L'esorcismo - Ultimo atto: cercasi disperatamente Friedkin
Crowe buca lo schermo, ma dopo un interessante inizio la sceneggiatura diventa un colabrodo
Anthony Miller è un attore i cui giorni di gloria sono troppo lontani. Incapace di fare pace con il passato, i rimorsi gli hanno liso l'esistenza e imbolsito il fisico, per due anni ha cercato inutile conforto tra alcol e stupefacenti, passando i successivi due a disintossicarsi. La drammatica morte dell'interprete maschile principale di un horror in fase di produzione gli dà una chance di calcare nuovamente le scene, convincendo il regista nel corso di un difficile provino.
Per Tony sembra essere giunto un momento di serenità, riavvicinatosi alla figlia sedicenne Lee, ribelle che lo affianca come assistente sul set. L'opera in fase di produzione lo vede protagonista nei panni di un sacerdote con una fede borderline e troppi scheletri nell'armadio, il quale nonostante tutto decide di aiutare una giovane in preda a possessione demoniaca.
Dopo un felice avvio delle riprese, l'attore appare incapace di dare vita a un personaggio credibile e sul set l'atmosfera si fa cupa e pericolosa. Le crescenti difficoltà all'interno dei luoghi di ripresa si sommano a quelle delle ore passate lontano dai riflettori. Anthony scivola sempre più in una pericolosa zona d'ombra che Lee inizialmente giustifica come eccessiva partecipazione al personaggio, ma qualcosa di più sinistro sembra avere il controllo di corpo e anima del padre.
Un fil rouge lungo oltre 50 anni
Che sia o meno un caso, i due film horror che vedono la partecipazione di Russell Crowe hanno un nesso con il capolavoro di Friedkin, L'esorcista. Ne L'esorcista del Papa ha interpretato niente meno che Padre Gabriel Amorth, vero Decano degli Esorcisti del Vaticano che il compianto regista ha incontrato 40 anni dopo il film del 1973, documentando il sacerdote all'opera.
Questo L'esorcismo – Ultimo atto ha come titolo originale The Exorcism, ma inizialmente doveva chiamarsi The Georgetown Project, nome rimasto all'interno della sceneggiatura e legato alla produzione del film in cui è coinvolto il personaggio di Miller. Omaggio diretto a L'esorcista di Friedkin, che vedeva quella vicenda ambientata proprio a Georgetown, quartiere storico della capitale statunitense di Washington. Titolo provvisorio poi dismesso probabilmente per non suscitare una diversa aspettativa da parte dei fan su un possibile film che ne ripercorresse le tante e tragiche vicende produttive.
Il peso di un grande attore
Il film segna di fatto il debutto in grande stile per Joshua John Miller, già attore che forse qualcuno ricorderà nei panni del piccolo vampiro Homer nel meraviglioso cult horror Near Dark – Il buio si avvicina del 1987. Sua anche la sceneggiatura, scritta assieme a M.A. Fortin, con il quale avevano messo assieme lo script per l'interessante viaggio nel vintage horror The Final Girls del 2015. Questo L'esorcismo – Ultimo atto inizia bene, con una mise en scène piuttosto interessante e inequivocabili richiami a partire proprio dal film del 1973. Una partenza che cattura l'attenzione e la scelta (affatto sbagliata) della regia di concentrarsi sull'incredibile espressività di Crowe.
Con la sensazione di aver tenuto il più possibile a distanza quello che appare come un irriducibile imbolsimento, alla stregua di Coppola in Apocalypse Now sfruttando molto più i primi piani, il carisma dell'attore neozelandese buca lo schermo, accompagnato peraltro dalla bravura di Ryan Simpkins, che interpreta Lee, così come Adam Goldberg nel ruolo del regista. Ahimè Sam Worthington (Terminator Salvation) è attore di secondo piano in quel film e fin troppo in ombra rispetto alla sceneggiatura.
Con un notevole montaggio che lancia brevissimi lampi di luce sul passato di Miller, si arriva quasi a metà racconto sempre meno convinti di quello a cui si sta assistendo. I buchi di sceneggiatura diventano voragini, così come la continuity narrativa subisce pesanti scossoni che la rendono ancor meno digeribile. Sorvolando su una sorta di nulla di fatto rispetto alla tragedia che colpisce l'attore nel prologo, si sbatte letteralmente contro gli orrendi eventi che finiscono per far debordare il racconto oltre misura.
Troppi vuoti a perdere nello script
Se chi è stato chierichetto in tenera età, a distanza di oltre 40 anni si mette a parlare in latino, seminudo, urinando in un lurido sotterraneo, va da sé che scatenerebbe un allarme rosso psichiatrico da parte del parente che assiste alla scena, ma non qui. L'orrore di cui è sempre più preda il set del film non sembra preoccupare più di tanto i presenti se non dopo un efferato omicidio, così come il totale cambio di registro del protagonista prima dell'epilogo non ha alcuna giustificazione, arrivando ai titoli di coda senza peraltro aver approfondito i suoi oscuri trascorsi.
L'esorcismo – Ultimo atto è una vera e propria occasione persa, confusionario, con un regista ammirabile per il tentativo di creare una fresca scena orrorifica riuscendoci solo in minima parte. Con uno script più solido è molto probabile che Joshua John Miller possa accendere una diversa luce sulle sue notevoli capacità di narratore visivo.