conosciuti dai fan, ma all’atto praticato Sanders si appoggia solamente a quella struttura per proporre qualcosa di coraggiosamente più suo.

Ghost in the Shell è un viaggio di suoni e immagini, una ragnatela visiva che ingloba lo spettatore in una perfezione quasi scientifica di quello che viene inquadrato sullo schermo. Uno di quei prodotti che esalta il concetto stesso di fantascienza, con tecnologie e studio degli effetti speciali a servizio di una regia che punta sull’essenziale per gli occhi. Ci sono rimandi anche sotto l’aspetto visivo e concettuale, certo. Impossibile non pensare a Blade Runner, Matrix ma anche al più recente Westworld. Ma quello che ne è esce è un prodotto di genere interessante e soprattuto godibile dall’inizio alla fine da chiunque, anche chi è a digiuno di Ghost in the Shell. Ed è qui che i fan rimarranno scottati e delusi, con personaggi mostrati in ottiche e dimensioni differenti, e passaggi azzardati e inventati dal regista e sceneggiatore.

Ma raccontare una storia così complessa come quella di Ghost in the Shell in uno solo film sarebbe stato un compito estremamente difficile, ed è proprio qui che Sanders per noi ha compiuto un lavoro che ci sentiamo di appoggiare, sfornando una storia godibile dall’inizio alla fine. Insomma, Ghost in the Shell è un prodotto che scontenterà quasi tutti i fan, soprattutto i più fondamentalisti, che si troveranno davanti agli occhi argomenti e dialoghi che hanno amato, trattati in modo diverso e superficiale.

Buono da parte nostra anche il lavoro del cast, ed in particolare il controverso personaggio del maggiore interpretato dalla brava Scarlett Johansson. L’attrice si è dimostrata concentratissima regalando movenze e parole (abbiamo avuto la fortuna di poterlo guardare in lingua originale) assolutamente credibili e che riesco a far trasparire l’ossessione e la fragilità di un personaggi che ha un guscio in grado di fargli compiere cose impossibili, ma un cervello e un’anima che la fanno vacillare in più d una occasione.

Insomma, senza girarci troppo attorno siamo assolutamente certi che Ghost in the Shell non è probabilmente il film che i fan si sarebbero aspettati di vedere; allo stesso tempo abbiamo però voluto premiare il lavoro preciso, pulito e per quanto contestabile, efficace fatto sulla storia che ci proprone un film di fantascienza assolutamente godibile. Un film che piacerà più agli amanti d sci-fi che ai fan del manga di Shirow.