Gods of Egypt

di Roberto Vicario
Sulla locandina di Gods of Egypt capeggia il nome di Alexander Proyas. Il regista australiano (ma nato in Egitto da genitori greci!) pur non avendo una filmografia lunghissima, é diventato famoso per la regia de Il Corvo. Un film travagliato, che ha portato alla morte di Brandon Lee e diventato in breve tempo una sorta di cult movie.

Fa strano vedere un regista amante dei toni cupi e autore anche di film come Dark City e Io, Robot, cimentarsi in questo blockbuster dall'altissimo budget sfarzoso e colorato. Un film che però, per sua stessa ammissione, ha voluto fare a tutti i costi per raccontare qualcosa della sua terra di origine..l'Egitto. Come é andata? scopriamolo.



Dei non proprio brillanti



La storia di Gods of Egypt ci porta nell'antica terra nordafricana, quando erano ancora gli Dei a comandare il popolo. Vivremo la storia dagli occhi di Bek (Brenton Thwaites) un mortale che decide di intraprendere una vera lotta uomo contro Dio per salvare il suo grande amore, ma in cui c'é in gioco anche la sopravvivenza dell'umanità stessa.

Un impresa talmente grande per un mortale che é necessario l'aiuto di del potente Dio Horus (Nikolaj Coster-Waldau); questa improbabile alleanza scatenerà però l'ira del Dio dell'oscurità Seth (Gerad Butler) che decide così di combattere una vera e propria lotta tra Dei per mantenere il trono dell'Egitto. Una guerra che sarà combattuta persino nell'aldilà e che coinvolgerà mostri, umani e Dei…



Partendo dal presupposto che siamo difronte ad una mega blockbuster di intrattenimento, e non ad un film drammatico d'autore, sulla carta la trama di Gods of Egypt non é neanche così malvagia. Peccato che durante la realizzazione si é scelta una filosofia che davvero facciamo fatica a comprendere. Pensando al budget che é stato messo nelle mani di Proyas, troviamo davvero assurdo come si sia potuti cadere così in basso soprattutto nella qualità visiva della pellicola.

Ci troviamo prima di tutto davanti ad una trama che (forse volutamente) sfrutta solo come fonte d'ispirazione personaggi e mitologia dell'Antico Egitto, per riutilizzare il tutto in una forma più diluita e con pochissimo rigore storico. Stiamo parlando di action, direte ancora voi, e probabilmente é così! peccato che la trama stessa, scevra di qualsiasi commento tecnico/storico, non funziona con buchi narrativi e dialoghi quasi soporiferi, di una banalità così scontata che annoia dopo pochissimo tempo.

Ma torniamo al punto di partenza. Si tratta di un action coreografico, e nato come “blockbusterone” americano, quindi: se funziona l'azione, funziona tutto. Purtroppo ci dispiace informarvi che anche l'azione latita. Coreografie tutto sommato valide e sulla carte in grado di intrattenere si scontrano con una quantità di CGI decisamente sostanziosa, forse esagerata, e di una qualità non proprio eccelsa. Lo stacco tra quello che é creato al computer e gli attori in carne ed ossa si nota troppo e porta il più delle volte (pensiamo alla scena dei “serpentoni”) a far sorridere più che ad emozionare.

Un vero peccato insomma, perché come dicevamo alcuni momenti dimostrano che il cast e la regia erano comunque validi e potenzialmente vincenti. Agghindati in modo sfarzoso e volutamente esagerato, gli attori si sono dimostrati perfettamente nella parte, portando su schermo dei personaggi credibili e definiti, e che solamente a causa della qualità dei già citati dialoghi, non hanno offerto la possibilità di essere sviluppati. Lo stesso Proyas dimostra in più di una occasione di saperci decisamente fare con la macchina da presa ed il che ci porta a pensare che il più grosso problema di questo film (al di là dell'esile sceneggiatura) sia stata proprio la gestione del budget.