La sala professori, recensione: le buone intenzioni, la maleducazione...
Dimenticate certi film drammatici sull’insegnante coraggioso che lotta per il futuro dei giovani allievi: La sala professori non è così sicuro che la scuola abbia il potere di salvare i suoi allievi.
Un film come La sala professori non poteva che essere scritto e girato in Germania. Difficile infatti immaginare un’altra nazione europea capace di distaccarsi da una certa immagine della scuola come missione, degli insegnanti come eroi che fanno da scudo con il proprio corpo culturale ai giovanissimi ribelli che vengono loro affidati, tentando di strapparli a un contesto di degrado che li condannerà per sempre. Il cinema francese, attentissimo a questa tematica, negli anni ha regalato una pletora di pellicole memorabili in questo senso.
La Germania invece si è guadagnata una nomination agli Oscar 2024 come miglior film internazionale aprendo la porta di un’aula scolastica tedesca e dicendo: qui nessuno può salvare nessuno, perché nessuno è innocente. In primis il sistema scolastico, specchio di una società teutonica che vorrebbe essere integrata e progressista, sensibile e inclusiva, ma fatica a resistere al fascino dell’ordine, del pregiudizio, del sospetto. ù
Lo scontro tra un'insegnante e il suo giovane allievo e la ricerca del colpevole di alcuni piccoli furti commessi a scuola trasformano La sala professori in un thriller tesissimo e capace di un'ironia tagliente, cattiva, che urta i nervi scoperti della società tedesca.
L’inferno delle migliori intenzioni
Carla Nowak (Leonie Benesch) è una giovane insegnante di matematica ed educazione fisica che lavora in una scuola media tedesca molto attenta al benessere dei suoi studenti. Ligia al dovere e ispira da un autentico afflato educativo,Carla gestisce la classe che le è stata affidata con cura e attenzione, cercando di sedare i contrasti intestini tra allievi scatenati da etnie, ceto sociale e famiglie molto distanti tra loro.
Carla si ritrova invischiata in un momento poco formativo per la sua classe. A fronte di molti furtarelli avvenuti a scuola, la preside chiede agli studenti maschi della classe di far esaminare il proprio portafoglio. Seppur su base volontaria, la richiesta nasconde una sottile manipolazione, che lascia Carla molto contrariata, così come l’individuazione di un possibile sospetto. Convinta che invece il ladro di annidi nella sala professori, Carla lascia accesa la videocamera del proprio laptop e lascia il portafoglio incustodito, come esca.
Il risultato sarà, nell’ordine: l’individuazione di un possibile colpevole, un’escalation di tensione, uno scontro con l’allievo più promettente e problematico della classe di nome Oskar (Leonard Stettnisch) ma soprattutto lo sgretolarsi delle certezze dell’insegnante.
L’inferno delle migliori intenzioni
Se la mancanza di certezze sulla morte al centro di Anatomia di una caduta vi aveva irritato e lasciati interdetti, preparatevi a un bis. La sala professori infatti non è il tipo di film che dà soddisfazione allo spettatore, che trova facili risposte. Anzi, la mancanza di azioni in grado di riparare agli errori passati, la cronica assenza di scelte corrette crea la tensione che innerva tutto il film.
Carla è un’insegnante integerrima e genuinamente attenta ai bisogni dei suoi allievi, o almeno così pare all’inizio. In un twist diabolico, i film rilegge e distorce ogni sua buona azione in qualcosa di sinistro. La canzoncina con cui saluta la classe e la richiama all’ordine all’inizio del film diventa nella seconda parte la spia dell’insofferenza dei suoi allievi. La voglia di discolpare i suoi studenti dall’accusa di furto la porta a muovere accuse contro un’altra persona.
Accuse che sembrano a prova di bomba, ma che si rivelano poi molto scricchiolanti e in grado di guastare il rapporto con Oskar, che nonostante la giovanissima età si rivela caparbio, ostinato, ricattatore. Il sorriso di gioia che la contraddistingueva dietro la cattedra diventa una smorfia nervosa quando il controllo dei suoi alunni le sfugge di mano. Carla compie le peggiori azioni motivata dalle migliori intenzioni e al contempo è circondata da insegnanti che buone intenzioni non sembrano averle mai avute. La sala professori, luogo esclusivo dedicato al corpo didattico, diventa così terreno di scontri incrociati in cui emergono le dinamiche di potere tra adulti e ragazzini, in cui s’inseriscono genitori che hanno a loro volta un’agenda, una sala virtuale: quella della chat di classe.
Nemmeno i ragazzini sono innocenti, anzi. Dopo essere stati protetti dallo strisciante pregiudizio razziale della preside, dopo essersi derisi tra di loro sulle stesse basi, non esitano a ritorcerlo contro l’insegnante di origini polacche. Carla inconsciamente era già sul chi vive, limitando al minimo l’utilizzo della lingua natia in classe, in sala professori.
Da La sala professori emerge un ritratto di una Germania nei cuoi microcosmi (come quello scolastico) la multiculturalità deve vedersela con il pregiudizio e il sospetto. Il razzismo non è tramontato, lo scontro si è anzi esacerbato solo con mezzi più sottili: adulti contro ragazzini, insegnanti contro genitori, figli di immigrati contro tedeschi. Non sembra esserci via d’uscita, soluzione, modo di soddisfare la voglia di una soluzione, di una risposta, di giustizia.
Durata: 98'
Nazione: Germania
Voto
Redazione
La sala professori
Guidato da una Leonie Benesch davvero ipnotica, La sala professori è uno splendido thriller tedesco, capace di trovare la cattiveria, la malizia e tutto il peggio che può derivare da una società che cerca di essere unita, progressista, ma non vede l’ora di dividersi di fazioni e scontrarsi di petto con gli avversari, in cui tutti sono convinti di avere ragione.