Giurato numero 2, recensione: hai capito quant’è in forma il vecchio Clint Eastwood?
C’è chi lo dava per morto artisticamente, tra cui il suo distributore statunitense che ha tentato di mandare Giurato numero 2 direttamente in streaming. Invece la critica e il pubblico sono entusiasti di un film che in effetti funziona benissimo.
Clint Eastwood è anziano, è burbero, è ostinato, ma sa come dirigere un buon film. È un assunto che non bisogna mai dimenticare quando si parla di Grandi Vecchi del cinema, statunitense e non. Per quanto di recente abbiano inforcato film irrisolti e deludenti, per quanto possano apparire bolliti e privi di cose interessanti da dire, non sai mai quando tireranno fuori un film che invece è riuscitissimo.
Questo assunto sembra esserselo dimenticato il distributore statunitense di Giurato numero 2, che ha buttato lì la pellicola in un pugno di sale americane e non ha saputo, voluto o potuto aumentarne la distribuzione a fonte di un responso di critica di pubblico più che entusiasta. Perché sì, il caro e vecchio Clint ha tirato fuori un titolo che aggiunge un tassello pregevole a un genere senza tempo, amatissimo dal pubblico e di cui non ne abbiamo mai abbastanza: il courtroom legal drama, il film drammatico a tema giudiziario ambientato tra le quattro pareti di un’aula di tribunale.
Pazienza se l’aspetto e la fotografia di Giurato numero 2 siano quelli di una regia televisiva nemmeno troppo raffinata. Purtroppo Eastwood, come altri coetanei (penso ad Almodóvar, a Verhoeven, ma la lista è lunga), soffre la transizione al digitale, fatica a conformarsi al modello spiccio e poco ricercato di fare film oggi, che mal si adatta alla sua estetica. Viene da rammaricarsi per questa fotografia e confezione dozzinali perché quello che c’è dentro avrebbe meritato assai di meglio rispetto a una produzione dal budget così spartano.
Giurato numero 2 brilla per una serie di fortunate coincidenze, a partire dalla sua sceneggiatura
Cosa c’è dentro a Giurato numero 2, dunque? Innanzitutto la sceneggiatura del novizio Jonathan Abrahms, cresciuto a San Francisco a pane e film di Eastwood. Mentre scriveva Giurato numero 2 pensava a uno dei film più acclamati del regista, Mystic River, tenendo come modello per la sua indagine psicologica. Non è così una sorpresa dunque che, imbattutosi nella sceneggiatura, Eastwood l’abbia voluta dirigere.
L’indagine psicologica di cui sopra si svolge nella mente di Justin (Nicholas Hoult) un uomo che viene chiamato a fare il giurato nel processo per omicidio di una donna. L’imputato è il compagno della donna, che è stato visto e ripreso litigare con lei in un bar la notte in cui la vittima ha perso la vita. Sembrerebbe tutto facile e ovvio, non fosse che Justin sa che l’uomo non ha compiuto il delitto: ad aver ucciso la donna è ragionevolmente sicuro di essere stato lui, per un tragico incidente.
Che fare dunque? Giurato numero 2 è costruito sullo straziante enigma morale di un uomo con un passato da alcolista a cui è stata data una seconda chance per avere una vita normale e serena. Per mantenerla però deve negare quella stessa seconda possibilità a un altro uomo, che sa per giunta essere innocente. Facendo parte della giuria Justin tenterà di direzionarne il verdetto senza far trapelare il suo coinvolgimento, ma l’impresa si rivelerà ardua, perché il senso di colpa è opprimente, ma è pressante anche la necessità di proteggere la sua futura famiglia. L’aspetto interessante di Giurato numero 2 è che viene continuamente da chiedersi quanto ciò che fa molto bene sia voluto e quando invece sia il risultato fortunato di una serie di coincidenze. Il film si presta a molteplici letture.
È perfetto per i malati di legal drama e true crime che vogliono solo un’altra storia da consumare voracemente.Giurato numero 2 non ha la ricercatezza estrema di certi classici cinematografici del genere, ma è comunque scritto e diretto con abbastanza accortezza e furbizia da non rendere mai semplice la risoluzione del dilemma morale di fondoche porta con sé.
Verità o giustizia? Clint Eastwood ci mette di fronte alla difficoltà della scelta
Il film però probabilmente ha suscitato l’interesse di Eastwood per una lettura più profonda e decisamente più politica e morale, che può portare in sala un altro tipo di spettatore. Data la premessa della storia, Giurato numero 2 si fa una di quelle domande esistenziali che ci tormentano perché una risposta sicura non c’è. Qual è la bussola morale attraverso cui giudicare un essere umano: la giustizia o la verità? La prima è basata sull’agire umano quindi fallace per definizione. A ogni svolta il film mostra quanto incida il bias umano. Ogni giurato porta in aula il suo vissuto attraverso cui interpreta quanto sentito a processo, la procuratrice di Toni Colette agisce ora guidata dalla giustizia, ora con il pensiero rivolto alle elezioni, l’avvocato difensore non avendo fondi e risorse deve affidarsi alle sensazioni di pancia.
