La Grande Scommessa

di Francesca Perozziello
L'economia non é l'argomento più divertente che esista. E raccontare la crisi economica al cinema? Ancora più noioso. Deve saperlo bene il regista Adam McKay, che con La grande scommessa ha provato a fare l'impossibile: rendere semplice e accattivante lo sviluppo della crisi economica esplosa nel 2008. Una sfida senza speranze? Provare per credere...

Amico di Will Ferrell, McKay é noto principalmente come regista del Saturday Night Live e per aver diretto diversi film con lo stesso Ferrell, fra i quali I poliziotti di riserva e Ricky Bobby - L'uomo che sapeva contare fino a uno. Visti i precedenti, forse in pochi sospettavano che McKay fosse in grado di portare sul grande schermo un argomento tutt'altro che leggero e farlo raccontare, per oltre due ore di film, da un gruppo eterogeneo di star hollywoodiane.
La grande scommessa ricorda quei documentari che cercano di raccontare la scienza ai bambini usando parole semplici e disegni, così da far capire passo passo cosa stia accadendo. E' proprio questa la strategia messa in atto dal film, dove anche Selena Gomez e Margot Robbie fanno un cameo per spiegare allo spettatore i concetti basilari dell'economia e le insidie del mercato immobiliare.



Proprio dal mercato immobiliare prende le mosse la nostra storia, perché Jared Vennett, un Ryan Gosling tinto di nero per l'occasione, ci riporta indietro negli anni '70 mostrandoci quali siano le radici degli avvenimenti scoppiati nel biennio 2007-2008. Un'introduzione che, fin dai primi minuti, punta sulla semplicità e sulla linearità, con lo scopo di chiarire le idee allo spettatore invece che confonderle ulteriormente. Anche chi, in mezzo al pubblico, farà finta di sapere tutto (ma proprio tutto) per fare bella figura, si sentirà chiamato in causa più di una volta e non potrà che trarre giovamento dalle spiegazioni, quasi didattiche, dei protagonisti del film.

La grande scommessa, nella sua trasposizione cinematografica, é davvero una sorta di "Manuale di economia per negati", anche perché si avvale con insistenza del fermo immagine come momento di pausa per permettere allo spettatore di immagazzinare i concetti esposti sullo schermo.
All'interno di questa veste educativa confezionata nel modo più interessante possibile, troviamo un cast di tutto rispetto, che sicuramente vi sorprenderà per come riesca a funzionare bene nel suo insieme.

Christian Bale é Michael Burry, l'investitore che, per primo, si accorse della bolla del mercato immobiliare americano, ma al quale nessuno volle credere. A causa del suo carattere solitario ed eccentrico, Burry viene ritenuto pazzo quando prevede l'imminente collasso economico: Bale é sicuramente all'altezza del suo personaggio, del quale mostra al tempo stesso la genialità e le mille sfaccettature.

Anche se non si tratta della sua prima parte "seria", Steve Carell é, un po' come McKay, conosciuto più come interprete comico. E la maledizione dei comici, si sa, é quella di dover faticare più degli altri per far capire al pubblico il proprio valore con ruoli diversi dal solito. Carell é il chiaro esempio dell'infondatezza di questo pregiudizio, perché con il suo Mark Baum riesce davvero a convincere. Poco importa se quello di Baum é un nome fittizio usato per coprire il vero trader, cioé Steve Eisman: ciò che conta é lo spirito del personaggio, irriverente e contrario ad ogni sotterfugio sia sul lavoro che nella vita reale.



Fra i produttori della pellicola troviamo Brad Pitt, che nel film si é ritagliato un ruolo più marginale del solito, ma che con il suo banchiere in pensione, Ben Rickert (alias Ben Hockett), risveglia le coscienze di due giovani investitori, troppo attenti al profitto economico e non altrettanto solerti nel considerare le conseguenze delle proprie azioni sulla vita del cittadino medio.

Il giudizio su La grande scommessa non può che essere positivo. Anche se, a tratti, possiamo chiaramente percepire tutta la volontà del regista e della produzione di alleggerire il carico di concetti e informazioni, nel complesso il film funziona bene. La durata della pellicola, non proprio quella di un cortometraggio, viene ulteriormente alleggerita dalla bravura degli interpreti, impegnati a rendere brillante un tema fra i più difficili da trattare.