Moschettieri del Re - La penultima missione

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Giovanni Veronesi con Moschettieri del Re - La Penultima Missione, fa il suo ritorno all’interno del genere in costume, passando da lontano racconto d’America raccontato ne Il Mio West, e arrivando a quest’ultimo film che fa un salto temporale ancora più indietro nella storia, stazionando nel periodo dei Moschettieri raccontati da romanzo di  Alexandre Dumas.

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UN FILM CHE NON SI IMPEGNA

Una visione di queste figure piene di carisma, tra cui quella dell’immortale moschettiere D’Artagnan, che si discosta da quella classica, portando la storia tanti anni dopo le vicende che hanno reso protagonisti questi indelebili personaggi, quando ormai sono vecchi e ognuno indaffarato in vicende private e lontane dagli intrighi di corte del potente Cardinale Richelieu.

Una visione, quella di Veronesi e del co-sceneggiatore Nicola Baldoni, leggera e dissacrante, che prende in giro alcuni degli elementi che hanno reso famose queste figure, senza dimenticare quell’ironia tipica delle commedie italiane moderne.

Un punto di partenza che, in barba ai classici cliché natalizi, non ha mancato di stuzzicare il nostro interesse, anche e soprattutto per un cast che, nel genere di riferimento, non ha mai dimostrato di sentirsi a disagio: Pierfrancesco Favino (D’Artagnan), Valerio Mastandrea (Porthos), Rocco Papaleo (Athos) e Segio Rubini (Aramis). A loro si aggiungono poi diversi altri attori estremamente importanti per la scena cinematografica italiana, come ad esempio Alessandro Haber, Margherita Buy, Lele Vannoli e molti altri.

Ma se il punto di partenza della pellicola era uno stimolo alla visione, durante la stessa ci si rende conto di come il film soffra palesemente di alcuni problemi che ne vanno a minare la qualità, partendo proprio da una sceneggiatura che sembra non voler ambire a nulla di più di qualche battuta qua e là (principalmente legate alla figura di Favino che parla un italiano con forte accento francese), sorrette da una narrazione che risulta quanto mai fragile, con un canovaccio scontato e piuttosto semplice nella sua costruzione.

Quel che ne esce quindi è un film che non riesce mai a strappare delle vere risate (qualche sorriso qua e là) ed allo stesso tempo non riesce a far appassionare lo spettatore ad una storia che sembra sempre infrangersi sullo scoglio del “vorrei ma non posso”.

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D’altronde gli spunti di interesse potevano essere parecchi, alcuni lanciati in particolare dalle figure di Rubini e Mastandrea, sul concetto di essere eroi “fuori moda” o dimenticati nonostante le incredibili gesta che hanno compiuto. Nel calderone poi vengono buttati tanti altri concetto (come quello dell’uccidere qualcuno o della religione) che finisco ad essere sterili concetti spesso e volentieri utili semplicemente come collante tra una battuta e l’altra.

Non aiutano nemmeno le scene d’azione, goffe in alcuni casi e mai realmente d’effetto in altri (per quanto è palese che I Tre Moschettieri, non voglia essere un film d’azione); ed allora ecco che ci affida alle solite battute, al solito incedere fragile e canonico di una commedia che, anche in costume, mostra un sacco di fragilità.

Davvero un peccato, perché, come dimostra lo stesso finale, il plot twist sarebbe stato una delle cose più geniali dell’ultimo periodo; purtroppo per noi però, per come viene strutturata tutta la prima parte del film, perde completamente di mordente risultando quasi stonato, sebbene riesca a dare alcune risposte (vaghe) su alcune vicende a cui assisteremo nel corso della pellicola.

Vincitrice, e questo bisogna dirlo, esce invece la regione Basilicata che, ancora una volta, riesce a dare dimostrazione di incredibile di bellezza. Le scelte di fotografia e scenografia sono davvero ottime, in grado di valorizzare alcuni paesaggi che rendono giustizia a moltissime, riuscite, inquadrature . Purtroppo però, come molti di noi sanno, un film non vive di sole immagini e tutto l’apparato dietro ad esse risulta davvero troppo fragile e banale. Peccato. 

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