È tutto previsto dallo stesso sistema giudiziario, che tiene conto della fallacità umana e fa il meglio che può in un meccanismo giocoforza limitato nel suo essere anche burocratico, amministrativo. È un rischio calcolato, dentro cui però riesce a muoversi un uomo che manipola la giuria che sta condannando un’altra persona per un crimine che probabilmente ha commesso lui.
Allora c’è la verità dei fatti, nel suo essere bianca e nera, che però si dimostra inadatta nella sua mancanza di sfumature. Justin ha forse causato la morte della donna, ma non verrebbe giudicato con imparzialità per tutta una serie di motivi, tanto quanto l’imputato a processo. Che, a sua volta, non è forse l’esecutore materiale di quanto successo, ma è un uomo che ha lasciato andare la propria amata ubriaca sotto la pioggia per una strada buia e cha altre zone d’ombra nel suo passato. Tuttavia anche Justin ha queste zone oscure. Entrambi hanno colpe pregresse e una vasta pletora di attenuanti. Chi deve pagare per la morte della donna? Non merita forse giustizia? O persino lei ha delle colpe?
Ciò che rende intrigante Giurato numero 2 è come esplori con personaggi non esenti da tipizzazioni (l’anziana gentile, gli afroamericani guardinghi, la studentessa di medicina d’origine asiatica silenziosa ma incisiva, la perfettina col caschetto iperzelante) questi quesiti. Non appena percepisce che quello che sta dicendo suona pericolosamente come una certezza o un punto fermo, l’intreccio narrativo introduce un nuovo elemento destabilizzante.
Eastwood azzecca anche il finale del suo legal drama
A ciò si aggiunge che il film, data la natura del presunto omicidio in questione e dei due possibili assassini, è una riflessione sul ruolo dell’uomo e della donna all’interno di una coppia, negli equilibri familiari. Il punto di vista è ovviamente abbastanza conservatore: non è un mistero che Eastwood abbia simpatie repubblicane. Stiamo parlando però di un partito conservatore vecchia scuola, di tutto ciò che è venuto prima di Donald Trump. Stavolta però Eastwood è più sfumato nei suoi interventi, perciò quando per esempio qualcuno commenta cosa dovrebbe fare un uomo quando la sua amata è ubriaca o si lascia a intendere che una famiglia senza prole non sia ancora una famiglia vera e propria, il film lascia abbastanza spazio di manovra per una duplice interpretazione. Eastwood potrebbe averlo postulato come dato di fatto, ma si può tranquillamente interpretare come una sorta di commentario sociale.
In Giurato numero 2 va tutto per il verso giusto, a partire dal casting. Dal protagonista Nicholas Hoult in giù, ogni interprete è convincente. Hoult in particolare incarna molto bene il tormento interiore di un (in)giusto che non sa a chi votare la propria lealtà, ottenendo un’iniezione di plauso critico dopo tanti passi falsi in carriera. Al suo fianco ci sono una Toni Colette e un J.K. Simmons che vestono gli abiti comodi di ruoli che sembrano scritti per loro, impadronendosi dei loro personaggi tipo, che calzano a pennello.
In più Giurato numero 2 azzecca anche la chiusura, che è di fondamentale importanza per operazioni del genere. Anzi, nel film ci sono due finali. Uno, fulminante e bellissimo con protagonista Hoult alla finestra, sarebbe stato semplicemente perfetto. Il film si prende qualche minuto in più per reiterare il suo messaggio, trovando un altro finale, furbo ma irresistibile, perfetto per un commento con gli altri spettatori all’uscita dalla sala.
Rating: Tutti
Nazione: Stati Uniti
Voto
Redazione
Giurato nr. 2
Giurato numero 2 funziona su molteplici livelli, sintomo di un film con grande coesione interna e con una visione curata: che si vada in sala per una nuova dose di poliziesco parlato in legalese stretto o ci si arrivi per sentirsi raccontare un’America imperfetta che tenta di essere la versione migliore di sé ma non sempre ci riesce, la pellicola si dimostra una visione all’altezza. Anche per merito di un Nicholas Hoult in palla, accompagnato da convincenti Toni Colette e J.K. Simmons, alle prese con ruoli che potrebberi interpretare ad occhi chiusi e che invece gestiscono con lo sguardo ben aperto e a fuoco. Giurato numero 2 non fa niente di nuovo, ma è un’aggiunta senza tempo a un filone classico come quello dei legal drama. Clint Eastwood a 93 anni di cose da dire ne ha ancora parecchie e riesce per giunta a farlo bene: è davvero inossidabile.