La recensione di Bodies Bodies Bodies, l’horror di Netflix che punta alla nuova generazione
Scopriamo insieme, rigorosamente senza spoiler, l'ultimo horror arrivato su Netflix
Su Netflix è arrivato un horror sui generis, che fa il verso a tante produzioni simili ma ci tira un pugno in piena faccia, come per dirci: svegliatevi!
La trama di Bodies Bodies Bodies
Un gruppo di vecchi amici, ricchi ventenni annoiati, si ritrova nella spettacolare villa con piscina di uno di loro, David (Pete Davidson, The Suicide Squad - Missione suicida). La sua ragazza Emma (Chase Sui Wonders, City on Fire) e l’amica Jordan (Myha’la, Il mondo dietro di te), insieme a Alice (Rachel Sennott, Call Your Mother) e alla sua ultima conquista, il quarantenne Greg (Lee Pace, Fondazione) vengono raggiunti da Sophie (Amandla Stenberg, The Acolyte) e dalla sua ragazza, che nessuno degli amici ha mai incontrato prima: Bee (Maria Bakalova, Unfrosted: storia di uno snack americano). Fra musica techno, alcol e droghe, il tempo passa, finché qualcuno propone di fare un gioco. Un gioco di società in stile “cena con delitto” in cui qualcuno pesca la carta dell’assassino e tutti gli altri, quando arriva la vittima, s’improvvisano detective per ricostruire i fatti. Ma quando il gioco diventa reale, e la gente inizia a morire davvero, tutto cambia…
Bodies Bodies Bodies: un film horror che non è affatto ciò che sembra
Confesso: non capivo. Horror? Questo? Non c’è tensione. Non c’è suspense. Non c’è nemmeno uno straccio di jumpscare, uno. Poi, in un punto preciso del film, tutto appare chiaro. Un punto apparentemente insignificante.
Questo non è un horror sulla tensione. Questo è un massacro a suon di politicamente corretto per deridere - rendendola protagonista di una strage - un’intera generazione che non sa vivere (né sopravvivere) senza smartphone e internet, che non sa distinguere la realtà dai filtri, che non guarda la strada e si schianta per fare un reel su Instagram. Missione: riuscita. Ma per capirlo, dovrete arrivare in fondo al film. Solo allora, vi renderete conto di aver sorvolato su quel punto apparentemente insignificante, che invece fa scattare il campanello d’allarme.
Tutto in Bodies Bodies Bodies - disponibile su Netflix dal 2 luglio, ma uscito nelle sale a fine estate 2022 - è satira. Tutto.
Senza fare spoiler, mettiamola così: mentre ci si accusa reciprocamente di omicidio, non di aver attraversato fuori dalle strisce pedonali badate bene: di omicidio, si riesce a trovare il tempo e la forza di dire:
Non chiamarla così, è discriminatorio!
Chiaro? Ci si può dare dell’assassino, ma guai a usare termini discriminatori mentre lo si fa.
Il sacrificio (rituale) di un’intera generazione
Il succo di Bodies Bodies Bodies è tutto qui. In una co-produzione franco-statunitense in cui, non a caso, il cast tecnico - oltre che quello artistico - è principalmente femminile.
Giovani donne che si divertono a sottolineare le ipocrisie della società contemporanea nei loro confronti.
L’attrice originaria di Amsterdam Halina Reijn, già passata dall’altra parte della macchina da presa nel ruolo di sceneggiatrice e regista, dirige Bodies Bodies Bodies a partire da un copione firmato da due giovani donne, Sarah DeLappe - già produttrice di The Regime, la geniale e irriverente miniserie con Kate Winslet https://www.gamesurf.it/recensioni/serie-tv/the-regime-recensione-miniserie-hbo-kate-winslet- e Kristen Roupenian, che alle spalle ha solo un titolo: Cat Person.
Giovani, magari non espertissime, ma certamente “centrate” sull’obiettivo di questo film: usare il sangue e la violenza come metafora della follia contemporanea, ossessionata da particolari che non sono importanti. Annegata nella superficialità e nelle contraddizioni. Viziata e incapace di avvicinarsi al concetto di sacrificio. Quindi, che si fa? La si sacrifica, appunto, questa generazione viziata, contraddittoria, superficiale e ossessionata dal politicamente corretto.
Ci si preoccupa del free bleeding anziché affrontare seriamente il tema della violenza sessuale, e si pensa che il femminismo si faccia con le desinenze delle parole e la rivoluzione con gli asterischi.
Bodies Bodies Bodies ci tiene a dimostrare come non sia affatto così.
Caso e fortuna: ne resterà soltanto uno, ma non il più meritevole
“Ne resterà soltanto uno” era il tormentone del film Highlander, puntualmente ripreso dalla maggior parte degli horror di successo basati su massacri collettivi. You’re Next, 28 giorni dopo, Non aprite quella porta. Ce ne sono per tutti i gusti e per tutte le epoche.
C’è una regola non scritta nel genere horror: i primi personaggi che vediamo o sono le prime vittime o sono quelli che sopravvivono. Facile. Solo che di solito si distinguono dagli altri, destinati a perire, per qualche merito. Bodies Bodies Bodies annulla questa regola, perché il merito, per la generazione cui si rivolge, è un concetto ormai desueto. Voglio qualcosa? Me lo prendo. Se ho fortuna, ci riesco. Altrimenti finisco nei guai.
E poi c’è il caso, naturalmente. Decine di migliaia - ma che dico: centinaia - in tutto il mondo si mettono a fare gli influencer, la professione più in voga perché si guadagnano un sacco di soldi senza aver bisogno di saper fare nulla. Ci provano in molti, ma sono pochi quelli a sfondare davvero. In un panorama di centinaia di migliaia di contenuti di simili e di profili identici, è il caso a fare la differenza. Così nasce un influencer, o resta un giovane che sperava di cambiare vita in un click.
Affidarsi esclusivamente a dei dispositivi elettronici, esponendo le proprie vite - letteralmente - a un mondo che vive di filtri, ricerca di popolarità e stupidità, perché le parole vanno usate, non è una grande idea. Non se in quegli stessi dispositivi ci sono le risposte che cerchiamo: la stupida, cruda, non filtrata verità.
È come il buio della notte, che confonde e spaventa, che dà spazio all’immaginazione e ai rumori sospetti, alla paranoia e alla paura. Proprio come accade nel film. Poi, prima o poi, arriva la luce del giorno e molti di noi si sono sentiti stupidi ad aver avuto paura di un’ombra. Ma di notte sembrava tutto reale…
Bodies Bodies Bodies fa affidamento sullo stesso, identico meccanismo. Qualcosa che tutti abbiamo sperimentato e possiamo capire. Non c’è bisogno di metafore complicate: ci arriviamo facilmente.
Dalle ascelle depilate oppure no - dipende dall’orientamento sessuale, secondo il film - alle questioni razziali e sessuali (il maschio bianco ha il mondo ai suoi piedi, per diritto di nascita), dal patriarcato alle parole più inflazionate (“manipolare” la più in voga, al centro del mirino).
La follia collettiva nell’era dei social è l’unica chiave di lettura possibile per questo film che no, non spaventa e no, non crea tensione, ma arriva dritto al punto. Come un pugno in faccia.