La recensione di È colpa tua, l'imbarazzante film di Prime Video

Due interminabili ore di agonia per un film spagnolo involontariamente ridicolo

di Chiara Poli

È terribile. Tristemente, però, è anche una rappresentazione piuttosto accurata del mondo di oggi. Solo una parte di mondo, per fortuna. Su Prime Video è disponibile il film spagnolo È colpa tua, tratto dal romanzo di Mercedes Ron, classe 1993, autrice di libri young adult - a cui forse aggiungerei "vagamente erotici", vedendo il film, ma i libri non li ho letti e non ho intenzione di controllare - popolarissimi in Spagna. Dopo il primo capitolo - dall'originale titolo È colpa mia? - ecco il sequel

La trama di È colpa tua


Noah (Nicole Wallace, Ni una más) ha appena compiuto 18 anni. Alla sua festa in grande stile si presenta in ritardo il suo ragazzo Nick (Gabriel Guevara, Red Flags), di 5 anni più grande e impiegato in una società finanziaria ma ricchissimo di famiglia, proprio come Noah. Lei ha un padre morto che ha fatto “qualcosa di male”, lui una madre che l’ha abbandonato e si rifa viva dopo molti anni. Noah inizia l’università e si trasferisce in un lussuoso appartamento con una nuova coinquilina, Briar (Álex Béjar, Elite), che nasconde un passato segreto. L’amico di Nick e Noah, Lion (Víctor Varona, Dani Who?), il cui fratello è in carcere, finisce nei guai trascinandosi dietro anche Noah e Nick.

Una soap opera di basso livello


Voleva essere una versione moderna di Gioventù bruciata, forse. Ma ho visto spezzoni di soap turche realizzate con maggiore attenzione per i personaggi. Non basta metterci i soldi: la produzione di Amazon è certamente ricca, curata dal punto di vista tecnico e con scenografie e costumi di ottimo livello, ma tutto il resto è di bassa lega.

La sfilza di auto di lusso impacchettate con un fiocco fuori dalla scuola dopo il ritiro del diploma la dice lunga sull’ambiente che fa da sfondo alla narrazione. Un ambiente in cui una neodiciottenne fa sesso con il suo ragazzo all’aperto, in giardino, con i genitori che potrebbero vederla in qualsiasi momento. Per non parlare dei continui rapporti sessuali, anche all’aperto e in luoghi pubblici, che irrompono nel bel mezzo di scene di tutt’altro genere: scatta un bacio e parte la musica romantico-sensuale e la scena (molto) soft erotica di rito. Una cosa imbarazzante, e non certo per l’immagine in sé.

Neodiciottenni e ventitreenni che parlano di convivenza, ovviamente in una magione di mega lusso - che ve lo dico a fare - perché hanno sempre avuto tutto. Troppo. E intendo davvero troppo: sono il prodotto di una società che si preoccupa esclusivamente delle apparenze, dei beni materiali e dell’aspetto di tutto, dalle persone alle auto. Ma no, non siamo di fronte a un film che lo denuncia, anzi: ci sguazza.

Del resto, siamo di fronte alla generazione influencer, quella dei ragazzi che hanno tutto, in particolare il superfluo, senza dover fare nulla in cambio a parte essere belli. Senza scomporsi mai, nemmeno durante le (ridicole) risse in cui una ragazzina passa dal provocare la scazzottata al nascondersi dietro al biliardo in panico per poi tornare improvvisamente la “dura” della situazione e salvare il fidanzato da un energumeno col coltello.

Una sceneggiatura disastrosa


Non sto a dirvi altro, fatevelo bastare. Veniamo quindi al vero elemento disastroso di questo film: la sceneggiatura. Una psicologia spiccia da far sembrare capolavori di analisi i messaggi inseriti nei biscotti dalla fortuna. Le tematiche sono superficiali, trattate in modo quasi vergognoso, dalla (ormai insensata) disparità di classe sociale al tradimento, dal traffico di droga al disagio famigliare, passando per gli incidenti stradali. Tutto totalmente inverosimile. Incluso il comportamento della psicopatica di turno.

I due innamorati che colgono ogni singola occasione per stare insieme appena incontrano il primo e la prima che passano, letteralmente, già pensano a tradire. E dico “pensano” perché lo sappiamo: siamo di fronte a uno di quei rari esempi di sceneggiatura in cui qualsiasi cosa è - come si dice in gergo - “telefonata”, ovvero prevedibile. Non c’è neanche uno straccio di svolta narrativa che sorprenda. Parlo con cognizione di causa, perché per ma sfortuna l’ho visto davvero tutto, questo orrore.

Dovremmo credere che gente che vive letteralmente col cellulare in mano non si accorga quando il telefono cade, per altro facendo un rumore così forte da far sobbalzare il mio cane che dormiva sul divano.

A curare questo adattamento del romanzo ci sono Domingo González - che firma anche la regia di questo capolavoro della cinematografia spagnola di serie Z dopo essersi fatta le ossa nel montaggio del capitolo precedente È colpa mia? - e Sofía Cuenca, già sceneggiatrice del terribile Paradise Hills.

Il modo in cui fanno emergere i “segreti” di cui sentiamo parlare a lungo, come le azioni del padre di Noah, è tanto banale quanto inefficace. La tensione emotiva e narrativa è inesistente, non c’è niente che ci spinga a chiederci cosa sia successo né, tantomeno, cosa succederà. Uno strazio.

I personaggi schizofrenici passano da comportamenti infantili a bollenti incontri sessuali così, nel giro di 2 secondi. Dalla paura al coraggio in tempo zero, e soprattutto senza motivo. Cercavo un sinonimo che rendesse l’idea, ma il termine “imbarazzante” continua a essere il più adeguato per descrivere questo film. Fatevi un regalo: impiegate meglio il vostro tempo.