Kinds of Kindness, recensione: a scuola di scrittura creativa con Lanthimos, tra sesso, sette e cannibali

Lanthimos torna alle origini con un film vecchia maniera, sfacciatamente provocatore e aggressivo, ma che non smette mai di essere un esercizio di scrittura creativa. La recensione di Kind of Kindness.

di Elisa Giudici

Quindi, sotto sotto, dietro l'espressione sorniona e sotto la mensola dove conserva i tanti premi vinti negli ultimi anni, Lanthimos un po' d'insofferenza per il mondo degli studios la prova. O almeno, così fa pensare Kinds of Kindness, il progetto girato in gran segreto e a stretto giro dopo il successo di Povere Creature!. Quello presentato in concorso a Cannes è un film destinato a spiazzare chi ama questo regista dopo averlo scoperto con i suoi film in lingua anglofona. Questo pubblico si troverà per la prima volta di fronte al "vero" Lanthimos, o forse solo la sua versione meno addolcita, edulcorata. 

A gioire saranno gli estimatori del Lanthimos degli esordi, quello che girava in lingua greca e esplorava il lato nero più nero dell'essere umani, con un cinismo e un fiuto per la violenza primordiale capaci di concepire scene e svolte di trama raggelanti. Più Il sacrificio del cervo sacro e The Lobster che La Favorita e Povere creature!, ma su tutto il paragone più calzante è quello con Dogtooth. 

Kinds of Kindness però fa storia a sé, perché è sì un ritorno alle origini, ma anche il lavoro di un regista che dal 2009 (anno in cui realizzò Dogtooth) è maturato moltissimo e ha affrontato una profonda evoluzione del suo stile visivo.

In avvio di film è di nuovo il regista delle riprese statiche, della cinepresa incollata al terreno à la Haneke, ma poi cede a un dinamismo ibrido che rendono Kinds of Kindness molto godibile. Ormai l'estrema fruibilità delle sue storie è insita anche nei momenti più autoriali del suo cinema. Fruibile e scorrevole Kinds of Kindness lo è di certo, con l'importante premessa che è comunque una pellicola destinata a un pubblico adulto e a persone a proprio agio con la violenza grafica e psicologica al cinema. Astenersi stomaci deboli, perché per temi trattati e violenza mostrata, bisogna essere parecchio cinici e molto scafati per godersi la visione senza subirla. 

La gentilezza feroce di Lanthimos

Kinds of Kindness è un film antologico, una sorta di trilogia di tre mediometraggi, accumunati dal ricorrere degli stessi attori in ruoli differenti e dl personaggio di R.M.F., sempre evocato nel titolo. I protagonisti delle tre storie sono Emma Stone e Jesse Plemons, alle prese con una tripletta di personaggi controversi e vischiosi. 

Nella prima storia Plemons decide di dire no a una singola richiesta di Raymond (Willem DeFoe) l'uomo che ha dettato la sua esistenza per dieci anni, mandandogli ogni giorni un biglietto autografo con indicazioni precise su cosa indossare, cosa mangiare, a che ora andare a dormire, se fare sesso con la moglie o no. 

Nella seconda storia Plemons è un poliziotto la cui moglie è dispersa da giorni, dopo il naufragio della spedizione scientifica di cui la donna faceva parte. Quando Liz (Emma Stone) ritorna, il marito è certo che quella che ha di fronte non sia davvero sua moglie e cerca di sfruttare la cieca lealtà di quella che crede essere una truffatrice per smascherarla. 

Nel terzo episodio i due interpreti sono gli inviati di una bizzarra setta che cerca una donna in grado di resuscitare le persone. Agli appartenenti alla comunità viene chiesto di bere solo l'acqua purificata dai due fondatori e di astenersi da rapporti amorosi con chiunque a eccezione della coppia a capo della setta.  

Kinds of Kindness è un'antologia del cinismo e della cattiveria di Lanthimos

Sette, cannibalismo, scene di sesso esplicite, continui rimandi a istinti di dominanza, sottomissione, masochismo e sadismo: Kinds of Kindness doppia a destra Povere Creature! per volontà di provocare. Non è tanto il quanto si vede (comunque molto, in termini di violenza, nudità, amplessi, mutilazioni), ma il modo brutale con cui queste scene sono introdotte senza mediazione, senza crescendo. Questo film dà ragione a quanti sostenevano che Povere creature! fosse comunque misurato e guardingo nelle sue provocazioni. 

Oltre al personaggio di R.M.F. e agli attori, non c'è poi molto che leghi i tre episodi del film, tenuti insieme da una serie di fissazioni correnti che innervano da sempre il cinema di Lanthomos: il contesto alto borghese raccontato con sguardo glaciale, il rapporto di estremo controllo con il cibo, quello di potere tra coppie conclamate o persone che provano attrazione reciproca, il testare la lealtà altrui sconfinando nell'autolesionismo, la vertigine di chi subisce il controllo, l'orrore che alle volte ispira la libertà. 

Jesse Plemons deve ringraziare a il regista e la sua buona stella: Kinds of Kindness fa per lui quello che Povere Creature! ha fattio per Emma Stone. I suoi tre personaggi sono tonalmente molto differenti e gli permettono di mettere in mostra il suo notevole range interpretativo. 

RIspetto a un Dogtooth però manca un po' di mordente Lanthimos si diverte a provocare con uno scopo e non solo per il gusto di farlo. Lanthimos qui sembra giocare alla provocazione e alla violenza (e per questo molti detesteranno il film), come il gatto che tormenta il topolino godedosi il suo paesamento. È come se i passaggi più shock del film esistessero perché Lanthimos vuole assicurarsi di scrollarsi di dosso la fama e la stima acquisita a Hollywood, che lo costringono a essere la versione presentabile dell'artista cinico e provocatore. 

È un film che è quasi un gesto di stizza, un divincolarsi, un reminder forte e chiaro per gli studios e per tutti noi: posso essere il provocatore amichevole, se ne ho voglia, ma in realtà sono un pessimista cosmico che dietro i sentimenti più puri d'amore e fraternità tra persone ci vede il nero più nero, l'istinto primordiale al controllo e alla prevaricazione dell'altro. 

A sorprendere semmai è come Emma Stone segua di buon grado Lanthimos, affrontando scene assolutamente brutali e sinistre con innegabile entusiasmo, al pari della collega Margareth Qualley, che da sempre dimostra entusiasmo per progetti estremi e bizzari. 

Cosa manca a Kinds of Kindness? Un po' come al film d'apertura di Quentin Dupieux, la voglia voglia spingersi oltre il divertimento del provocare il proprio pubblico, disattendendone le aspettative, distruggendo quanto pensa di sapere di Lanthimos e del suo cinema.

Tuttavia non è tutto così ben rifinito, così centrato, nemmeno a livello di scrittura. I tre spunti sono molto accattivanti e le soluzioni a cui approva Lanthimos sono ricercate, complesse, anche se con talvotla sotto sotto un po' banali, gratuite (l'utilizzo in apertura di "Sweet Dreams", l'intera risoluzione della seconda storia).