Minuscule - La Valle delle Formiche Perdute
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Devo ammetterlo, tanto per sgombrare il campo da dubbi o insinuazioni. Non sono un fan di quei film che, servendosi della collaborazione involontaria di animali di qualche genere, di solito resi simili agli esseri umani nei loro comportamenti, sino a sconfinare spesso nel ridicolo, propinano a grandi e piccini l'ennesimo pistolotto ambientalista, filosofeggiando senza grossa cognizione di causa su effetto serra, inquinamento, danni provocati dall'uomo all'ambiente e così via.
Legato per antica affezione alla morale della favola come usava un tempo (ossia cattivo affettato e vissero tutti, gli esseri umani coinvolti nella vicenda, felici e contenti), sono stato sempre più favorevole a lasciare agli animali del cinema e della TV un ruolo comico e di puro intrattenimento, nel vecchio stile Disney, per capirci, prima che il serpente tentatore dell'ecologismo inteso come ideologia si infilasse di soppiatto anche nel regno di zio Paperone.
Per questo motivo, il solo pensiero di dove recensire un film che si presentava come un curioso ibrido tra Microcosmos e La formica Z, per giunta realizzato con la tecnica di ripresa mista, ossia inserendo personaggi in computer grafica in scenari reali, quando chi mi conosce sa come non mi sia ancora del tutto ripreso dalla visione involontaria di incroci d'ingegneria cinematografica a mio parere agghiaccianti, come Roger Rabbit e Space Jam, mi ha fatto insorgere una crisi d'asma. Con il rischio di un aggravamento fino alla soglia indesiderata dell'anafilassi una volta che mi fossi ritrovato nella saletta dell'Anica a Roma, nella quale ero stato invitato per la visione in anteprima stampa.
Dulcis in fundo, il fatto che il film non provenisse dalle colonie albionesi d'oltre Atlantico, ma piuttosto dal Paese patria dell'escargot e di Asterix, dove perfino un ex-mostro sacro del cinema d'azione sperimentale come Luc Besson ha infilato una tripletta di boiate animate ibride ispirate alle vicende di Arthur e dei minuscoli Minimei, suonava come un rintocco funebre, oscuro presagio, nella migliore delle ipotesi, di sbadigli e stiracchiamenti.
Cosa che difficilmente faccio prima di aver visto il film, però, stavolta ho buttato un occhio quasi per caso alla brochure stampa arrivata in allegato alla mail dell'invito e l'occhio, sempre per puro accidente, mi é caduto sulla seguente frase. “Non volevamo che i personaggi fossero troppo realistici o troppo da cartone animato”. E, poco più avanti, “… volevamo conservare questa mancanza di espressione facciale per evitare di umanizzarli”. Le parole di Héléne Giraud, coautrice assieme a Thomas Szabo del lungometraggio, estratte da un'intervista rilasciata proprio in occasione delle prima anticipazioni sul film, sono state sufficienti ad accendere il mio interesse, di partenza ridotto al lucignolo fumigante di evangelica memoria, spingendomi ad approfondire e documentarmi sulle vicende personali del dinamico duo di autori francesi.
Scoprendo che Minuscule racconta le vicende di personaggi già resi popolari da una serie (78 in tutto) di cortometraggi di pochi minuti, simili a veri e propri haiku in computer grafica, che da anni imperversano sulle reti televisive francesi e inglesi raccontando gli insetti in modo ironico ma realistico, senza eccessivi fronzoli o leziosità new age.
Paragonato dai suoi coautori ad un Signore degli Anelli impersonato da insetti, il film rappresenta in qualche modo una modifica dell'idea originaria, sostituendo alle piccole storielle autoconclusive di una manciata di minuti, una trama complessa, lunga quasi un'ora e mezza, ricca di colpi di scena, azione e… musica! Viene confermata, infatti, la scelta originaria, e assolutamente condivisibile, di non dare una voce agli insetti, cosa che avrebbe finito per umanizzarli e trasformare in grottesco o ridicolo qualsiasi spunto umoristico. La colonna sonora, quindi, é popolata esclusivamente di effetti sonori e di musiche, realizzate da Hervé Lavandier e dirette per orchestra da Sir Alistair King (lo stesso di Harry Potter e Shrek, per capirci) pensando al Prokofief di Pierino e il Lupo. Nell'opera dell'artista russo ogni protagonista era impersonato da uno o più strumenti musicali dal suono caratteristico (archi per Pierino, un oboe per l'anatra, un clarinetto per il gatto, corni per il lupo e così via) creando un effetto di grandissimo impatto sonoro che il lungometraggio animato francese riesce a ricreare perfettamente.
