La ragazza delle renne: la recensione del film svedese e quello che c'è da sapere sui Sami

La ragazza della neve, il film svedese di Netflix che ci parla del popolo Sami

di Chiara Poli

C’è quel momento, vicino al crepuscolo, in cui il bianco del cielo non si distingue più da quello della neve. La fotografia de La ragazza delle renne replica alla perfezione quel momento, con le sensazioni che lo accompagnano: la sensazione che tutto - il cielo e le distese innevate - sia infinito.

Ma nel film svedese su Netflix dal 12 aprile tutto, in realtà, è perfettamente definito. Confini (che non si rispettano), tradizioni (che molti osteggiano), criminalità (su cui la polizia indaga malvolentieri), e naturalmente il popolo Sami (che viene chiamato “lappone” in senso dispregiativo).

E se sei una donna, anche nel popolo Sami non conti niente. Non puoi votare al Consiglio. Non vieni ascoltata. Lo sa fin troppo bene Elsa (Elin Oskal) che sfida la tradizione per far sentire la propria voce, contrariando tutti gli uomini presenti, a cominciare dal padre. Ma sarà solo l’inizio dell’incubo per Elsa.

La trama de La ragazza delle renne


Elsa è appena una bambina ma sta per vivere una grande emozione: potrà scegliere la “sua” prima renna, portando avanti la tradizione di famiglia col mestiere di allevatrice. Elsa infatti appartiene al popolo Sami, che in Svezia vive principalmente con l’allevamento delle renne. Ma poco dopo aver instaurato un legame con la sua nuova cucciola, Elsa assiste a una grande crudeltà e si scontra con un mondo che rifiuta lei e la sua cultura. Una volta adulta, Elsa dovrà affrontare l’incubo di quando era bambina, lottando per la propria indipendenza e per salvarsi la vita e garantirsi un futuro.

Chi sono i Sami? Cultura e tradizione del popolo indigeno che alleva renne


I Sami della Svezia sono un popolo con una storia millenaria e una cultura ricca e diversificata, che si distingue per la sua stretta connessione con la natura e la sua lingua unica. Nonostante le sfide poste dall'urbanizzazione e la globalizzazione, la cultura sami continua a prosperare attraverso la preservazione delle tradizioni e la promozione della lingua e delle pratiche culturali.

La società sami è tradizionalmente organizzata in gruppi familiari chiamati Siida, che condividono risorse e si spostano insieme. Questi gruppi erano guidati da una figura di autorità, spesso la persona più anziana, che aveva il controllo su vari aspetti della vita quotidiana, come la caccia, la pesca e la migrazione. Alcuni Sami erano nomadi, mentre altri vivevano in insediamenti permanenti.

Le abitazioni sami tradizionali includono il goathi, una capanna mobile rivestita di tessuto, torba o legname, e il lavvu, un rifugio temporaneo utilizzato per seguire le mandrie di renne. Queste abitazioni erano costruite con un’attenzione particolare alla cura e alla cura della natura, riflettendo la stretta connessione dei Sami con il loro ambiente.

La cultura sami è ricca di tradizioni e pratiche uniche, come la caccia di renne, la pesca, e l’artigianato tradizionale. La musica sami, in particolare, è un elemento fondamentale della cultura sami, con strumenti musicali tradizionali come il tamburo di renna e il flauto sami.

Oggi, molti Sami vivono in città e lavorano in vari settori, ma mantengono viva la loro cultura e lingua attraverso scuole, centri culturali e organizzazioni che promuovono la loro lingua e la loro cultura. In Svezia ci sono anche istituzioni come il Sami University College a Kautokeino, che offre formazione in lingua sami e altre discipline.

Fisicamente indistinguibili dagli svedesi, se non per gli abiti tradizionali che indossano proprio per mantenere la propria identità, i Sami sono un popolo indigeno che vive principalmente in Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia. La cultura sami è profondamente radicata nella tradizione e nella natura, con un’importante dipendenza dalle renne, che sono al centro della loro economia e identità culturale.

In Svezia, i Sami sono conosciuti per la loro lingua unica, che è una delle lingue indigene più settentrionali del mondo. La lingua sami è parlata da circa 20.000 persone fra Svezia, Norvegia, Finlandia e Russia. La lingua sami è scritta in un alfabeto basato sull’alfabeto latino, con alcune lettere aggiuntive per rappresentare suoni specifici.

Gli allevatori di renne in Svezia, appartengono principalmente al popolo Sami e allevano queste creature per una serie di motivi legati alla loro cultura, economia e sussistenza. Le renne sono un elemento centrale della vita dei Sami, fornendo carne, pellicce e corna - usate per articoli di abbigliamento, accessori e decorazioni -  che sono utilizzate sia per il consumo diretto che per la vendita. Inoltre, l’allevamento delle renne viene usato per fornire animali da traino per slitte e per la produzione di prodotti derivati.

