La Conseguenza
Mia Wasikowska, Saoirse Ronan e ovviamente Keira Knightley: ci sono attrici che sembrano nate qualche decennio o qualche secolo fa, la cui bellezza “classica” si adatta alla perfezione al mondo antico, o almeno all’immagine che ne abbiamo ricavato attorno noi contemporanei.
Con il suo collo da cigno, le membra allungate, il pallore da “rosa inglese” e i colori castani della sua chioma, Keira Knightley sembra proprio l’epitome delle dame che occhieggiano allo spettatore dai ritratti appesi nei musei inglesi. Lo sa bene Joe Wright, regista che l’ha trasformata nella sua musa e nel suo feticcio, regalandole alcuni dei suoi ruoli più iconici. Lizzie Bennet in Orgoglio e Pregiudizio, l’indimenticabile Cecilia Tallis in Espiazione e una delle icone femminili della letteratura classica, Anna Karenina. Forse non a caso l’improvviso diradarsi d’impegni nella carriera dell’attrice inglese è dovuto (anche) a un periodo professionale non semplice per in connazionale amico e regista.
La conseguenza non è il grande ritorno dell’attrice, bensì un film di medie dimensioni e contenute aspettative, l’ideale per saggiare il terreno e riprendere il ritmo cinematografico, o forse per continuare la silenziosa striscia di un paio di film (in costume) l’anno disegnata dalla carriera di Keira Knightley nell’ultimo periodo. Prima di questo melodramma ambientato dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale infatti l’avevamo vista nel flop disneyano Lo schiaccianoci e i quattro regni e in Colette.
Al fianco della protagonista, moglie inglese all’apparenza frigida ma in realtà devastata da un recente lutto, c’è il lui ufficiale (Jason Clarke nel ruolo di un marito affettuoso e un militare capace) e l’altro, l’odiato nemico tedesco, un ex architetto a cui il fascinoso e sempre più convincente Alexander Skarsgård presta i lineamenti. Non è difficile immaginare dove si andrà a parare. Arrivata nella Amburgo ridotta in macerie del 1945 per stare al fianco del marito comandante della zona occupata dai vincitori inglesi, Rachel si troverà ad “occupare” la splendida casa requisita di Stefan Lubert. Contrariata all’idea di vivere con gli ex occupanti della casa a cui il marito, impietosito, ha concesso di occupare la soffitta, la donna comincerà una difficile relazione con il tedesco e la sua adolescente figlia ribelle: dopo tanti freddi silenzi e contrasti più o meno espliciti, tra i due scocca una scintilla inaspettata: quella della passione.
Non passa mai troppo tempo tra un film ad ambientazione pre/post nazista e il successivo; per il mondo del cinema anglosassone quel drammatico periodo storico è una miniera senza fine di storie vere o immaginarie da portare su grande schermo per raccontare la violenza della guerra e il miracolo dell’amore. La piacevole sorpresa è che La conseguenza, senza strafare, risulta uno dei più riusciti progetti visti negli ultimi anni in questa prolifica, ipertrofica produzione. Dalla sua non ha nulla di davvero memorabile o innovativo da raccontare, ma grazie alla silenziosa, elegante regia di James Kent fa quello che ci aspettiamo che faccia un melodramma di questo tipo al meglio delle sue possibilità.
Sembra un controsenso, ma il film trae la sua forza proprio dal percorrere il sentiero più consueto e prevedibile, quasi a dare una nota di autenticità al suo racconto, tratto dall’omonimo romanzo di Rhidian Brook (che ha sceneggiato anche il film). La conseguenza si prende tutto il tempo del mondo per evolvere la relazione tra Stefan e Rachel, senza costringere il marito nell’inutile e scomodo ruolo della figurina del fesso, del geloso patologico o del violento così ingiustificabile da rendere l’adulterio della consorte un atto positivo. Il film attende a lungo prima di dare corso alla passione, ma ha anche il merito di non scappar via dal versante carnale della storia, con un paio di intercorsi comunque eleganti, ma che cercano di essere sensuali oltre le convenzioni delle classiche scene tra le lenzuola.
Anche negli sviluppi delle sue fasi avanzate il film regge, dando complessità ai tre protagonisti e alle loro reazioni, senza esagerarne, decidendo di metterne in risalto l’intelligenza, l’essere maturi e segnati dalla guerra, magari col fardello di scoprirsi irrimediabilmente inglesi nel caso dei coniugi Morgan. Eppure La conseguenza non conquista davvero, nonostante i sontuosi ambienti e i bellissimi costumi di Bojana Nikitovic. Il suo limite maggiore sembra essere proprio la sua protagonista, Keira Knightley. Non è la sua prova peggiore, e anzi risulta molto maturata rispetto al passato, ma viene adombrata dalla bravura di Jason Clarke e soprattutto dal sempre più sorprendente Alexander Skarsgård. Quest’estate aveva stupito ed impressionato per come era riuscito a tenere testa a Michael Shannon in The Little Drummer Girl, qui dà prova di avere una sensibilità recitativa ormai raffinata. Chi se lo sarebbe aspettato dal “bellone” lanciato da True Blood?