Il Primo Re

C’è un piacevole subbuglio nel cinema italiano di questi ultimi anni. Un moto ondoso costante, pienamente percepibile ma che ancora stenta ad esplodere in maniera fragorosa e con tutta la sua efficacia innovativa sul prodotto cinema nostrano, forse ancora troppo legato a logiche e dinamiche non più così efficaci.

Ben vengano, lo abbiamo già detto in mille salse differenti, prodotti come Veloce Come il Vento, Mine o l’acclamato Lo Chiamavano Jeeg Robot. Film che rompono gli schemi, che dimostrano un carattere in grado di frapporsi al torpore di molti altri lungometraggi.

SUBLIME VIOLENZA

Il Primo Re rientra perfettamente all’interno di questo filone. Ci rientra perché è un prodotto nostrano, diretto da quel  Matteo Rovere che aveva già dimostrato di saperci fare dietro la macchina da presa. Ci rientra soprattutto perché ancora una volta, con coraggio e attenzione verso i dettagli, porta sul grande schermo una storia dalla forza innegabile, lontana da qualsiasi logica “acchiappona”, ma fortemente incentrata sulla qualità e su un’esperienza visiva di altissimo livello.

Nelle due ore che compongono Il Primo Re, ritroverete piacevolissimi collegamenti mentali a prodotti di genere come Apocalypto, The Revenant o anche quel Valhalla Rising ancora oggi piuttosto chiacchierato.

Sebbene la nascita di Roma sia, in fondo, il sottofondo narrativo che accompagna lo spettatore al cinema. Rovere e gli sceneggiatori (Francesca Manieri, Filippo Gravino) sono stati bravissimi a non scadere nella banalità, a non farsi trasportare in un turbine di luoghi comuni che avrebbe sicuramente reso la rappresentazione più debole.

Un carattere che viene mostrato senza particolari indugi sin dalle prime sequenze, con una potentissima e accerchiante esondazione del Tevere. Da lì inizierà l’epopea di due fratelli che saranno uno lo specchio dell’altro, entrambi consapevoli di andare incontro un destino scomodo ma dal cui sangue sorgerà l’Impero Romano. Nel ruolo di Romolo e Remo ci sono Alessio Lapice e Alessandro Borghi. Due personaggi profondamente diversi, resi perfettamente dai due attori.

Ma la storia sembra quasi voler evitare il focalizzarsi sulle singole persone, e sebbene ci sia sempre la percezione di vivere l’evoluzione di colui che diventerà padre e fondatore della più importante civiltà occidentale, sono la natura e la coralità a prendere il sopravvento.

Il Primo Re è infatti un film fatto di nervi, sangue, violenza (mai fine a se stessa) ed espressioni. Si parla dell’uomo, ma è la natura nella sua maestosa regalità a costringere spesso e volentieri l’uomo a compiere gesti estremi.

Ed è proprio in questi elementi che ritroviamo la bellezza e il coraggio di Rovere. Offrire un film che parla in protolatino (una lingua antecedente al latino stesso), indecifrabile senza i sottotitoli, ma quasi inutile nel dover essere interpretata; i gesti, le movenze e le espressioni di tutti gli attori coinvolti nel progetto restituiscono perfettamente la cruda e brutale violenza, senza necessità di dover essere compresa a parole. Speranze, disperazione e voglia di combattere per la propria vita, tutto vi arriva secco e diretto in faccia, stordendovi quasi con piacere. Il tutto è esalto dall’incredibile fotografia di Daniele Ciprì che utilizzando unicamente la luce naturale, offre scorci e situazioni che ci hanno ricordato molto da vicino il lavoro svolto su quel The Revenant che è valso l’Oscar a Leonardo di Caprio.

C’è anche una mitologia cinica e brutale, mai esagerata o artificiale, impersonificata dall’importante figura della vestale interpretata dalla bravissima Tania Garibba. Il tutto funziona con una certosina credibilità, merito anche di attori (ma anche e forse soprattutto stunt man) che non si sono tirati mai indietro, offrendo quella sensazione di “vero” che rende particolarmente efficace la sospensione dell’incredulità.

Nonostante qualche momento a vuoto delle  sceneggiatura, in particolare sulla gestione del personaggio di Romolo (forse, un po’ troppo secondario in alcuni momenti), Il Primo Re è un film girato e recitato in maniera encomiabile, un nuovo standard per quel che riguarda i film di genere, e un viaggio di cui siamo certi, molti spettatori rimarranno estasiati. Questo è il cinema italiano di cui abbiamo bisogno: coraggioso, spavaldo e ricco di idee.