First Man - Il Primo Uomo
Dopo 140 minuti di First Man - Il Primo Uomo, una cosa è certa: Damien Chazelle è indubbiamente uno dei cineasti più promettenti di questo periodo storico. Un regista in grado di valorizzare una storia attraverso scelte tutt’altro che banali, capaci di esaltare e trasmettere momenti e sensazioni forti allo spettatore.
TO THE MOON AND BACK
È assolutamente il caso di questo First Man - Il Primo Uomo, terzo lungometraggio del regista di Providence che ci porta all’interno della vita di un uomo straordinario come Neil Armostrong, colui che per primo è riuscito a mettere piede sulla luna.
Una storia che si ispira al libro di First Man: The Life of Neil A. Armstrong di James R. Hansen, unica biografia ufficiale dell’astronauta, adattata in sceneggiatura da Josh Singer. Un film che si distacca completamente da quanto visto con Whiplash e La La Land, per abbracciare una cinematografia più classica e canonica, con chiari rimandi a film di genere (vedi Apollo 13) che si intravedono all’interno di inquadrature probabilmente studiare per omaggiare i grandi classici.
Ma nonostante la presenza di un genere così ben delineato come quello dei film biografici, Chazelle ci mette del suo, portando lo spettatore a vivere la storia su due piani ben precisi: quello dell’uomo e quello dell’astronauta. Danzando con estrema precisione su un montaggio asciutto ma ben ritmato assisteremo all’escalation dell'Armstrong (Ryan Gosling) astronauta: dall’areonautica, passando per l’arrivo alla NASA, il progetto Gemini e ovviamente quello APOLLO. Tutto questo è inframezzato da momenti familiari con la moglie Janet Shearon Armstrong i figli e gli amici che fanno parte del programma spaziale, in cui l’uomo Armstrong mostra tutte le sue fragilità e le sue insicurezze, in grado di tramutarsi in forza per proseguire nel raggiungimento di un obiettivo.
Ed è proprio in questi frangenti che viene fuori, con prepotenza, la forza del film. Un film che si stacca da qualsiasi retorica e che al contrario mostra come l’uomo singolo sia mosso da scopi differenti da quelli che la “corsa allo spazio” ci ha raccontato. Chapelle gestisce tutto in maniera impeccabile, dalla feroce critica dell’opinione pubblica sui fallimenti della NASA, passando per la rivalità con l’Unione Sovietica e arrivando ad una frase su cui si potrebbe stare a discutere per ore esclamata dalla moglie di Armstrong, in cui taccia quelli della NASA di essere “dei bambini cresciuti che giocano ad andare nello spazio”.
Moglie interpretata da una splendida e in formissima Claire Fox che ruba quasi la scena ad un Gosling che per esigenze di personaggio sembra quasi fare un passo indietro in termini di esuberanza, offrendo una prova più parca e mono caratteriale, con quel viso statico visto già in Drive, ma fondamentale per raccontare una fragilità che traspare con prepotenza all'interno di quel volto quasi apatico.
Ma dove il film esplode e lascia senza fiato è nelle scene d’azione. Chazelle è riuscito nel miracolo che pochi altri film hanno saputo raggiungere: farti sentire seduto affianco agli astronauti. Ogni inquadratura, ogni vibrazione metallica della struttura, ogni primo piano che diventa in alcuni momenti una first person cam, servono per rendere lo spettatore elemento partecipante di quella scena, togliendoli il fiato nei momenti più intensi e riempiendolo di stupore quando da lontano si osserva la terra. Emozioni vere, cavalcate anche da una colonna sonora mai banale ancora una volta curata dal bravissimo Justin Hurwitz, e da una fotografia perfetta, sporca il giusto per apparire vintage.
First Man- Il Primo Uomo è quindi una vera e propria montagna russa di emozioni, in grado di farti empatizzare con un uomo unico e ben interpretato da Gosling. Chazelle, che ha davvero un grande futuro davanti, si conferma un cineasta carismatico e in grado di metterci del suo all’interno di un genere che, tecnicamente, avrebbe poco margine di manovra.