La Ragazza del Treno
di
L'adattamento cinematografico di quello che é stato il thriller più venduto e letto del 2015, La Ragazza del Treno, condivide con il romanzo che lo ha ispirato l'aspirazione principale: essere l'erede di Gone Girl - L'amore Bugiardo. Il risultato però - sia sul fronte cartaceo sia su quello cinematografico - é tristemente lo stesso: La Ragazza del Treno non sfiora nemmeno il livello del suo illustre predecessore.
In questo caso il thrillerone da battaglia partorito da Paula Hawkins forniva alla produzione un'ottima possibilità di migliorare il materiale di partenza. La sparizione di una donna spiata in continuazione dal finestrino del treno che la protagonista - ex alcolizzata che non riesce ancora ad accettare di essere stata sostituita dal marito con una nuova donna - e il consistente dubbio che Rachel più che una testimone possa essere implicata nella vicenda erano un punto di partenza davvero buono. Aggiungiamoci una protagonista inconsueta, dipendente dagli alcolici e perseguitata da buchi di memoria post-sbronza e il sempre verde filone degli uomini che odiano le donne e il film si poteva portare a casa con relativa facilità.
Invece una produzione svogliata e un regista che con David Fincher non ha davvero nulla da spartire (Tate Taylor, The Help) riescono persino a sprecare il cast di tutto rispetto che si ritrovano tra le mani. Si rischia di ripetersi elogiando la bravura di Emily Blunt, qui particolarmente indicata per una certa spigolosi di carattere e durezza dello sguardo che rende la protagonista Rachel ancora più drammatica e realistica. Anche una sempre più in ascesa Rebecca Ferguson e un volto nuovo e inquieto come quello di Haley Bennett fanno il lavoro, anche se la migliore é forse Allison Janney, capace di trasmettere tutta la sgradevolezza e il cinismo della detective del romanzo. I comprimari maschili invece sono assolutamente trasparenti, ma in un film che si affida a una storia e a un cast tutto femminile va bene così.
Quello che non funziona é una regia senza delicatezza né gusto, tanto che bastano 5 minuti di flashback sfocati e tremolanti per rimpiangere amaramente Fincher, per non parlare di una sceneggiatura che tira avanti a forza di voice over e spiegazioni. Quando apporta un cambiamento, non lo fa in senso migliorativo rispetto al romanzo, ma per attuare una serie di discutibili variazioni allo stesso (perché mai la storia non può essere ambientata a Londra ma deve essere trasferita a New York?).
In questo caso il thrillerone da battaglia partorito da Paula Hawkins forniva alla produzione un'ottima possibilità di migliorare il materiale di partenza. La sparizione di una donna spiata in continuazione dal finestrino del treno che la protagonista - ex alcolizzata che non riesce ancora ad accettare di essere stata sostituita dal marito con una nuova donna - e il consistente dubbio che Rachel più che una testimone possa essere implicata nella vicenda erano un punto di partenza davvero buono. Aggiungiamoci una protagonista inconsueta, dipendente dagli alcolici e perseguitata da buchi di memoria post-sbronza e il sempre verde filone degli uomini che odiano le donne e il film si poteva portare a casa con relativa facilità.
Invece una produzione svogliata e un regista che con David Fincher non ha davvero nulla da spartire (Tate Taylor, The Help) riescono persino a sprecare il cast di tutto rispetto che si ritrovano tra le mani. Si rischia di ripetersi elogiando la bravura di Emily Blunt, qui particolarmente indicata per una certa spigolosi di carattere e durezza dello sguardo che rende la protagonista Rachel ancora più drammatica e realistica. Anche una sempre più in ascesa Rebecca Ferguson e un volto nuovo e inquieto come quello di Haley Bennett fanno il lavoro, anche se la migliore é forse Allison Janney, capace di trasmettere tutta la sgradevolezza e il cinismo della detective del romanzo. I comprimari maschili invece sono assolutamente trasparenti, ma in un film che si affida a una storia e a un cast tutto femminile va bene così.
Quello che non funziona é una regia senza delicatezza né gusto, tanto che bastano 5 minuti di flashback sfocati e tremolanti per rimpiangere amaramente Fincher, per non parlare di una sceneggiatura che tira avanti a forza di voice over e spiegazioni. Quando apporta un cambiamento, non lo fa in senso migliorativo rispetto al romanzo, ma per attuare una serie di discutibili variazioni allo stesso (perché mai la storia non può essere ambientata a Londra ma deve essere trasferita a New York?).