Jurassic World: Il Regno Distrutto

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Ci verrebbe da dire che è quasi sintomatico. Per una serie che si protrae per così tanto tempo, riuscire ad offrire qualcosa di davvero innovativo, avvincente e che sappia di nuovo, è uno dei compiti più difficili che sceneggiatori e produttori si trovano ad affrontare con questi franchise di lunga data.

Sembrava esserci riuscito il primo Jurassic World che, pur scimmiottando alcune delle caratteristiche del primissimo Jurassic Park, era riuscito ad inserire qualche elemento innovativo credibile e ben implementato all’interno di un parco divertimento moderno. Senza mutare minimamente la formula che da sempre accompagna il franchise giurassico: nasconditi e scappa.

Un nuovo punto di vista

Proprio grazie a questo discreto punto di partenza, ci siamo avvicinati all’anteprima di Jurassic World - Il Regno Distrutto con i più buoni degli intenti e moderato entusiasmo. D’altronde la storia, scritta da Colin Trevorrow e Derek Connolly  ma questa volta diretta da Juan Antonio Bayona sembra porre le basi della narrazione su un percorso completamente differente rispetto al resto della saga.

Dopo diverso tempo dalla caduta del parco ricostruito su Isla Nublar, i dinosauri vivono incontaminati e liberi. Il grosso vulcano che però sovrasta questo paradiso naturale torna in vita, con una preoccupante attività sismica che minaccia la sopravvivenza degli maestosi animali. L’opinione pubblica è divisa: salvarsi o lasciare che si estinguano definitivamente per la seconda volta? In questo clima teso e politicamente complesso (attivisti contro governo) Claire (Bryce Dallas Howard) e il dott. Grady (Chris Pratt), torneranno sull’isola per salvare alcune delle specie attraverso il finanziamento privato del sig. Lockwood amico di vecchia data del Dott. Hammond, padre del primo Jurassic Park.

Una partenza, quindi, piuttosto intrigante, in grado di portare all’interno della saga tematiche quantomai attuali sulla salvaguardia delle specie in pericolo, e sulla “naturalizzazione” di queste bestie create in laboratorio.

Jurassic World: Il Regno Distrutto

Peccato che questo incipit scivola via piuttosto velocemente all’interno di un calderone in cui si buttano dentro un sacco di concetti mal sviluppati. Tutte queste scelte abbozzate si trasformano in un vero e proprio problema quando, nella seconda parte del film, la storia viene trasportata sulla nostra terraferma, in un contesto non completamente nuovo (ricordate The Lost World) ma allo stesso tempo inedito per come vuole essere affrontato.

Ed è qui che la sceneggiatura si perde completamente. I dialoghi diventano quasi scontati e prevedibili, le scelte dei personaggi sono completamente fuori luogo e senza senso, ma necessarie per un epilogo che, giocoforza, punta dritto dritto ad un terzo (e finale?) capitolo.

Potremmo anche dirvi che quello de Il Regno Distrutto è probabilmente un episodio di raccordo tra quello che è stato e quello che sarà della saga, ma anche sotto questa ottica è difficile giustificare alcune scelte che abbattono la sceneggiatura.

Un peccato davvero, anche perché l’idea di modificare l’immaginario sui dinosauri poteva addirittura portare a risultati intriganti; invece, quello che ne esce, è un film che sembra quasi portarli su schermo in maniera confusionaria (eccetto un paio di scene). Tra nuove forme genetiche e un T-Rex ancora una volta macchietta e sparring partner, una computer grafica così di qualità ci è sembrata davvero sprecata.

Problemi che troviamo tutti in questo script purtroppo, anche perché una lancia a favore del regista va comunque spezzata. Bayona dimostra di trovarsi a suo agio con i blockbuster, regalandoci inquadrature e alcune scelte stilistiche (che negli spazi chiusi scivolano quasi sull’horror) che cozzano paradossalmente con quello che viene raccontato.


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