La ballata dell'usignolo e del serpente, recensione: gli Hunger Games tornano più graffianti e adulti che mai
Che zampata questo ritorno del franchise degli Hunger Games! La ballata dell'usignolo e del serpente rischia di essere il miglior film della serie.
A dieci anni dall’esplosivo successo del primo film della saga di Hunger Games, il fenomeno young adult al cinema si è definitivamente esaurito. A sopravvivergli, alla fine, è stato l’adattamento da cui tutto è nato. Quello tratto dalla trilogia di romanzi best seller di Suzanne Collins con protagonista una Jennifer Lawrence entrata nell’Olimpo hollywoodiano proprio grazie al ruolo di Katniss, la ragazza di fuoco, il volto di una rivoluzione, la sopravvissuta agli intrighi politici di Panem.
Giova ricordare che il trend degli young adult in libreria vive e prospera, anche se dal filone distopico si è spostato più sul fantastico. Si è invece definitivamente esaurita la voglia, la pretesa, il tentativo di trasporre i romanzi adolescenziali fantascientifici a carattere apocalittico passati (The Giver, Il gioco di Ender) e presenti (Divergent, The Maze Runner) in film di successo. Dopo un decennio bisogna constatare quanto poco abbiano lasciato dietro di sé i film young adult: una manciata di giovani attori alle prese con un successo ricco di saliscendi (Dylan O’Brien, Shailene Woodley, Asa Butterfield), un paio di pellicole passabili, tanti, tantissimi lungometraggi giustamente finiti nel dimenticatoio.
Hunger Games però è fatto di una pasta diversa. Gli Hunger Games sono entrati nell’immaginario collettivo, persino come modo di dire. Jennifer Lawrence è diventata una star, ma anche Woody Harrelson, Jena Malone e Sam Claflin hanno ricevuto una bella iniezione di visibilità nelle loro carriere, che hanno saputo più o meno sfruttare. Hunger Games ha una storia di partenza più solida e intrigante dei suoi epigoni, anche se Collins a volte si limitava ad abbozzarla con la sua scrittura secca, dritta al punto.
La saga ha goduto di una produzione che ha lavorato al meglio sul progetto, trattandolo da film di serie A e curando il casting con attenzione, convinta di poterlo trasformare in un successo. Dal secondo capitolo della serie ha poi trovato in Francis Lawrence il regista perfetto per condurre in porto l’intera operazione, nonostante le difficoltà e gli intoppi che la narrazione presenta nell’evoluzione finale.
Francis Lawrence è l’eroe poco celebrato dietro gli Hunger Games, richiamato alle armi 10 anni dopo per tentare un’impresa altrettanto complicata: portare in porto il prequel che solo i fan e i lettori attendevano. Non è un autore, non è un regista dai grandi guizzi, ma è un professionista che conosce il suo mestiere e lavora molto, molto bene. Tanto che La ballata dell'usignolo e del serpente è molto più di un prequel dignitoso: è un film riuscito e avvincente a tutto tondo, che parla direttamente al pubblico adulto e finisce per oscurare l’intera quadrilogia originale.
Nel 2023 Hunger Games torna a fare centro con una gran bella pellicola, il cui cast è ancora più capace e intrigante dell’originale, la storia si fa più oscura e abrasiva, le ultime titubanze adolescenziali vengono messe da parte per tirar fuori un film più che buono, che fareste bene a vedere anche se degli Hunger Games originale non sapete nulla. Anzi, rischiate di divertirvi ancora di più
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- La trama di La ballata dell'usignolo e del serpente
- La ballata dell'usignolo e del serpente è un prequel riuscitissimo
La trama di La ballata dell'usignolo e del serpente
Nel primo film di Hunger Games Katniss si offre volontaria come tributo per salvare la sorellina dalla partecipazione alla settantaquattresima edizione degli Hunger Games, patrocinata dal presidente di Panem Coriolanus Snow. In La ballata dell'usignolo e del serpente è in corso d’organizzazione la decima edizione degli Hunger Games, una macabra tradizione che sembra destinata ad essere presto cancellata.