Inoltre, alcune renne sono tenute in aree recintate durante l’inverno per proteggerle dagli incidenti stradali, un problema comune in Svezia, dove le renne possono essere facilmente coinvolte nel traffico veicolare.

L’allevamento di renne in Svezia è minacciato da vari fattori, tra cui il cambiamento climatico e l'espansione dell’industria eolica e mineraria. Questi sviluppi stanno riducendo i pascoli naturali delle renne, mettendo a rischio la loro sopravvivenza e il futuro dell’allevamento.

Un thriller innevato fra depressione e contraddizioni


Coccolare un animale che hai appena mutilato, un cucciolo. Mutilato in modo inutile e doloroso solo per indicare che è in qualche modo di tua competenza, seguendo una antica tradizione che dovrebbe essere cancellata. Ma che viene poi ribaltata, facendo della mutilazione una sorta di feticcio nella storia di una bambina che assiste al massacro della “sua” renna da parte di un bracconiere (a quanto ne sappiamo, ma le cose non stanno proprio così). Una storia in cui l’aurora boreale è formata dalle anime di chi non c’è più, ma ci sono anche i cambiamenti climatici, la depressione e le contraddizioni degli allevatori che affermano di amare gli animali per poi mandarli al macello o farne pellicce.

La ragazza delle renne ci fa immergere nella storia del popolo Sami, ma la porta ai giorni nostri per evidenziare tutte le incompatibilità del loro stile di vita con il mondo di oggi.

Un mondo fatto di odio, in cui la vita - umana o animale - non ha più alcun valore, se non il mero valore economico.

Il contrasto fra chi vuole portare avanti tradizioni obsolete e chi quelle tradizioni non le ha mai accettate per principio è il fulcro narrativo del racconto.

Ma il vero, grande tema del film, oltre al cambiamento climatico che detta legge in fatto di tradizioni, è rappresentato dal sottotesto relativo alla depressione e al suicidio.

La depressione può essere influenzata da una serie di fattori, tra cui l’accesso ai servizi sanitari (non a caso inserito nel film), l’isolamento sociale e le sfide legate all’identità culturale e alla discriminazione.

I Sami, come molte altre popolazioni indigene, possono trovarsi ad affrontare sfide uniche, che hanno spesso conseguenze sui tassi di depressione. Queste sfide possono includere la discriminazione, la mancanza di riconoscimento ufficiale della loro lingua e cultura e le difficoltà nell’accesso a servizi sanitari adeguati. Senza dimenticare la transizione da una vita semi-nomade a uno stile di vita più sedentario, spesso associata all’urbanizzazione e all’industrializzazione e portatrice di cambiamenti significativi nella vita quotidiana dei Sami, con un impatto negativo sulla salute mentale.

La regista e sceneggiatrice Elle Márjá Eira esplora temi di identità, perdita e riscatto.

Lo sguardo e il punto di vista femminile coincidono con quelli di Elsa, la protagonista che tutti additano come una ribelle quando si limita, in realtà, a fare cose del tutto normali agli occhi degli spettatori.

Mentre una grande tristezza pervade anche noi di fronte allo spettacolo di un mondo anacronistico che lotta insensatamente per restare in piedi. Proviamo compassione per gli animali, empatia per la protagonista, senso di smarrimento nell’assistere a qualcosa che si ostina a vivere di convinzioni che qualsiasi ragionamento razionale smonta in un secondo.

Affermare di rispettare la natura non significa sfruttarla. I tempi in cui l’economia si basava sull’allevamento sono destinati a diventare sempre più distanti, con buona pace del pianeta e di un’industria che lo danneggia irrimediabilmente. Per non parlare del tema etico: uccidere un animale è considerata una crudeltà, a meno che non lo si uccida per mangiarlo o per scuoiarlo. Un concetto pieno di senso dal punto di vista legale, ma totalmente privo di coerenze dal punto di vista esterno, cioè quello dello spettatore.

Le renne, in fondo, sono gli animali che trainano la slitta di Babbo Natale. Chi vorrebbe mai vederle ridotte a carcasse per fini economici?

Sono queste le sfide morali ed etiche di fronte alle quali La ragazza delle renne ci pone, in modo efficace.

A ciascuno spettatore resta la propria sensibilità, la propria idea di natura e naturale, il proprio sentimento nei confronti degli animali e delle minoranze etniche. Una cosa, una sola, è innegabile: se arrivi a suscitare un dibattito, che sia fra più persone o una riflessione intima e solitaria, hai raggiunto il tuo scopo. E difficilmente il tuo film verrà dimenticato in fretta.