Altrettanto efficace, non posso non riconoscerlo, é l'integrazione tra i meravigliosi paesaggi del massiccio francese dell'Ecrins e del Parco Nazionale di Mercantour, in Alta Provenza, e i personaggi disegnati in computer grafica e animati con cura prodigiosa.
L'effetto é davvero quello di un documentario scientifico, arricchito però da una trama ricca, vivace, che ha salvato la mia mandibola, ancora dolorante a causa degli sbadigli provocati da Microcosmos, dal procurarsi altre indesiderate slogature.
Magari parlare di Signore degli Anelli in chiave entomologica é un tantino azzardato, ma le vicende della coccinella senza patria e del suo amico formica nera, intenti a pianificare la conquista dell'ambita scatola di zollette dimenticata da una giovane coppia sulla tovaglia da pic-nic e contesa anche dalle terribili formiche rosse, riescono a conquistare non solo i più piccoli, regalando uno scampolo di pomeriggio o di serata di sereno divertimento.
E l'ecologia? D'accordo, trattandosi di un film scritto e prodotto in Francia nell'era del politically correct, l'accenno all'ambiente e ai danni provocati dall'uomo non poteva mancare del tutto. Però, a differenza di chi é stato tentato di trasformare un film d'innocuo e piacevole intrattenimento in un manifesto di Greenpeace, la coppia Giraud e Szabo sceglie di non strafare, limitandosi al minimo sindacale anche quando deve saltellare dall'ambiente all'antropologia culturale.
La coccinella é un fuori casta, abbandonato dai suoi e accolto dai membri di una specie diversa. La morale é chiara e condivisibile ma senza sdilinquimenti zuccherosi e buonisti sull'etica e sul razzismo. Una volta tanto, l'unica cosa a farvi rischiare una crisi iperglicemica sarà quella dannata scatola di zollette, pomo della discordia tra le due tribù di formiche per tutto il film. E la buonanima di Walt Disney, dovunque sia, sa quanto possiamo esserne grati ai due coautori d'oltralpe. Stavolta, é il caso si dirlo, la candidatura all'Oscar per il miglior film di animazione ci sta tutta! Buona visione!
Legato per antica affezione alla morale della favola come usava un tempo (ossia cattivo affettato e vissero tutti, gli esseri umani coinvolti nella vicenda, felici e contenti), sono stato sempre più favorevole a lasciare agli animali del cinema e della TV un ruolo comico e di puro intrattenimento, nel vecchio stile Disney, per capirci, prima che il serpente tentatore dell'ecologismo inteso come ideologia si infilasse di soppiatto anche nel regno di zio Paperone.
Per questo motivo, il solo pensiero di dove recensire un film che si presentava come un curioso ibrido tra Microcosmos e La formica Z, per giunta realizzato con la tecnica di ripresa mista, ossia inserendo personaggi in computer grafica in scenari reali, quando chi mi conosce sa come non mi sia ancora del tutto ripreso dalla visione involontaria di incroci d'ingegneria cinematografica a mio parere agghiaccianti, come Roger Rabbit e Space Jam, mi ha fatto insorgere una crisi d'asma. Con il rischio di un aggravamento fino alla soglia indesiderata dell'anafilassi una volta che mi fossi ritrovato nella saletta dell'Anica a Roma, nella quale ero stato invitato per la visione in anteprima stampa.
Dulcis in fundo, il fatto che il film non provenisse dalle colonie albionesi d'oltre Atlantico, ma piuttosto dal Paese patria dell'escargot e di Asterix, dove perfino un ex-mostro sacro del cinema d'azione sperimentale come Luc Besson ha infilato una tripletta di boiate animate ibride ispirate alle vicende di Arthur e dei minuscoli Minimei, suonava come un rintocco funebre, oscuro presagio, nella migliore delle ipotesi, di sbadigli e stiracchiamenti.
