Maria Regina di Scozia
Il mondo degli studios sembra essersi rassegnato a mettere in atto una sorta di benevola inclusività, dando luce verde a progetti al femminile non solo davanti ma anche dietro la macchina da presa. È un dato di fatto che il cinema diretto da donne costituisca una minima parte della produzione mondiale, sia in campo autoriale sia in quello commerciale. Perché dunque non affidare film che rendono finalmente regina della propria storia le grandi donne del passato a cineaste donne?
Maria regina di Scozia è diretto da Josie Rourke, nome ancora sconosciuto o quasi ai cinefili ma con una grande esperienza in campo teatrale. L’operazione ha un senso: il film ha il taglio molto classico del costume drama di corte, raccontando una decennale rivalità tra due donne di cui non si hanno notizie ufficiali di un incontro avvenuto di persona.
Da una parte c’è la giovane, intraprendente, carismatica Maria Stuarda (Saoirse Ronan) regina di Scozia: a inizio film rientra dalla Francia, vedova, pronta a occupare di nuovo un trono di cui si era preso cura sin troppo volentieri il fratello. Dall’altra abbiamo la celebre Elisabetta I (Margot Robbie), la regina vergine capace di imprimere il suo nome ad un’era di prosperità ma anche controversie.
La vera forza del film sta - a sorpresa - proprio nel suo ritratto. A sorpresa perché da titolo questo non è il classico film che la vede protagonista, il ruolo di forza che ha portato due candidature all’Oscar a Cate Blanchett. In un’operazione tutto sommato discutibile (perché prendere una donna dalla bellezza strepitosa e dall’accento americano come Margot Robbie per poi abbruttirla con protesi posticce ed evidentemente tali su grande schermo?) Elisabetta diventa la debole che conquista il cuore dello spettatore.
Al ritorno in Scozia della giovane e bella Maria Stuarda, capace sin da subito di dimostrarsi saggia ed equanime, Elisabetta si sente ancora più inadeguata e insicura. Devastata da una malattia che le ha lasciato brutte cicatrici sul viso, preoccupata dalle legittime rivendicazioni al trono che la “sorella di corona” potrebbe avanzare, senza figli, ritratta come una figura asessuale, androgina e queer, Elisabetta sfugge il confronto, anche quando la rivale cade in disgrazia per aver scelto avventatamente il proprio consorte.
Lo sforzo della sceneggiatura di Maria regina di Scozia è quello di mostrarci quanto anche le uniche due donne con un effettivo potere dell’Inghilterra dell’epoca vivessero la continua costrizione di dover essere figure ancillari, sempre pronte a cedere il potere al fratello, al marito, al figlio di turno. Sforzo lodevole e sulla carta interessante per come mostra quanto la storica rivalità tra le due fosse creata ad arte dalle pressioni dei loro consiglieri e nemici, manco a dirlo, tutti di sesso maschile.
Nel farlo però il lungometraggio commette l’errore di santificare sin troppo la sua protagonista: Maria Stuarda sembra un’eroina della social justice, una donna d’enorme saggezza tradita da un solo tragico errore, bella, buona, comprensiva con i deboli, i gay, i numerosi esponenti di etnie non caucasiche presenti nel cast, persino i familiari a lei vicini che la tradiscono. Nello sforzo di uscire dallo stereotipo, il personaggio finisce per diventare ancor più monodimensionale.
Spiace poi ammetterlo date le buone intenzioni da cui è originato, ma il film soffre moltissimo il confronto con La Favorita, dramma in costume che vede protagonista un’altra regina inglese, in uscita la settimana successiva. Maria regina di Scozia viene schiacciato nel confronto a causa del politically correct della sua sceneggiatura e del rapporto impari tra i due cineasti. Josie Rourke tenta di fare il suo meglio, con un paio di scene anche estrose, ma non è Yorgos Lanthimos, il regista greco già lanciatissimo alla corsa agli Oscar. Il problema è proprio quello: pochi film in cui farsi le ossa, per non parlare dell’impossibilità di dirigere progetti personali. Come si può crescere così una generazione di cineaste che riequilibri lo scenario hollywoodiano?