I sogni segreti di Walter Mitty

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Per il quinto film dietro la macchina presa, il noto attore comico Ben Stiller scomoda nientemeno che un racconto scritto nel 1939 da James Thurber, adattandolo in chiave moderna a quelli che possono essere i problemi di molti, al giorno d'oggi. I Sogni Segreti di Walter Mitty non é in realtà il primo adattamento cinematografico, ma già nel 1947 Danny Kaye era il protagonista di una sfavillante e colorata commedia musicale nata proprio dal racconto di Thurber.

Abbandonando l'universo a lui più congeniale e provocatorio (quello della comicità) Stiller abbraccia quello più ragionato, nostalgico e a più riprese accusatorio. Un percorso tortuoso, che seppur ampiamente esplorato dalla cinematografia moderna (ed antica) nasconde insieme estremamente pericolose. Come se la sarà cavata? scopriamolo insieme!

I sogni segreti di Walter Mitty


Paesaggi per facili sentimentalismi

Ben Stiller é Walter Mitty, storico archivista dei negativi della rivista Life -una tra le più note riviste di fotografia presenti in America -. La sua vita scorre in maniera piatta attraverso monotone giornate di lavoro, in un paradosso che vede un uomo mai uscito dalla città, maneggiare fotografie dei luoghi più esotici e suggestivi al mondo.

Un sognatore a cui il destino giocherà un beffardo scherzo nel giorno in cui la rivista per cui lavora, deciderà di eliminare la versione cartacea a favore di quella online (scelta fatta da personaggi volutamente esagerati nell'ignoranza che li accomuna). Sulla testa del povero Walter pende quindi la necessità di dover trovare la foto perfetta per l'ultimo numero. Il problema sembrerebbe non sussistere dato che il più grande fotografo al mondo ha mandato alla rivista quello che sembra lo scatto “perfetto”, se non fosse che a mancare é proprio il negativo di quella fotografia.

Toccherà quindi al più improbabile degli “eroi” mettersi uno zaino sulle spalle per andare alla ricerca del noto fotografo (e del negativo) nei punti più impensabili della terra, in un viaggio che come il miglior viaggio di formazione insegna, servirà a fargli riscoprire la sua vera essenza.

I sogni segreti di Walter Mitty parte quindi con le basi che tanti altri film hanno utilizzato: la riscoperta della vita, il prendere coscienza dei propri mezzi affrontando le paure della quotidianità e sfruttare ogni attimo nel miglior modo possibile. Così, quelli che nella prima parte del film sono sogni che il protagonista immagina nella sua mente con soluzioni estreme e coraggiose a problematiche quotidiane, nella seconda parte della pellicola, attraverso un meccanismo trito e ritrito, diventano realtà.

In tutto questo l'attore cerca di inserire all'interno dei 120 minuti di cui é composta la pellicola, una diatriba legata all'ormai inevitabile digitalizzazione della vita, e lo fa, abbastanza banalmente, sfruttando una serie di location dal sicuro impatto visivo (e che paradossalmente sono arricchite proprio dal cinema digitale!) ma che non si amalgamano in maniera perfetta con quello che é lo scopo più profondo del film.



Quello che ne esce é quindi un guazzabuglio che nonostante il sicuro impatto visivo - grazie all'ottima fotografia di Stuart Dryburgh -, cerca una scappatoia in facili sentimentalismi e in una sceneggiatura sin troppo idealizzata e piena di luoghi comuni.

Cosi lo Stiller buonista offre allo spettatore paesaggi, albe e tramonti mozzafiato che sembrano voler trasmetter che la quinta essenza del rapporto umano é quella reale, del contatto e del mettere alla prova se stessi, e non quella “sporcata” da frivolezze digitali. Tutto questo all'interno di un viaggio dallo scopo formativo che come la più holliwoodiana delle tradizioni vuole, finirà proprio nel posto più banale e scontato del globo.

Questo costante parallelismo tra finzione, realtà e riscoperta di se stessi, é fortunatamente interrotto da poche - ma davvero ben riuscite - scene comiche che oltre a strappare dei facili ed onesti sorrisi, dimostrano come l'attore sia più a suo agio all'interno di un cinema che può comunque accusare senza però smettere di far ridere (Zoolander é un'esponente di questa categoria!).

Elementi che dimostrano ancora di più quanto gran parte degli attori utilizzati all'interno della pellicola, si limitino a recitare il compitino che la sceneggiatura ha riservato ai loro personaggi.

Intendiamoci, quello che stiamo dipingendo non é un brutto film, ma piuttosto un qualcosa di asciutto, banale, che con la furbizia tipica delle produzioni americane cerca di far leva sui sentimenti dello spettatore, utilizzando suggestivi paesaggi e roboanti frasi ad effetto sul senso della vita. Proprio per questo motivo, forse, si é vista la discrepanza tra critica e pubblico, da sempre fattore di accese discussioni.

Insomma, noi non ci sentiamo di consigliare quest'ultima pellicola di Ben Stiller. Due ore di location a metà tra il reale ed il digitale non bastano a bilanciare un copione fatto di frasi dal buonismo laico e luoghi comuni con l'unico scopo di strappare qualche lacrima. La nostra speranza? che Ben Stiller torni a fare quello che riesce a fare meglio, e tutti sappiamo a cosa ci stiamo riferendo.

I sogni segreti di Walter Mitty

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