Hungry Hearts
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Arriva finalmente nelle nostre sale l'ultimo film di Saverio Costanzo. Hungry Hearts é stato presentato in concorso al Festival di Venezia nel 2014, aggiudicandosi due Coppe Volpi per le interpretazioni di Alba Rohrwacher e Adam Driver. Un film che mette in risalto tutta la lucidità in possesso del regista romano nel raccontare la solitudine e il dolore.
Terminata la visione di Hungry Hearts ci viene subito da pensare che Saverio Costanzo sia un regista che, attraverso il racconto di conflitti e paure, sta costruendo la carriera dietro la macchina da presa.
In Private veniva raccontata la guerra, ne La Solitudine dei Numeri Primi l'adolescenza e in questo Hungry Hearts si racconta la famiglia. Tre punti di vista differenti, accomunati dalla bravura di Costanzo nel saper raccontare una storia viscerale, a tratti surreale, ma con radici profonde che assorbono credibilità dalla quotidianità di oggi.
Anche in questo caso ci troviamo davanti all'adattamento di un romanzo, “Il Bambino Indaco” di Marco Franzoso. La storia ci racconterà di Mina (Alba Rohrwacher) e di Jude (Adam Driver), due ragazzi che si incontrano nel bagno di un ristorante cinese, dando vita ad una storia d'amore che li porterà al matrimonio e culminerà nella nascita di un figlio. Due ragazzi normali, lei emigrata a New York per lavorare nel consolato italiano, lui ingegnere da sempre cittadino della grande mela, che vedranno sconvolta la loro vita da un fatto alquanto particolare.
Durante la gravidanza Mina viene a contatto con una veggente. Questa la convince che il figlio che porta in grembo é speciale, ed in gergo viene chiamato bambino indaco. Questa notizia ha un impatto devastante nella testa di Mina che si convince sempre più di quello che le ha rivelato la veggente. Tutto questo farà sviluppare in lei un forte senso di maternità e di protezione, portandola a preservare la “purezza” del piccolo attraverso cibi sani e coltivati da lei stessa, arrivando fino all'esclusione di qualsiasi consulto medico, alla clausura all'interno del proprio appartamento e all'isolamento da parenti e amici.
Tutto questo però mette a repentaglio la vita del piccolo che, a causa della malnutrizione, non riesce a crescere e svilupparsi. Jude, accortosi di questa situazione, decide di consultare segretamente un medico che gli rivela la gravità della situazione. Questo sarà solo il primo passo di uno sgretolamento dell'ambiente famigliare sempre più incombente.
vimager1, 2, 3
In Hungry Hearts Costanzo ci porta quindi all'interno di un vortice che, sfruttando un punto di partenza molto particolare, indugia in quelle che possono essere le sfaccettature della mente umana e di come queste possono influire all'interno del rapporto di coppia.
Un tocco leggero che non annoia, ma che al contrario punta dritto al cuore dello spettatore. Il regista raggiunge il suo scopo grazie anche ad una perfetta interpretazione dell'ormai bravissima Alba Rohrwacher, che ci offre un'interpretazione lucida e perfetta di un personaggio che da donna si trasforma in strumento che vive unicamente per la “salvezza” di SUO figlio estromettendo il marito e annullando tutta la sua femminilità. Ad affiancarla troviamo un ottimo Adam Driver - lo vedremo quest'anno in Star Wars - che ci offre un personaggio in grado di amalgamarsi perfettamente con la dirompente recitazione dell'attrice italiana.
Nelle quasi due ore di durata avremo quindi diversi spunti di riflessione derivati dalla difficoltà di essere genitori al giorno d'oggi, e legati a tutti quei piccoli ostacoli che quotidianamente bisogna affrontare. Ma più di ogni altra cosa, verremo toccati nel profondo dalla forza dirompente dell'autodistruzione che un essere umano può usare su se stesso.
Un film più di sentimenti che di concetto, una limpida visione dell'ambiente famigliare raccontata partendo dal concetto dell'amore per arrivare a scoprire quanto questa parola, se travisata, può diventare oppressiva e pericolosa.
