La recensione di Ad Vitam: il film franco-belga di Netflix che finisce in un'americanata
Un buon inizio mandato all'aria da una trama banale e scene inverosimili
Palese imitazione dei film d’azione americani incentrati sui corpi di polizia e le forze speciali, Ad Vitam su Netflix è il film francese che parte incuriosendo lo spettatore e finisce deludendolo…
La trama di Ad Vitam
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Franck Lazareff (Guillaume Canet, che qualcuno, non certo io, considera il Patrick Dempsey francese) è un ex agente del GIGN (le forze speciali della Gendarmeria francese) che ora lavora come sovrintendente ai lavori della cattedrale di Notre-Dame. Quando l’appartamento dei Franck e della moglie Leo (Stéphane Caillard) viene messo più volte a soqquadro, Leo capisce che suo marito le sta nascondendo un segreto. Un segreto molto pericoloso, che porterà entrambi a lottare per la vita ripercorrendo il proprio passato…
Made in France
Co-produzione franco-belga, questo film vorrebbe essere una risposta europea ai mille film dello stesso genere made in USA. Purtroppo, dopo una partenza più che dignitosa - arricchita dalle suggestive immagini di Notre-Dame - col passare dei minuti le belle sorprese iniziali iniziano a calare e si arriva alle assurdità. Fare quella che si definisce “un’americanata” in un film non americano non era semplice. Eppure, Rodolphe Lauga - regista e co-sceneggiatore insieme all’attore protagonista e a David Corona - ci riesce benissimo.
Tutto il mistero che ci incuriosisce all’inizio ci viene svelato con quel salto indietro nel tempo prima di 10 anni - all’addestramento e alle nuove reclute entrate nel GIGN - e poi di 1 anno, per ricostruire la vicenda per cui Franck viene perseguitato oggi.
Ed è qui che iniziano i guai.
Originalità, questa sconosciuta
Perché la solita, trita e ritrita teoria del complotto francamente ha stufato. Come tutto il resto, che poi non è nulla di nuovo: un’operazione non condotta in modo ligio alle regole va male e il capo della squadra - Franck - ne paga le conseguenze… Ma mai quanto chi ci rimette la vita. Seguono, come previsto, senso di colpa, desiderio di fare giustizia, voglia di svelare la verità e bla, bla, bla.
In mezzo ci mettiamo la malcelata infelicità per l’annuncio di una gravidanza, gli agenti dei servizi stranieri brutti e cattivi, e le ingenuità di chi, evidentemente, farebbe meglio a limitarsi a recitare (bravo il cast, tutto, soprattutto Canet) e a dirigere (buona la regia) anziché sceneggiare, mestiere che evidentemente non conosce. Ingenuità come usare lo stesso espediente, un’assai improbabile dimenticanza, per ben due volte per poi scatenare relative scene di azione o tragici sviluppi narrativi. Vi sembra plausibile che uno della CIA dimentichi il telefono in stanza o che uno della scientifica, dopo aver passato ore a repertare una scena del crimine, si dimentichi la valigetta con i reperti? No. E no, due volte.
Semplificare al massimo la parte più importante di tutto l’intreccio, ovvero quella che rende un semplice intervento andato male un complotto per un insabbiamento non aiuta, anzi.
Si va in discesa. Fino a mandare proprio tutto all’aria. Non ve lo dico, come, non tanto per evitare spoiler ma perché non mi credereste comunque.
Un’occasione sprecata
Per tutta la prima parte del film, la cosa che continuavo a pensare era: se noi italiani avessimo provato a scimmiottare gli americani con una pellicola del genere, avremmo miseramente fallito fin dal primo secondo. Principalmente per la recitazione. I francesi, invece, sono stati bravi quindi sì: Ad Vitam è chiaramente un film che imita altri sedicimila titoli americani simili ma lo fa bene, aggiungendo alcuni scenari veramente suggestivi a Parigi e calando perfettamente la storia nel contesto europeo, cosa che non era scontata. All’inizio, però. Solo all’inizio. I problemi arrivano, e sono tanti.
Peccato, perché la qualità produttiva è innegabile, il dispiego di mezzi e di effetti speciali c’è e con quel budget e quel cast si poteva fare davvero tanto. Magari non farci vedere Versailles nel mondo in cui ce lo fanno vedere, però.
Il GIGN, acronimo di Groupe d’Intervention de la Gendarmerie Nationale, è un’unità d'élite della Gendarmeria nazionale francese. Avrebbe meritato più verosimiglianza e meno grigliate alla S.W.A.T. copiate dai film d’oltreoceano.
Voto
Redazione
La recensione di Ad Vitam: il film franco-belga di Netflix che finisce in un'americanata
Ad Vitam è l’action movie franco-belga di Netflix incentrato sul GIGN, l’unità d'élite della Gendarmeria nazionale francese che si occupa di terrorismo, situazioni con ostaggi e ogni evento ad alto rischio. Quando le cose si mettono male, la polizia chiama loro. Peccato che “loro” se ne vadano in giro un po’ come degli sprovveduti, finendo per infilarsi in una situazione rischiosa senza nemmeno rendersene conto.
Il cuore del film è tutto qui: nella banalità dell’intreccio, incentrata tutta sul personaggio di Guillaume Canet - anche co-sceneggiatore e produttore del film - e finita nella risibilità dopo un inizio promettente. Peccato: il cast è molto bravo, la produzione è di alto livello e la regia è all’altezza, così come la fotografia. Purtroppo, la volontà di scimmiottare gli americani porta Ad Vitam a mandare un buon inizio all'aria, facendo un’americanata. Cosa non facile per un film europeo, eppure…