Maleficent: Signora del Male

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Il 17 ottobre, Angelina Jolie e Elle Fanning, dopo ben 5 anni, tornano a vestire i panni di uno dei classici Disney più amati per un sequel denso d’azione e di emozione. “Maleficent 2: Signora del Male” approfondisce ulteriormente i personaggi che il pubblico ha imparato ad amare, anche grazie all’aggiunta di volti noti nel cast – come quello di Michelle Pfeìffer – che hanno impersonato caratteri del tutto nuovi, ma decisamente incisivi per quello che già il trailer preannuncia.

L’universo Disney, oramai, sembra sempre più puntare l’attenzione alla messa in scena filmica che a quella dell’animazione, impregnandosi di live action e di film “tratti da”; basti pensare al passaggio che Alice aveva fatto nel paese delle meraviglie o alla Cenerentola interpretata da Lily James. Maleficent, però, si è fin dal suo esordio contraddistinto dagli altri proprio per il soggetto che ne è protagonista: Malefica, la bellissima fata protettrice della brughiera, che viene raccontata sovvertendo il punto di vista del cartone o della favola originale mostrando quanto il tradimento di un amore possa essere deleterio, ma possa portare con sé un’evoluzione.

Se, però, Malefica aveva trovato la redenzione al termine del primo volume di questa duologia, adesso si trova a dover affrontare nuovi aspetti della propria crescita legati, non solo, alla maternità, ma anche a verità che le sono state taciute finora. Aurora è ormai prossima a compiere il grande passo e sembra essere, nuovamente, costretta a dover scegliere tra la natura che l’ha cresciuta e quella che invece le appartiene per DNA, in una lotta che affonda la propria forza nell’attualità sociologica che oggi giorno molte famiglie devono affrontare.

Maleficent: Signora del Male

Quella che la Disney ci propone è una trama densa di positivismo e di accettazione, una lotta, a tratti machiavellica, le cui protagoniste sono proprio tre donne. Caratteri così differenti da apparire fondamentali nella descrizione del macro-universo femminile, una scala di grigi che potrebbe essere esempio per la generazione che sta crescendo oggi con la Disney. Donne che possono essere madri, condottieri, ma anche le cattive, supportate da personaggi maschili che non vengono sviliti nello spettro delle loro emozioni, ma che, al contrario, si mostrano essenziali per abbattere alcuni stereotipi di genere di cui le favole spesso sono state vessillo.

Lo script e le scene sono stati evidentemente studiati per poter riuscire a imprimere un certo messaggio per tutta la pellicola, è superfluo sottolineare il grande slogan di accettazione che l’intera pellicola costruisce. Diviene interessante, invece, notare come la caratterizzazione dei personaggi e il loro “svelamento” vengano sottolineati sia dai bellissimi costumi di scena, ma anche dalle azioni fisiche che vengono compiute. Ad esempio, Aurora non combatte mai fisicamente, mostrando così quanto la sua forza sia data dalla sua dolcezza e dalla sua bontà d’animo.

La colonna sonora è in grado di diventare iconica, è praticamente impossibile uscire dalla sala senza ripetere le strofe di “You can’t stop the girl”. Allo stesso modo, gli effetti visivi sono in grado di rendere entusiasmanti le scene di lotta; ironicamente sembra quasi di vedere delle dinamiche molto simili alle esplosioni di alto fuoco de Il trono di spade.

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