La Spia - A Most Wanted Man

Con l'uscita dell'ottimo "La Talpa" di Tomas Alfredson, il mondo cinematografico europeo é tornato a credere nelle storie di spionaggio e nelle atmosfere da Guerra fredda, vuoi per una situazione geopolitica involutasi verso le divisioni della Cortina di ferro, vuoi perché il prestigio del genere era stato appannato principalmente da pellicole americane esageratissime e poco credibili.

Il nume tutelare di questo genere in campo letterario é John le Carré, ex spia inglese e prolificissimo autore per cui il cinema europeo sembra avere una predilezione (lo stesso "La Talpa" é tratto da uno dei suoi libri più celebri). Stavolta si é deciso di attingere alla sua produzione più recente, fortemente influenzata dall'atteggiamento critico dell'autore verso le scelte dell'intelligence americana prima e dopo l'undici settembre.

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La spia (A most wanted man) é una coproduzione angloamericana-tedesca incentrata sul cambiamento di percezione della comunità araba nella tollerante Europa del nord e del tentativo delle intelligence locali di sfruttare la parte moderata e integrata della comunità islamica per arrivare ai capi del terrorismo internazionale. Al centro della vicenda c'é G nther Bachmann, un esperto a cui lo spionaggio tedesco appalta le missioni meno trasparenti. Solo, traditore e tradito, attraverso le numerose identità che indossa in qualità di spia intravediamo il vero uomo dietro la maschera: di mezza età, sovrappreso, solitario e completamente devoto al suo lavoro.

Dopo essere stato coinvolto in una disastrosa operazione in Medio oriente, Bachmann e la sua squadra stanno cercando di reclutare un filantropo arabo che risiede ad Amburgo, sospettato di avere contatti con Al Qaeda. Quando appare dal nulla Issa Karpov, un musulmano ceceno fuggito dalle prigioni russe e in possesso di un'ingente eredità, Bachmann tenta di manipolarlo per raggiungere il suo scopo, ma dovrà scontrarsi con le ingerenze tedesche e americane, che vorrebbero un intervento estrattivo immediato, violento e a breve termine.

Per una tragica fatalità "La spia" é l'ultima interpretazione del recentemente scomparso Philip Seymour Hoffman e purtroppo la campagna di marketing ha deciso di puntare su questo lato macabro per lanciare il film. Non che l'intepretazione dell'attore, assoluto protagonista del film, non sia magistrale, ma lo é come quasi la totalità delle interpretazioni che ci ha donato.

Sarebbe stato bello invece puntare su questo riuscitissimo film di spionaggio moderno, pacato ma ricco di colpi di scena, e sulla descrizione che dà di questo mondo silenzioso. Nonostante la storia contemporanea, il film punta sul lato manuale, ripetitivo, quasi impiegatizio del lavoro della spia, lontano dai roboanti magheggi tecnologici del recente passato americano. Non é una questione personale, é un lavoro; la squadra di Bachmann batte giornalmente le strade di Amburgo, mantiene contatti con la comunità araba, compila moduli, installa microcamere e microfoni. Non per vendette o questioni personali, ma perché é il loro lavoro, che sperano possa proteggere l'Occidente.

Libero dalla necessità di metterla sul personale, il film gode del privilegio di non dover dividere il mondo in americani, europei ed arabi, buoni e cattivi, ma solo in una serie di personaggi dalla moralità ambigua a cui Bachmann si affida con una serie di salti nel vuoto, nella speranza che le sue supposizioni si rivelino corrette.

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