Sessantaquattro anni prima l’inizio della rivolta Panem sta faticosamente ricostruendo un’unità nazionale dopo la spaventosa guerra civile che l’ha travolta. I giochi, concepiti come memento per gli sconfitti e come punizione per i loro figli, sono uno spettacolo arcaico e brutale, che poco interessa agli stessi abitanti della capitale. Tra di loro c’è anche l’erede decaduto degli Snow, il giovane Coriolanus (Tom Blyth). La ribellione del padre durante la guerra ha trascinato la famiglia nell’onta e nella miseria. Coriolanus frequenta l’Accademia e i rampolli della classe dirigenziale del paese, ma in realtà stenta a trovare da mangiare per sé, la cugina e la nonna; gli ultimi sopravvissuti della dinastia Slow.
In concomitanza con la decima edizione degli Hunger Games, la potente e crudele dottoressa Volumnia Gaul (Viola Davis) decide di selezionare 24 studenti a cui affidare il ruolo di mentore. La donna spera così di riaccendere l’interesse della capitale sui giochi ed evitarne la cancellazione. Coriolanus intuisce di avere un’occasione si rivalsa, specie quando il tributo donna del Distretto 12 si rivela essere Lucy Gray Baird (Rachel Zagler). Cantante dotatissima e ribelle di natura, Lucy Gray non ha grande potenziale offensivo, ma è scaltra, piena di risorse e ha la capacità di conquistare il pubblico.
Mentre vengono gettate le basi per la costruzione del grande spettacolo d’intrattenimento che diventeranno gli Hunger Games, Coriolanus decide di mostrarsi amico della ragazza e di aiutarla concretamente per cercare di vincere i Giochi.
La ballata dell'usignolo e del serpente è un prequel riuscitissimo
Non capita spesso di vedere un prequel che chiarisca il perché della sua esistenza narrativa e commerciale in un pugno di scene, dando l’impressione nel suo sviluppo di essere la versione migliorata, potenziata ed evoluta di ciò che l’ha preceduto.
Il prequel di Hunger Games si dimostra all’altezza dei migliori film della saga e spesso anche migliore. Un risultato impressionante e in controtendenza con la logica dei sequel fatti per tentare di capitalizzare sul successo della saga a monte. Il segreto di questo risultato? Lo stesso che ha consentito il successo della saga primigenia.
Innanzitutto c’è una storia solida, interessante. Suzanne Collins torna sull’idea semplice ma d’impatto degli Hunger Games e prova a immaginarla nella sua fase primigenia, appena abbozzata, rendendo più esplicito e ficcante il discorso sulla spettacolarizzazione della brutalità, sull’intrattenimento come oppio del popolo e strumento politico.
Così come nella prima quadrilogia, c’è una grande attenzione al cast, un mix perfetto di star patinate ma fantastiche in ruoli oscuri e dark - Viola Davis folle e sadica, Peter Dinklage cinico e baro - e giovani leve che sicuramente rivedremo presto. Rachel Zagler non è una quasi sconosciuta come Jennifer Lawrence, ma conferma di avere l’attitudine da theatre kid (le canzoni sono tutte cantate dal vivo) e una certa sfrontatezza che la rende un interprete carismatica ma spesso tagliente. Tra tanti giovani promettenti però a uscirne vincitore è il protagonista Tom Blyth, che ci regala l’adolescenza complicata di un futuro dittatore mettendoci l’umanità necessaria a non far sembrare il ruolo uno stereotipo, un passaggio obbligato.
Il più bravo di tutti e il più dimenticato è Francis Lawrence, che dirige un blockbuster con velleità adulte e del tutto sviluppate, che farà bene al botteghino perché il passaparola sarà positivo. Non era facile lanciare il messaggio che un ex saga per ragazzine fosse cresciuta fino a diventare intrattenimento mainstream di una certa profondità. Lawrence ci riesce, tenendo insieme un film con una chiara riflessione politica, gestendo ottimamente la crudeltà esplicita dell’arena con quella implicita delle macchinazioni politiche e dei tradimenti.
Non solo: nelle mani sue, di Zagler e di Blyth gli ultimi 20 minuti di film diventano una rappresentazione potente di certe dinamiche di coppia guastate dall’immagine che un uomo ha di sé quando pensa ai sentimenti come a una debolezza, all’amore come possesso, rivedendo nell’altro i proprio tradimenti e meschinità. Il fatto che il personaggio di Lucy Gray rimanga un enigma insoluto in un film che invece ha un finale pienamente compiuto è la ciliegina sulla torta.