La vita straordinaria di Ibelin: lo struggente documentario di Netflix che tutti dovrebbero vedere
Perché tutti dovrebbero vedere il documentario di Netflix
Quando siamo molto giovani, pensiamo sempre di cambiare il mondo. Lo speriamo. Alcuni di noi ci provano. Altri smettono semplicemente di sognare, perché la vita uccide molti sogni.
Ma non quelli di Mats, un ragazzo norvegese che ha cambiato il mondo di tante persone. Senza mai uscire di casa e attraverso un videogioco.
La sua storia è raccontata nel documentario di Netflix: La vita straordinaria di Ibelin. Un documento prezioso che tutti dovrebbero vedere.
Mats Steen e World of Warcraft
Prima di morire, il venticinquenne norvegese Mats Steen ha lasciato ai suoi genitori la sua password. La chiave d’accesso per il suo mondo segreto, un mondo di cui i suoi genitori non avevano idea. Affetto da una malattia genetica che colpisce i muscoli, la distrofia muscolare di Duchenne - cronica e degenerativa - Mats era costretto su una carrozzina e, secondo gli osservatori esterni, ossessionato dai videogiochi, o meglio da un videogioco: World of Warcraft.
Era il suo modo preferito per passare il tempo, nonostante i tentativi della sorella Mia e dei suoi genitori di farlo stare all’aperto, portarlo in gita e ai concerti, fargli vivere più esperienze possibili.
In realtà non è difficile capire come mai Mats amava tanto girare nel mondo virtuale di uno dei giochi di ruolo più fortunati di tutti i tempi, ancora prima che ce lo racconti lui: Ibelin, il suo personaggio, un investigatore privato, poteva muoversi liberamente. Camminava, correva, pescava, combatteva. Poteva fare tutto, andare ovunque e aveva tanti amici. Gli amici virtuali di Mats, quelli della sua gilda, erano una vera e propria famiglia online. Amici fondamentali per Mats, che nella vita vera era molto solo.
Tramite la password del suo blog, lasciata ai genitori, la sua famiglia ha postato un messaggio per annunciare la scomparsa di Mats ai suoi lettori. Ed è in quel momento che, senza capire come mai, la famiglia di Max ha iniziato a essere sommersa dalle e-mail della sua famiglia virtuale.
Per Mats, World of Warcraft era una via di fuga. L’unico modo per lasciare il suo mondo fatto di dolore e malattia, di limitazioni e di sguardi compassionevoli. Nel gioco era libero dalle catene, poteva essere chiunque desiderasse, come racconta egli stesso. Ibelin era il supereroe che Max, fisicamente, non sarebbe mai potuto essere.
La scoperta della famiglia Steen e l’animazione di Ibelin
Il leader della gilda, la community di World of Warcraft a cui Mats apparteneva, contatta la famiglia Steen e le fornisce l’enorme archivio, di 42.000 pagine, che racchiude tutto ciò che Max ha fatto e detto online tramite il suo personaggio, il detective Ibelin.
Il documentario di Netflix ci racconta la vita straordinaria di un ragazzo malato e non autosufficiente che ha trovato un modo per vivere tutte le esperienze che non avrebbe mai potuto fare nella realtà.
Ibelin ci viene mostrato, parla con la voce di un attore che somiglia a quella di Mats e tutti gli altri personaggi coinvolti hanno accettato di essere interpretati ad altri attori.
Gli animatori hanno usato le grafiche del gioco per ricostruire questo documento commovente, che tutte le persone che hanno la fortuna di poter vivere davvero, e non solo virtualmente, dovrebbero vedere.
La vita straordinaria di Ibelin è un documentario toccante, istruttivo, inclusivo. Rende evidente come il filtro dell’aspetto, nella società contemporanea, sia discriminante per chi non ha colpa della propria condizione. E quanto questo possa causargli dolore.
Per quasi un decennio, Ibelin è stato il corpo di un ragazzo con una mente, un cuore e un’anima senza un corpo che gli permettesse di uscire e condividere mente, cuore e anima con gli altri.
La profondità delle Riflessioni sulla vita, come è stato chiamato il blog di Max pubblicato poco prima della sua morte, con i pensieri di questo ragazzino sfortunato, ci insegna a guardare oltre l’aspetto fisico nell’era degli influencer, dei filtri fotografici, dell’apparenza e della superficialità. Max, e tantissimi altri ragazzi come lui in tutto il mondo, ci possono insegnare a ritrovare quei valori che una volta, quando esisteva solamente il mondo reale e non quello virtuale, contavano davvero e guidavano le nostre vite.
La vita straordinaria di Ibelin rappresenta, di fatto, il testamento di uno straordinario essere umano che ci ha lasciati troppo presto, che ha saputo andare oltre le barriere e che non voleva che la realtà della sua condizione entrasse in quel mondo che lo considerava perfettamente abile, come tutti gli altri.
La vita virtuale di Mats ci ricorda come dovremmo comportarci anche quando siamo “filtrati“ da un avatar o da un nickname. Nascosti dietro quella tastiera che crea tanti (finti) leoni e tanto risentimento.
Dovremmo coltivare la condivisione, quel desiderio innato nell’essere umano e che, lavorandoci, potrebbe diventare più forte dell’istinto autodistruttivo che sta devastando il nostro mondo e il nostro pianeta.
In una società in cui l’empatia e la condivisione, l’altruismo e l’interesse genuino per gli altri sembrano essere stati schiacciati.
Ma tutti questi valori sono stati condivisi da Mats e da suoi tanti amici che, come tutti, avevano problemi più o meno grandi da superare. Anche grazie all’aiuto di uno sconosciuto in un altro Paese, incontrato in un videogioco.
E mentre, nonostante gli ausili speciali appositamente ideati, l’uso del computer diventa sempre più difficile, Mats tiene duro e non racconta nulla agli altri. Non dice loro perché non riesce a compiere determinate azioni nemmeno online. Si tiene tutto dentro, fino al momento in cui il gioco diventa uno sfogo per la frustrazione, facendolo poi sentire in colpa e spingendolo a mostrarsi al mondo intero per come è. Disabile, malato, prossimo alla morte. Una morte da cui possiamo imparare molto. E dovremmo farlo.