In fin dei conti, i cuori affamati che danno il titolo al film non sono certamente in cerca di cibo, ma di certezze legate all'accettazione da parte del prossimo, o più semplicemente all'essere solamente amati.
Cuori affamati di amore.
Terminata la visione di Hungry Hearts ci viene subito da pensare che Saverio Costanzo sia un regista che, attraverso il racconto di conflitti e paure, sta costruendo la carriera dietro la macchina da presa.
In Private veniva raccontata la guerra, ne La Solitudine dei Numeri Primi l'adolescenza e in questo Hungry Hearts si racconta la famiglia. Tre punti di vista differenti, accomunati dalla bravura di Costanzo nel saper raccontare una storia viscerale, a tratti surreale, ma con radici profonde che assorbono credibilità dalla quotidianità di oggi.
Anche in questo caso ci troviamo davanti all'adattamento di un romanzo, “Il Bambino Indaco” di Marco Franzoso. La storia ci racconterà di Mina (Alba Rohrwacher) e di Jude (Adam Driver), due ragazzi che si incontrano nel bagno di un ristorante cinese, dando vita ad una storia d'amore che li porterà al matrimonio e culminerà nella nascita di un figlio. Due ragazzi normali, lei emigrata a New York per lavorare nel consolato italiano, lui ingegnere da sempre cittadino della grande mela, che vedranno sconvolta la loro vita da un fatto alquanto particolare.
Durante la gravidanza Mina viene a contatto con una veggente. Questa la convince che il figlio che porta in grembo é speciale, ed in gergo viene chiamato bambino indaco. Questa notizia ha un impatto devastante nella testa di Mina che si convince sempre più di quello che le ha rivelato la veggente. Tutto questo farà sviluppare in lei un forte senso di maternità e di protezione, portandola a preservare la “purezza” del piccolo attraverso cibi sani e coltivati da lei stessa, arrivando fino all'esclusione di qualsiasi consulto medico, alla clausura all'interno del proprio appartamento e all'isolamento da parenti e amici.
Tutto questo però mette a repentaglio la vita del piccolo che, a causa della malnutrizione, non riesce a crescere e svilupparsi. Jude, accortosi di questa situazione, decide di consultare segretamente un medico che gli rivela la gravità della situazione. Questo sarà solo il primo passo di uno sgretolamento dell'ambiente famigliare sempre più incombente.
vimager1, 2, 3
In Hungry Hearts Costanzo ci porta quindi all'interno di un vortice che, sfruttando un punto di partenza molto particolare, indugia in quelle che possono essere le sfaccettature della mente umana e di come queste possono influire all'interno del rapporto di coppia.
Un tocco leggero che non annoia, ma che al contrario punta dritto al cuore dello spettatore. Il regista raggiunge il suo scopo grazie anche ad una perfetta interpretazione dell'ormai bravissima Alba Rohrwacher, che ci offre un'interpretazione lucida e perfetta di un personaggio che da donna si trasforma in strumento che vive unicamente per la “salvezza” di SUO figlio estromettendo il marito e annullando tutta la sua femminilità. Ad affiancarla troviamo un ottimo Adam Driver - lo vedremo quest'anno in Star Wars - che ci offre un personaggio in grado di amalgamarsi perfettamente con la dirompente recitazione dell'attrice italiana.
Nelle quasi due ore di durata avremo quindi diversi spunti di riflessione derivati dalla difficoltà di essere genitori al giorno d'oggi, e legati a tutti quei piccoli ostacoli che quotidianamente bisogna affrontare. Ma più di ogni altra cosa, verremo toccati nel profondo dalla forza dirompente dell'autodistruzione che un essere umano può usare su se stesso.
Un film più di sentimenti che di concetto, una limpida visione dell'ambiente famigliare raccontata partendo dal concetto dell'amore per arrivare a scoprire quanto questa parola, se travisata, può diventare oppressiva e pericolosa.
In fin dei conti, i cuori affamati che danno il titolo al film non sono certamente in cerca di cibo, ma di certezze legate all'accettazione da parte del prossimo, o più semplicemente all'essere solamente amati.