Il Ragazzo Invisibile

di Roberto Vicario

Un supereroe che deve ancora maturare



Una cosa é certa, Gabriele Salvatores é uno che non si é mai tirato indietro. Uno di quei registi che, almeno in Italia, é davvero raro trovare. Dall'alto di un premio Oscar - Mediterraneo, 1992 - il regista partenopeo ha sempre cercato di diversificare la sua filmografia, osando e portando su schermo prodotti particolari e lontani da quello che siamo abituati a vedere nel nostro ambiente cinematografico. Esempi come Nirvana del 1996, Denti del 2000 o Quo Vadis, Baby?, sono esempi lampanti - e non sempre riusciti - di quanto si stato in grado di osare Salvatores.

Con Il Ragazzo Invisibile, il cineasta accetta un'altra sfida. Una di quelle complesse, soprattutto se si pensa al sempre più fermo e monotematico prodotto italiano. Un fantasy supereroistico all'italiana, trattato come prodotto che va a toccare più media tra cui il fumetto ed il romanzo.




La storia ci parlerà di Michele (Ludovico Girardello), ragazzino che vive tutte le incertezze della sua età da pre adolescente. Preso in giro da tutti, sfortunato, pieno di dubbi, innamorato segretamente della sua compagna Stella (Noa Zatta) e con la volontà, in alcuni momenti della sua vita, di voler sparire.

La sua vita cambierà nel momento in cui scoprirà di avere il super potere dell'invisibilità. Come gestire tale cambiamento? come sarà influenzato il resto della sua esistenza?

La sceneggiatura scritta a sei mani da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sarda, se vista con attenzione non manca di nulla. Seguendo lo stereotipo nato da Stan Lee, abbiamo il “supereroe con super problemi”, una storia d'amore, dei villain da combattere, un costume e un passato nebuloso tutto da scoprire.

Quello che manca però é un percorso ben definito che sia in grado di ricondurci al modo in cui é stata trattata la pellicola. Pur avendo un super potere, il nostro Michele vive il tutto in maniera molto passiva e introspettiva, e solo nel finale si intravedono le potenzialità di questa sua incredibile peculiarità.
vimager0, 2, 3


Nel tentare di accontentare un pubblico sempre più trasversale, Salvatores ha mancato il focus del film. L'azione su schermo é troppo poca (elemento fondamentale per un film del genere), l'uso degli effetti speciali é altalenante, così come la presenza di alcuni cliché tipici del genere di riferimento, sembrano quasi forzati e fuori contesto.

Il film si basa sulla difficile accettazione del potere da parte del ragazzo, sul rapporto che intercorre tra lui e sua madre (Valeria Golino) e sul personaggio portato in scena da Fabrizio Bentivoglio: lo psicologo Basili. Una serie di dialoghi che dimostrano la bravura da parte del regista di raccontare alcune situazioni, ma allo stesso tempo con il potere di decontestualizzare in buona parte la pellicola dal sua natura supereroistica.

A questo Ragazzo Invisible manca azione, dinamismo, quella sorta di effetto wow che gli americani, anche in presenza di un plot non proprio granitico, in un modo o nell'altro riescono sempre a realizzare. Questioni di budget, ma non solo. Salvatores infarcisce le quasi due ore di film con citazioni, vorrei ma non posso, e soprattutto elementi narrativi che alla fine sembrano quasi copiare (male) il prodotto hollywodiano.



E così si esce dalla sala un po storditi, assolutamente non in grado di catalogare - come già detto - la pellicola, non riuscendo a capire come effettivamente sia stato gestita la questione del super potere da parte del regista e della sceneggiatura. Un prodotto che se vogliamo, per certi versi, si può accostare ad un altro film molto particolare come Lasciami Entrare, film diretto da Tomas Alfredson e uscito nel2008, in cui i poteri - in quel caso di vampirismo - venivano gestiti diversamente e lontano dal cliché.

Insomma una piccola occasione mancata, perché l'idea alla base non era per nulla malvagia, e la stessa scelta della location, con una Trieste veramente iconica e in determinate scene molto vicina all'idealizzazione di un vero e proprio fumetto, si é rivelata assolutamente positiva e piacevole.

In sostanza, come detto in apertura, bisogna dare atto a Gabriele Salvatores di essere stato coraggioso nel provare ad entrare direttamente dalla porta principale, in un genere davvero difficile come quello del blockbuster supereroistico all'americana, sfruttando non solo gli effetti speciali, ma il tatto e la sensibilità che da sempre lo contraddistinguono. Se il secondo elemento é pienamente percepibile, ben più difficile é stato scontrarsi con una certa arretratezza del nostro cinema e probabilmente con un budget non proprio altissimo, elementi che hanno portato a galla tutti i limiti che dobbiamo cercare di migliorare per far tornare a fiorire il nostro cinema, anche in queste nuove tipologie di prodotto. Salvatores ha aperto la strada, prendendosi tutti i rischi del caso, vediamo chi avrà il coraggio di percorrerla.