Il Caso Spotlight
di
Roberto Vicario
Presentato allo scorso Festival del Cinema di Venezia, Il Caso Spotlight, é diventato uno di quei film che si é costruito una meritata fama attraverso il passaparola. Dopo gli applausi, meritatissimi, da parte dei critici presenti al festival veneziano, il film ha incantato e stupito la critica america tanto da spingerlo a diverse candidature sia ai Golden Globe che agli ormai imminenti Oscar.
Un "film accusa" che non punta a dare giudizi, ma semplicemente prendere e rielaborare il lavoro certosino e coraggioso fatto da un manipolo di giornalisti del Boston Globe. L'abbiamo visto per voi e in questa recensione vi raccontiamo i motivi di questo successo annunciato.
Siamo nel 2001 e il Boston Globe (una delle principali testate giornalistiche all'interno della capitale dello stato del Massachusetts) sta vivendo un momento storico. Il nuovo direttore del giornale é infatti Martin Baron (Liev Schreiber) e si tratta del primo direttore ebreo a capo di una testata giornalistica statunitense.
All'interno del Boston Globe lavora un team di giornalisti chiamato “Spotlight”. Uomini e donne dedite a lavorare ai casi più scottanti. Baron li metterà subito a lavorare su una storia che potrebbe scuotere le fondamenta solidissime della Chiesa cattolica, soprattutto in una città così religiosa come quella di Boston. I quattro giornalisti: Walter Robinson (Michael Keaton), Mike Rezendes (Mark Ruffalo), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Matt Carroll (Brian d'Arcy James), si troveranno così ad indagare su moltissimi casi di abuso su minori da parte dei sacerdoti dell'arcidiocesi di Boston…
Il film di Thomas McCarthy, arrivato alla sua quinta regia (vi consigliamo di recuperare gli indipendenti Station Agent e L'ospite Inatteso) é una di quelle opere che ti rimane impressa nella memoria e nel cuore per il modo magistrale con cui viene narrata. La sceneggiatura, scritta dallo stesso McCharty insieme a Josh Singer, non fa altro che raccontare quanto é successo, senza cerca di enfatizzate e fare sensazionalismo. Lo spettare viene accompagnato nelle meticolose indagini di questo prode e coraggioso gruppo di eroi moderni che, nonostante le mille difficoltà, riesce a portare a galla una squallida quanto assurda verità.
Perché la storia é tristemente vera e sono stati settanta i sacerdoti condannati, tra cui persino l'alta carica del Cardinale Francis Law (Len Cariou). Questi sono i freddi numeri di violenze che non potevano rimanere nascoste e che i giornalisti hanno portato alla ribalta grazie ad una meticolosa indagine.
Il caso Spotlight parla proprio di questo, giornalismo. Un inno a quello che dovrebbe essere il vero lavoro di ogni giornalista: documentarsi, indagare e portare a galla la verità. Il team "spotlight" (nella realtà premiato anche con un premio Pulitzer) é uno dei massimi esempi di questo lavoro. McCarthy negli oltre 120 minuti che compongono la pellicola racconta proprio questo aspetto delle persone.
Un film asciutto, pensato e realizzato in maniera maniacale, in cui ogni singolo aspetto é ricco di dettagli e immagini che lasciano lo spettatore sempre e costantemente concentrato su quello che sta accadendo sullo schermo. Perché quella che andremo a vivere é una storia viscerale, in cui ogni singolo elemento conta e i dialoghi sulle violenze ti entrano fin sotto la pelle, non riuscendo a lasciarti indifferente. E allora, inconsapevolmente, ti trovi a fare il tifo per questi giornalisti nella loro lotta alla ricerca del giusto, nonostante tutto diventi ancora più complesso a causa del tristemente famoso attentato del 11 settembre 2001.
Ma non é solo merito di una sceneggiatura che punta solamente a raccontare e a non elevarsi come giudice supremo di una vicenda così complessa, oppure di una regia perfetta ed ispiratissima, a rendere quasi perfetto questo film. Il cast di altissimo livello ci regala performance credibili ed appassionate, in cui i ruoli di Ruffalo e Keaton svettano, prepotentemente, sugli altri. I loro personaggi crescono con il passare dei minuti e aiutano a trasmette ancora più emozioni allo spettatore. Non é da meno ovviamente l'ottima fotografia di Masanobu Takayanagi e sopratutto una colonna sonora calzante e in grado di enfatizzare i momenti più drammatici ed emozionanti, grazie al delicato tocco di Howard Shore. Piccola menzione anche per il montaggio operato dall'esperto Tom McArdle: incalzante e in grado di dare un ritmo percepibile, nonostante la grandissima quantità di dialoghi.
Il Caso Spotlight ci ha fatto tornare alla memoria quei film legati ad un modo di fare cinema d'accusa che andava molto negli anni '70. Un film che come detto non punta a enfatizzate, ma semplicemente a raccontare. Perché, in tutta onesta, i veri eroi non sono quelli che hanno bisogno di qualcuno che esalti le loro azioni, ma semplicemente di persone che le raccontino…e questi giornalisti, a loro modo, sono stati e sono tutt'ora degli eroi. McCarthy l'ha capito, e ha voluto ricordarcelo.
