Ken il Guerriero compie 40 anni e torna in sala: cosa aspettarsi dall’edizione restaurata e ridoppiata da Yamato

Yamato Video e Nexo Digital portano nelle sale italiane il mito di Kenshiro con la prima, storica pellicola diretta da Toyoo Ashida. Vale la pena andare al cinema?

di Elisa Giudici

In teoria il prode Kenshiro è un uomo che viene dal futuro. Un futuro fosco, apocalittico, distopico. Sui titoli di testa di Ken il Guerriero - Il film vediamo boschi, fiumi, flora e fauna, che ricorreranno anche nel finale. Entrambe le sequenze sono una visione, un sogno di un’epoca ormai passata. La Terra, devastata da una guerra combattuta ad armi nucleari, è una landa desertica, desolata, alla Mad Max. Difficile poi stabilire quanto queste due visioni fanta-apocalittiche si siano influenzate, quanto una viva della fascinazione per l’altra e viceversa.

Ken è l’altra faccia degli anni ‘80

Ken il Guerriero infatti ha segnato gli anni ‘80 e ‘90 a livello internazionale, tanto quanto l’incubo cromato di George Miller. A 40 anni di distanza dal suo esordio televisivo, arriva nelle sale italiane con il primo film diretto da Toyoo Ashida (che si occupò di altri film della serie). Ken è un uomo del futuro, ma il lungometraggio che ne riassume e in parte modifica la genesi fumettistica e televisiva è un vero tuffo nel passato, che racconta un’epoca. Non tanto quella distopica dove si muove l’allievo della scuola di Hokuto, ritratta in maniera volutamente abbozzata, quanto quella che ne ha generato le gesta. Barocco, truculento, truce, violentissimo, esasperato nella forma, nei modi e nei toni: Il film di Ken il Guerriero è l’altra faccia degli anni ‘80, quella che si butta in un pessimismo cosmico e umano uguale e contrario a quello dell’ottimismo coloratissimo e pop delle frivolezze e dell’adolesceza eterna e cotonata.

Da oggi 14 ottobre 2024 Ken il guerriero torna nelle sale italiane per una distribuzione speciale di soli 3 giorni grazie a Nexo Digital, in un’edizione curata da Yamato Video. Non si tratta di una mera riproposizione. Il film arriva infatti nelle sale dopo un lungo processo di restauro della pellicola originale. In alcuni passaggi in cui non è stato possibile effettuare il processo di “pulitura” della pellicola fotografica, perciò avrete la possibilità di vedere il film nella ssua forma originale poi degradata e impattata dal tempo, che attacca con una patina scura e opaca la pellicola. Lo sbalzo è nettissimo, ma rende di contro evidente il lavoro svolto. Grazie a quest’opera di restauro infatti non solo godiamo del film in alta qualità ma anche con i colori sfacciatamente brillanti di quell’epoca, così lontani dall’animazione giapponese attuale, tutta tinte pastello e palette armoniose. Le fotografie dell’articolo danno un’idea dell’intensità dei colori e dei contrasti, del sangue di un rosso brillante che sgorga a fiumi dalle ferite impresse perforando la carne con le dita.

Ken il guerriero è quasi unantidoto al cinico storytelling contemporaneo

A fronte di questi toni brillanti c’è infatti un film che non conosce sottigliezza o vie indirette. Tutto è drammatico, iper drammatico, urlato, annunciato con battute di un pathos talvolta soffocante. Un dito può perforare la carne lasciando una sorta di stigmata, un colpo può innescare una sorta di conto alla rovescia che culminerà con l’esplosione di una testa. Il protagonista stesso, quasi ucciso dall’amico divenuto poi nemico per questioni di prestigio, di morale e d’amore per una donna, viene gettato in un baratro profondissimo dal fratello invidioso, mossa autorizzata dal Raoul, l’antagonista finale.

Nei primi 10 minuti di film Ken muore e risorge dalle viscere della terra e come prima cosa tira una manata a un grattacielo che lo fa crollare, riapparendo come figura messianica, profondamente puro e retto, ma, se autorizzato dal contesto, capace di violenza terribile. È il diamante grezzo degli shounen manga di combattimento, che poi raffinato diventerà i combattimenti tra Super Sayan di Akira Toriyama, I tradimenti crudeli di Berserk, fino ad arrivare a Bleach, a Naruto e a tutto il resto.

I toni del film sono così esasperati che in qualche passaggio rischiano di tracimare nel ridicolo, ma complice la nostra familiarità con i codici e le esasperazioni del genere shounen da combattimento, complice il fatto che siamo assuefatti (talvolta esasperati) da un’era di storytelling cinico, meta, sempre due passi di lato rispetto a quello che dice, preoccupatissimo di venire preso o prendersi troppo sul serio, Ken il Guerriero è sempre appassionante. La visione è quasi un’antidoto iniettato in endovena, potente. Uno schiaffo, che, dato il soggetto, è una descrizione calzante.

Il ridoppiaggio fa una scelta “vecchia scuola” che funziona

Complimenti poi a Yamato Video, che ha intrapreso un processo di ridoppiaggio dell’intero film. Non mancheranno i nostalgici della prima versione e qualche passaggio di traduzione e adattamento un po’ stonato c’è, ma l’approccio, in generale, è vincente. Questo perché si è optato per una scelta di voci, di cast e d’interpretazione davvero vecchia scuola, la cadenza e l’intensità mai naturalistica, molto teatrale e melodrammatica. Il che si abbina alla perfezione con quanto detto sopra, mentre stonerebbe in un prodotto contemporaneo.

Ken in Guerriero è il combattente del futuro che torna dal passato - dagli ani ‘80 oscuri, violenti, carichi di un eros sottile sfogato sempre a suon di botte e machismo - per regalarci la visione pessimista ma sincera e partecipata di un’epoca ormai conclusa, che oggi pare lontanissima, L’opera di restauro e il doppiaggio molto azzeccato lo rendono una visione che vale il viaggio verso la sala più vicina che lo proietta. Per chi c’era e vivrà un po’ di nostalgia e per chi non c’era, ma scoprirà le origini dei propri shounen del cuore in forma grezza e arcaica nella storia filmica di Ken.