Lo Chiamavano Jeeg Robot

di Roberto Vicario
Dopo l'ottimo lavoro fatto sui corti Tiger Boy e Basette (liberamente ispirati ai giapponesi Uomo Tigre e Lupin III) la coppia Mainetti-Guaglianone ha avuto la possibilità di debuttare sul grande schermo con un opera più completa e complessa.

Lo chiamavano Jeeg Robot é un tuffo quasi nel vuoto per il cinema italiano. Un prodotto che si ispira ai cinecomic americani, ma che contemporaneamente sfrutta il sottobosco del mondo anime/manga giapponese. Un soggetto difficile, e reso ancora più complesso da un contesto romano - periferico ed affascinante - come quello di Tor Bella Monaca.



Il cinema italiano batte un colpo



Inutile negare lo scetticismo che ha accompagnato questa pellicola al suo annuncio. Allo stato attuale i due filoni maggiormente in voga nel'industria cinematografica italiana sono la commedia (più o meno comica) e i drammatici, spesso in grado di parlare di attualità. Le variazioni sul tema sono pochissime, soprattutto quelle di qualità, e ancor più rari sono i film che si buttano su generi specifici come l'horror, lo sci-fi o, come in questo caso il cinecomic.

Lo chiamavano Jeeg Robot
, in questo senso, é stata una piacevolissima sorpresa. Un prodotto fresco, diverte, attuale e soprattutto lontano da una staticità che permea il nostro cinema da troppo tempo. Un film che infonde fiducia, e che ci da la possibilità di immaginare una futuro in cui questa nuova generazione di registi sarà in grado di spingere tutto il movimento cinematografico italiano verso nuovi e insperati lidi. Ma andiamo con ordine.

La storia ci parla di un ladruncolo di nome Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria). Un uomo di poco conto che vive di piccoli furti e alloggia in un appartamento a Tor Bella Monaca mangiando budini e guardando film pornografici. Tutto cambia quando, a causa di un incidente, acquisisce i poteri di un supereroe: una forza disumana, resistenza e ferite che si rimarginano. Da qui in poi inizierà un percorso che lo porterà a capire come sfruttare (nel bene) questi poteri. Ad aiutarlo avrà al suo fianco Alessia (Ilenia Pastorelli) una ragazza che ha perso la testa dopo la l'abbandono della madre e che vede nel mondo di Jeeg Robot d'Accciaio la sua salvezza e tranquillità. Nella sua testa Enzo si trasformerà in Hiroshi Shiba, il protagonista dell'anime giapponese…



Lo chiamavano Jeeg Robot é un bel film perché invece che “scimmiottare” il genere del cinecomic americano, ne ruba semplicemente l'essenza, mescolandola ad una consistente italianità (la presenza dell'accento romano é fortissima) e inserendo anche altri generi che rendono il contesto ancora più affascinante. Non é infatti difficile vedere nel main villain del film - un capetto con mire da boss che si fa chiamare Lo Zingaro - un po' del Joker “nolaniano”, così come si sprecano i riferimenti a quel mondo dell'animazione giapponese citando, appunto, Jeeg Robot. Questi elementi non sono però mere copiature, ma strumenti utilizzati saggiamente per dare ulteriore forza, carattere e personalità a questa pellicola.

Mainetti, non solo dimostra di saper raccontare in maniera appassionata e profonda una storia che "prende" fin dall'inizio ma anche, e soprattutto, di essere perfettamente in grado di gestire un genere che poteva far naufragare il film in un vero disastro. Gran parte del merito é dato alla sua voglia di osare portando della comicità quasi inaspettata ma che ci sta in quel dato momento, oppure un pizzico di splatter e gore assolutamente giustificato. Quello che ne esce é un lavoro di “tarantiniana” ispirazione ma con un'identità ben precisa e pienamente godibile.

Gran parte del merito va però condiviso con i tre attori protagonisti. Claudio Santamaria dimostra ancora una volta il suo eclettismo, rivelandosi a suo agio con un personaggio introverso, burbero ma dalle mille sfaccettature. Non dimentichiamoci di Ilenia Pastorelli alla sua prima prova sul grande schermo, con un ruolo difficilissimo, ma che é stata in grado di gestire e caratterizzare in maniera pressoché perfetta. Menzione a parte e standing ovation per Luca Marinelli. Il suo cattivo é il vero valore aggiunto di questo film. Grazie ad una interpretazione rischiosa, e che rimane in bilico per tutto il film tra il classico personaggio macchietta e un pazzo squilibrato, rapisce letteralmente lo spettatore. La sua bravura non é una novità, e avevamo già imparato a conoscerla in Non Essere Cattivo di Claudio Caligari. Il ragazzo ha un grandissimo futuro davanti a se.

Infine i superpoteri. Anche in questo caso Mainetti si é dimostrato abile nel saper gestire il budget e il modo in cui queste abilità si manifestano durante il film. Quello che ne esce é un prodotto visivamente soddisfacente e assolutamente credibile…quasi ai livelli dei cinecomic americani.

Diciamolo a chiare lettere: Lo Chiamavano Jeeg Robot ci é piaciuto moltissimo. Nonostante qualche leggerezza di sceneggiatura qua e la, il film di Mainetti é (insieme a Suburra di Sollima) il più bel esempio che il nostro cinema possa dare per dimostrare al pubblico, ma soprattutto a se stesso, che le qualità per fare qualcosa di diverso e originale ci sono anche nel nostro paese. Ed é ora di dimostrarlo apertamente.