Mimì. Il Principe delle Tenebre, la recensione dell'horror italiano che quasi ce la fa

Spiazzante, sbavato, in grado di sorprendere e turbare: anche se non è pienamente riuscito, Mimì. Il Principe delle Tenebre è il genere di film italiano che vorremmo vedere più spesso in sala.

di Elisa Giudici

Mimì. Il Principe delle Tenebre è il film italiano più spiazzante visto quest’anno e, di certo, uno dei più memorabili. Non è una pellicola riuscita in pieno, ha tanti difetti, ma ha una forza visiva tale, un coraggio quasi sconsiderato nel fare ciò che in Italia nessuno fa che non si può fare a meno di pensare, all’uscita dalla sala: “Brando De Sica è uno da tenere d’occhio”.

Lo è, anche solo per la sfrontatezza con cui arriva nelle sale con un film che in Italia, nel 2023, è difficile immaginare abbia un pubblico. A meno che segni il ritorno in sala dei non-morti fan del horror italiano dei decenni passati, quello cattivo, splatter, con l’anima B-movie, che commuove Tarantino e ormai trova i suoi estimatori più all’estero che in Italia. Sorpresa, non troppo sorpresa: Mimì. Il Principe delle Tenebre una distribuzione internazionale ce l’ha già. Un risultato non da poco per un film italiano di genere girato da un regista dal cognome altisonante sì, ma con solo due lungometraggi all’attivo, che con un cast di giovanissimi l’immerge nella sua Napoli e ci tira fuori un lungometraggio dove la pummarola diventa sangue, dove gli adolescenti diventano adulti e assassini, dove mostro lo diventi per sopravvivere.

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La trama di Mimì. Il Principe delle Tenebre

Mimì (Domenico Cuomo) è un orfano adolescente che fa le pizze in un vecchio forno napoletano. A causa di una deformità congenita, i suoi piedi sono enormi e animaleschi, tanto da procurargli una certa zoppia e da renderlo “il mostro” del quartiere. Mimì è trattato con affetto solo dal padre adottivo e dalla prostituta trans che gli fa da madre.

Una sera Bastianello (Giuseppe Brunetti), il figlio di un boss della camorra locale, irrompe nella pizzeria insieme ai suoi amici e una ragazzina dal look gotico. Lei si fa chiamare Carmilla (Sara Ciocca) e rivela a Mimì di essere una lontana parente di Dracula per parte di madre. Mimì non sa nulla di Lovecraft e Nosferatu, ma per rimanere nell’orbita di Carmilla si addentra nel mondo delle leggende vampiresche, una delle quali sostiene che Dracula sia sepolto nei pressi di Napoli.

L’amore per Carmilla, la rivalità con il giovane cantante neomelodico figlio di cammoristi e la scoperta del proprio sé adulto e pericoloso spingeranno Mimì a esplorare la notte e il sottosuolo napoletano, confrontandosi con quella identità di “mostro” che fin da bambino gli è stata appiccicata addosso.

Cosa funzione e cosa no in La trama di Mimì. Il Principe delle Tenebre

Mimì. Il Principe delle Tenebre è un film spiazzante come pochi, soprattutto nello scenario asfittico del cinema italiano. Per tutta la sua durata ci si interroga su quale sia la sua esatta natura, perché la pellicola sembra continuamente scivolare da un genere all’altro.

L’avvio sembra una tenera storia d’amore e di scoperta adolescenziale ambientata tra i vicoli di Napoli, eppure Mimì non somiglia quasi per niente alla pletora di film partenopei girati negli ultimi anni. La criminalità è una cornice ma non il focus del film, l’atmosfera è lontana dalla glorificazione della bellezza decadente della città. La Napoli di De Sica è un posto oscuro, ostile, potenzialmente pericoloso, che assume spesso colorazioni vibranti da cinema horror di cassetta. Mimì s’immerge nell’identità barocca e trash che assumono i suoi cittadini, trasformando con piastrelle, pizze e neon la città nel set ideale di un horror leccatissimo alla Refn prima, di un b-movie anni ‘70 poi.

Nel secondo tempo il film si avvicina a essere un dramma criminale, quasi lambisce il territorio del true crime: viene il dubbio che sotto sotto ci sia una storiaccia di cronaca nera alla base del film e dell’inquietudine dei suoi protagonisti, con vibrazioni che ricordano il cinema di Donato Carrisi, gran cultore di serial killer e thriller. Dal romanticismo si scivola nell’erotismo fino alla violenza che trasforma, piega, fotte i corpi. Nel gran finale De Sica infila una serie di scene di una violenza spesso preterintenzionale ma cruda, audace, molto esplicita, che pulsa quanto il tradimento che vive il protagonista.

Tuttavia, il cuore di Mimì rimane horror, romantico ma violento, mostruoso con i suoi innesti splatter. Le difficoltà produttive del film sono state enormi, ma non si nota: Mimì. Il Principe delle Tenebre è quasi ineccepibile nella regia, stiloso nella fotografia. Osa i colori neon e quelli saturi, cura la sua colonna sonora e i suoi effetti speciali.

Altro pregio che raramente viene associato al cinema italiano: è condotto da due giovani attori protagonisti davvero capaci, che non esitano a prendersi sulle spalle il film quando finisce per impantanarsi. Sara Ciocca l’abbiamo già vista in Blanca e torna a impressionare per sua maturità recitativa considerando la sua giovanissima età. Domenico Cuomo è un esordiente che non tradisce la sua esperienza quasi nulla.

A pesare semmai è il difetto quasi mortale del film: il ritmo che va via via dilatandosi, finendo per pesare come un macigno sulla seconda parte del film. Dura 103 minuti, ma nel secondo tempo viene il dubbio che diventino 310, tanto il film d’inceppa e dilata ogni scena. Non aiuta poi il fatto che i giovani protagonisti siano in qualche modo impegnati in scambi di battute molto calcate, data la loro tempesta emozionale adolescenziale. Il film purtroppo si perde, gira per molto tempo a vuoto, sembra aver esaurito le cose da dire. Nel finale però tira fuori una svolta cattivissima, che sembra voler negare tutta la prima parte del film, tradirla, salvo poi ritrovare la sua tenera vocazione romantica adolescenziale. Solo dopo averla lavata nel sangue, s’intende.