Last Vegas
Ultimamente il filone dei film incentrati su feste strampalate stile “Notte da Leoni” hanno piacevolmente occupato le sale cinematografiche, alcune volte con pellicole riuscite ed altre con qualche flop che, purtroppo, ci ha fatto rimpiangere nostro malgrado la spesa del biglietto.
Sotto la regia di Turteltaub (Tre Ragazzi Ninja, Il Mistero dei Templari) tocca a tre elementi atipici tirare il carrozzone delle risate, inscenando un addio al celibato ad uno “svecchiato” Michael Douglas, playboy in procinto di matrimonio con una ragazza più giovane di lui di ben trent'anni. Le vite degli amici Paddy (Robert DeNiro), Archie (Morgan Freeman), Sam (Kevin Kline) e Billy si incrociano nuovamente per rompere la monotonia della senilità, riportando in auge motivetti più o meno gradevoli riguardanti i problemi più noti degli over-sixty ovvero: solitudine, inadeguatezza, bisogno di indipendenza e, dulcis in fundo, malfunzionamenti idraulici nel basso ventre.
Adesso, nei primi venti minuti introduttivi ci é sembrato di scorgere qualcosa di simpatico ed a tratti irriverente, ma l'aeroplano decollato alla grande finisce per gridare mayday subito dopo, intortando una storia vista innumerevoli volte e dal finale piuttosto scontato.
Il cast stellare DeNiro, Douglas, Freeman e Kline, per quanto superbi presi separatamente nei loro lavori precedenti, perdono totalmente di smalto in quest'ultimo parto dalla comicità dubbia, non riuscendo a salvare un plot all'americana probabilmente già partito male durante il momento della stesura nonché, persino, venendo messi in secondo piano da altri attori presenti nel cast, prima fra tutte la Steenburgen con la sua Diana Boyle, donna indipendente, e dal carattere forte, che ha sacrificato il suo lavoro per vivere il sogno della musica nella perversa Las Vegas.
Sarà infatti l'incontro tra lei e l'efferato quartetto a pepare la situazione, senza però ricreare quel mix convincente a permettere alla pellicola di salire almeno sopra la sufficienza.
Superata la metà del film, infatti, ci si rende conto che la sceneggiatura scritta da Fogelman, (riuscita secondo noi in Bolt, Tangled o Cars) decade nei confronti di una morale facilona, nel momento stesso in cui i protagonisti si rendono conto di ciò che realmente vogliono o già possiedono, ma che fino ad un momento prima non riuscivano a considerare, dato il loro attaccamento ad una giovinezza perduta e continuamente ricercata in onore del rimpianto.
DeNiro con la sua defunta moglie, Harris con il suo desiderio di adulterio con una donna più giovane, Freeman con la sua dimostrazione di indipendenza ed infine Douglas, pulpito della vita perfetta (secondo lui per un sessantenne) ma che si rende conto, inevitabilmente, di risultare fuori posto.
“Papa don't preach” diceva il travestito Maurice, nessuno vuole giudicare, ma in questo caso seduti dalla poltrona del cinema ci si domanda spesso se la spesa del biglietto pieno valesse la candela, considerati i continui sbadigli e le poche risate tirate alle “solite” semplici battute già viste e sentite (un po' come i film di DeSica). Divertente la comparsata di 50Cent, simpatico Romany Malco con il suo Lonnie, ma ci dispiace constatare che il film risulta fin troppo poco impegnato e calca, sbadatamente, dinamiche e motivetti già visti senza donare quello smalto in più che avremmo sicuramente gradito.
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Sotto la regia di Turteltaub (Tre Ragazzi Ninja, Il Mistero dei Templari) tocca a tre elementi atipici tirare il carrozzone delle risate, inscenando un addio al celibato ad uno “svecchiato” Michael Douglas, playboy in procinto di matrimonio con una ragazza più giovane di lui di ben trent'anni. Le vite degli amici Paddy (Robert DeNiro), Archie (Morgan Freeman), Sam (Kevin Kline) e Billy si incrociano nuovamente per rompere la monotonia della senilità, riportando in auge motivetti più o meno gradevoli riguardanti i problemi più noti degli over-sixty ovvero: solitudine, inadeguatezza, bisogno di indipendenza e, dulcis in fundo, malfunzionamenti idraulici nel basso ventre.
Adesso, nei primi venti minuti introduttivi ci é sembrato di scorgere qualcosa di simpatico ed a tratti irriverente, ma l'aeroplano decollato alla grande finisce per gridare mayday subito dopo, intortando una storia vista innumerevoli volte e dal finale piuttosto scontato.
Il cast stellare DeNiro, Douglas, Freeman e Kline, per quanto superbi presi separatamente nei loro lavori precedenti, perdono totalmente di smalto in quest'ultimo parto dalla comicità dubbia, non riuscendo a salvare un plot all'americana probabilmente già partito male durante il momento della stesura nonché, persino, venendo messi in secondo piano da altri attori presenti nel cast, prima fra tutte la Steenburgen con la sua Diana Boyle, donna indipendente, e dal carattere forte, che ha sacrificato il suo lavoro per vivere il sogno della musica nella perversa Las Vegas.
Sarà infatti l'incontro tra lei e l'efferato quartetto a pepare la situazione, senza però ricreare quel mix convincente a permettere alla pellicola di salire almeno sopra la sufficienza.
Superata la metà del film, infatti, ci si rende conto che la sceneggiatura scritta da Fogelman, (riuscita secondo noi in Bolt, Tangled o Cars) decade nei confronti di una morale facilona, nel momento stesso in cui i protagonisti si rendono conto di ciò che realmente vogliono o già possiedono, ma che fino ad un momento prima non riuscivano a considerare, dato il loro attaccamento ad una giovinezza perduta e continuamente ricercata in onore del rimpianto.
DeNiro con la sua defunta moglie, Harris con il suo desiderio di adulterio con una donna più giovane, Freeman con la sua dimostrazione di indipendenza ed infine Douglas, pulpito della vita perfetta (secondo lui per un sessantenne) ma che si rende conto, inevitabilmente, di risultare fuori posto.
“Papa don't preach” diceva il travestito Maurice, nessuno vuole giudicare, ma in questo caso seduti dalla poltrona del cinema ci si domanda spesso se la spesa del biglietto pieno valesse la candela, considerati i continui sbadigli e le poche risate tirate alle “solite” semplici battute già viste e sentite (un po' come i film di DeSica). Divertente la comparsata di 50Cent, simpatico Romany Malco con il suo Lonnie, ma ci dispiace constatare che il film risulta fin troppo poco impegnato e calca, sbadatamente, dinamiche e motivetti già visti senza donare quello smalto in più che avremmo sicuramente gradito.