Cosa che difficilmente faccio prima di aver visto il film, però, stavolta ho buttato un occhio quasi per caso alla brochure stampa arrivata in allegato alla mail dell'invito e l'occhio, sempre per puro accidente, mi é caduto sulla seguente frase. “Non volevamo che i personaggi fossero troppo realistici o troppo da cartone animato”. E, poco più avanti, “… volevamo conservare questa mancanza di espressione facciale per evitare di umanizzarli”. Le parole di Héléne Giraud, coautrice assieme a Thomas Szabo del lungometraggio, estratte da un'intervista rilasciata proprio in occasione delle prima anticipazioni sul film, sono state sufficienti ad accendere il mio interesse, di partenza ridotto al lucignolo fumigante di evangelica memoria, spingendomi ad approfondire e documentarmi sulle vicende personali del dinamico duo di autori francesi.
Scoprendo che Minuscule racconta le vicende di personaggi già resi popolari da una serie (78 in tutto) di cortometraggi di pochi minuti, simili a veri e propri haiku in computer grafica, che da anni imperversano sulle reti televisive francesi e inglesi raccontando gli insetti in modo ironico ma realistico, senza eccessivi fronzoli o leziosità new age.
Paragonato dai suoi coautori ad un Signore degli Anelli impersonato da insetti, il film rappresenta in qualche modo una modifica dell'idea originaria, sostituendo alle piccole storielle autoconclusive di una manciata di minuti, una trama complessa, lunga quasi un'ora e mezza, ricca di colpi di scena, azione e… musica! Viene confermata, infatti, la scelta originaria, e assolutamente condivisibile, di non dare una voce agli insetti, cosa che avrebbe finito per umanizzarli e trasformare in grottesco o ridicolo qualsiasi spunto umoristico. La colonna sonora, quindi, é popolata esclusivamente di effetti sonori e di musiche, realizzate da Hervé Lavandier e dirette per orchestra da Sir Alistair King (lo stesso di Harry Potter e Shrek, per capirci) pensando al Prokofief di Pierino e il Lupo. Nell'opera dell'artista russo ogni protagonista era impersonato da uno o più strumenti musicali dal suono caratteristico (archi per Pierino, un oboe per l'anatra, un clarinetto per il gatto, corni per il lupo e così via) creando un effetto di grandissimo impatto sonoro che il lungometraggio animato francese riesce a ricreare perfettamente.
Altrettanto efficace, non posso non riconoscerlo, é l'integrazione tra i meravigliosi paesaggi del massiccio francese dell'Ecrins e del Parco Nazionale di Mercantour, in Alta Provenza, e i personaggi disegnati in computer grafica e animati con cura prodigiosa.
L'effetto é davvero quello di un documentario scientifico, arricchito però da una trama ricca, vivace, che ha salvato la mia mandibola, ancora dolorante a causa degli sbadigli provocati da Microcosmos, dal procurarsi altre indesiderate slogature.
Magari parlare di Signore degli Anelli in chiave entomologica é un tantino azzardato, ma le vicende della coccinella senza patria e del suo amico formica nera, intenti a pianificare la conquista dell'ambita scatola di zollette dimenticata da una giovane coppia sulla tovaglia da pic-nic e contesa anche dalle terribili formiche rosse, riescono a conquistare non solo i più piccoli, regalando uno scampolo di pomeriggio o di serata di sereno divertimento.
E l'ecologia? D'accordo, trattandosi di un film scritto e prodotto in Francia nell'era del politically correct, l'accenno all'ambiente e ai danni provocati dall'uomo non poteva mancare del tutto. Però, a differenza di chi é stato tentato di trasformare un film d'innocuo e piacevole intrattenimento in un manifesto di Greenpeace, la coppia Giraud e Szabo sceglie di non strafare, limitandosi al minimo sindacale anche quando deve saltellare dall'ambiente all'antropologia culturale.
La coccinella é un fuori casta, abbandonato dai suoi e accolto dai membri di una specie diversa. La morale é chiara e condivisibile ma senza sdilinquimenti zuccherosi e buonisti sull'etica e sul razzismo. Una volta tanto, l'unica cosa a farvi rischiare una crisi iperglicemica sarà quella dannata scatola di zollette, pomo della discordia tra le due tribù di formiche per tutto il film. E la buonanima di Walt Disney, dovunque sia, sa quanto possiamo esserne grati ai due coautori d'oltralpe. Stavolta, é il caso si dirlo, la candidatura all'Oscar per il miglior film di animazione ci sta tutta! Buona visione!