Un "film accusa" che non punta a dare giudizi, ma semplicemente prendere e rielaborare il lavoro certosino e coraggioso fatto da un manipolo di giornalisti del Boston Globe. L'abbiamo visto per voi e in questa recensione vi raccontiamo i motivi di questo successo annunciato.
La forza della verità
Siamo nel 2001 e il Boston Globe (una delle principali testate giornalistiche all'interno della capitale dello stato del Massachusetts) sta vivendo un momento storico. Il nuovo direttore del giornale é infatti Martin Baron (Liev Schreiber) e si tratta del primo direttore ebreo a capo di una testata giornalistica statunitense.
All'interno del Boston Globe lavora un team di giornalisti chiamato “Spotlight”. Uomini e donne dedite a lavorare ai casi più scottanti. Baron li metterà subito a lavorare su una storia che potrebbe scuotere le fondamenta solidissime della Chiesa cattolica, soprattutto in una città così religiosa come quella di Boston. I quattro giornalisti: Walter Robinson (Michael Keaton), Mike Rezendes (Mark Ruffalo), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Matt Carroll (Brian d'Arcy James), si troveranno così ad indagare su moltissimi casi di abuso su minori da parte dei sacerdoti dell'arcidiocesi di Boston…
Il film di Thomas McCarthy, arrivato alla sua quinta regia (vi consigliamo di recuperare gli indipendenti Station Agent e L'ospite Inatteso) é una di quelle opere che ti rimane impressa nella memoria e nel cuore per il modo magistrale con cui viene narrata. La sceneggiatura, scritta dallo stesso McCharty insieme a Josh Singer, non fa altro che raccontare quanto é successo, senza cerca di enfatizzate e fare sensazionalismo. Lo spettare viene accompagnato nelle meticolose indagini di questo prode e coraggioso gruppo di eroi moderni che, nonostante le mille difficoltà, riesce a portare a galla una squallida quanto assurda verità.
Perché la storia é tristemente vera e sono stati settanta i sacerdoti condannati, tra cui persino l'alta carica del Cardinale Francis Law (Len Cariou). Questi sono i freddi numeri di violenze che non potevano rimanere nascoste e che i giornalisti hanno portato alla ribalta grazie ad una meticolosa indagine.
Il caso Spotlight parla proprio di questo, giornalismo. Un inno a quello che dovrebbe essere il vero lavoro di ogni giornalista: documentarsi, indagare e portare a galla la verità. Il team "spotlight" (nella realtà premiato anche con un premio Pulitzer) é uno dei massimi esempi di questo lavoro. McCarthy negli oltre 120 minuti che compongono la pellicola racconta proprio questo aspetto delle persone.
Un film asciutto, pensato e realizzato in maniera maniacale, in cui ogni singolo aspetto é ricco di dettagli e immagini che lasciano lo spettatore sempre e costantemente concentrato su quello che sta accadendo sullo schermo. Perché quella che andremo a vivere é una storia viscerale, in cui ogni singolo elemento conta e i dialoghi sulle violenze ti entrano fin sotto la pelle, non riuscendo a lasciarti indifferente. E allora, inconsapevolmente, ti trovi a fare il tifo per questi giornalisti nella loro lotta alla ricerca del giusto, nonostante tutto diventi ancora più complesso a causa del tristemente famoso attentato del 11 settembre 2001.
Ma non é solo merito di una sceneggiatura che punta solamente a raccontare e a non elevarsi come giudice supremo di una vicenda così complessa, oppure di una regia perfetta ed ispiratissima, a rendere quasi perfetto questo film. Il cast di altissimo livello ci regala performance credibili ed appassionate, in cui i ruoli di Ruffalo e Keaton svettano, prepotentemente, sugli altri. I loro personaggi crescono con il passare dei minuti e aiutano a trasmette ancora più emozioni allo spettatore. Non é da meno ovviamente l'ottima fotografia di Masanobu Takayanagi e sopratutto una colonna sonora calzante e in grado di enfatizzare i momenti più drammatici ed emozionanti, grazie al delicato tocco di Howard Shore. Piccola menzione anche per il montaggio operato dall'esperto Tom McArdle: incalzante e in grado di dare un ritmo percepibile, nonostante la grandissima quantità di dialoghi.
Il Caso Spotlight ci ha fatto tornare alla memoria quei film legati ad un modo di fare cinema d'accusa che andava molto negli anni '70. Un film che come detto non punta a enfatizzate, ma semplicemente a raccontare. Perché, in tutta onesta, i veri eroi non sono quelli che hanno bisogno di qualcuno che esalti le loro azioni, ma semplicemente di persone che le raccontino…e questi giornalisti, a loro modo, sono stati e sono tutt'ora degli eroi. McCarthy l'ha capito, e ha voluto ricordarcelo.