It Capitolo I

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It è forse il libro più conosciuto e riuscito di Stephen King, anche se chi vi scrive trova che l’Ombra dello Scorpione sia insuperabile. E’ però sicuramente l’opera che più di ogni altra ha imposto la figura di King come quella di “Re dell’horror” e probabilmente quella che ha venduto più copie in giro per il mondo. Un tomo di oltre 1200 pagine che parla dell’amicizia di sette adolescenti nella loro fase di passaggio all’età adulta. Sette ragazzi con differenti difficoltà e paure, che uniscono le loro forze per superare, ognuno a proprio modo, questa fase “di passaggio”. Sullo sfondo c’è la loro città d’appartenenza, Derry, sconvolta per il quasi trentennale massacro di bambini, vittime inconsapevoli di un mostro che ogni 27 anni si risveglia dal suo letargo per procacciarsi il cibo necessario per il successivo sonno.

Sarebbe troppo facile pensare che “It”, così lo chiamano i ragazzi, si cibi della carne delle sue giovani vittime. In realtà il metaforico clown che avvicina, seduce e rapisce le vittime, le tortura psicologicamente, cibandosi delle paure e della doppia incapacità di comunicazione e comprensione di cui sono capaci gli adolescenti e gli adulti. D’altra parte è piuttosto difficile raccontare di aver parlato con un clown prigioniero in un tombino, dall’altra è effettivamente difficile credere ad una storia così assurda. In mezzo a tutto questo, i sette ragazzi protagonisti del film troveranno il modo per aiutarsi l’un l’altro e affrontare il mostro.

La produzione di Andy e Barbara Muschietti (sono argentini, non italiani), parte da lontano ed è passata attraverso vari “taglioni” che nel corso di questi anni hanno rimodellato e forse ridotto il progetto iniziale, tanto da suddividere l’opera in due film distinti, con il secondo (che chiude la storia) dipendente dalla riuscita del primo. State tranquilli, comunque, perché ad ora It ha incassato oltre 500 milioni di dollari e all’appello mancano ancora Italia e Giappone.

Anche se sembra impossibile avere dei dubbi sulla riuscita di un progetto così importante, è da dire che effettivamente sono davvero poche le opere di King trasposte al meglio in chiave cinematografica. Se si eccettuano film come Stand By me e Il Miglio Verde, la maggior parte dei libri del Re sono state un vero e proprio fiasco nel passaggio su pellicola. E anche la miniserie TV dedicata a It, uscita nel ’93 non riuscì a rendere giustizia ad un’opera così ricca e complessa, anche se l’interpretazione di Tim Curry nei panni clowneschi di Pennywise rimane comunque come una delle più riuscite della sua carriera.

It Capitolo I

Qui però ci troviamo ad un livello nettamente superiore e non solo per motivi strettamente legati al budget a disposizione (35 milioni di dollari spesi per questo primo capitolo), quanto piuttosto per le tematiche e i contenuti svincolati dal piccolo schermo. Se infatti l’interpretazione di Curry era incentrata maggiormente sul voler essere inquietante e mai troppo diretto, la figura del clown è finalmente svincolata dal dover essere “politically correct” e riesce finalmente a risultare cattiva e malvagia, così come pensata da King. L’interpretazione di Bill Skarsgard è fisicamente perfetta e trasuda quel misto di cattiveria e violenza da cui Curry era stato costretto a prendere le distanze. Vederlo torturare psicologicamente le sue piccole vittime sullo schermo è un sottile e perverso piacere anche per lo spettatore che non può non apprezzare l’approccio mellifluo e “zuccheroso” che ben presto sfocia in una violenza inaudita, quasi grottesca.

Ma non è solo Skarsgard a funzionare perfettamente all’interno della pellicola, ma tutto il cast coinvolto sembra essere stato radiografato alla perfezione dalla produzione e collocato in modo chirurgico all’interno dello scenario. Dal timido e balbuziente Bill, all’ipocondriaco Stan fino ad arrivare a quella ritenuta “facile” Beverly, tutti e sette i membri del “club dei perdenti” interpreta perfettamente il ruolo. Per non parlare poi della parte più malata di Derry. I bulli della città sono dipinti come autentici criminali, contrariamente a quanto visto nella serie TV, dove sembravano quasi sfuggiti alla gravità di Grease. Nicholas Hamilton, alias Harry Bowers, è davvero un piccolo criminale psicopatico e malato, capace di uccidere per il solo gusto di farlo. Ovviamente un ruolo importante è legato all’utilizzo degli effetti speciali che ricorrono molto raramente alla computer grafica e che forse proprio per questo riescono a essere convincenti e molto diretti e a cui si devono perdonare alcuni rari passaggi a vuoto (non dimentichiamoci del budget non certo da kolossal).

Quello messo in scena dai Muschietti non è un film che vive di scene isolate, magari forti ma prive di collante, ma riesce ad avere un filo conduttore solido e comprensibile anche per chi non ha mai letto l’opera originale. Ovviamente i più fedeli fan di King potranno contestare alcune mancanze importanti, come la tartaruga ed alcuni altri episodi che hanno caratterizzato la storia di Derry, ma questi potrebbero essere inseriti come flashback nel secondo film, così come già annunciato dai produttori, che stanno già lavorando sul capitolo relativo all’età adulta dei protagonisti e la successiva “chiusura dei conti” con It.

Sicuramente il successo di questa prima parte porterà diversi vantaggi sulla lavorazione della seconda ma l’augurio è quello che la produzione riesca a rinunciare alle inevitabili scorciatoie derivanti da un budget nettamente più alto per mantenere quel clima così reale e tangibile che si respira per tutti i 130 minuti di quello che si pone come tra le migliori trasposizioni kinghiane mai viste sul grande schermo. In attesa, ovviamente della sua degna chiusura.

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