Niente di nuovo sul fronte occidentale è il vero vincitore degli Oscar 2023

Con le sue quattro statuette il film tedesco made in Netflix ha dimostrato un potenziale che nessuno sospettava e, in una dimensione alternativa…

di Elisa Giudici

Niente di nuovo sul fronte occidentale è il vero vincitore degli Oscar 2023. Sì, certo, Everything Everywhere All At Once ha vinto più premi e in categorie molto, molto più importanti. Questa convinzione si è fatta strada in me a metà della Notte degli Oscar, intorno alle quattro di mattina. Sarà un abbaglio del sonno, ma sono convinta che questa convinzione rimarrà anche quando avrò recuperato le ore di sonno arretrate.

L’occasione è perfetta per parlare un po’ di un film che, senza particolari clamori - ad eccezione di una tornata senza prigionieri agli BAFTA, dove ha stravinto sulla concorrenza - si è confermato uno dei più forti dell’annata. Senza avere nomi importanti nel cast (ad eccezione di una fugace apparizione di Daniel Brühl), senza avere la lingua inglese dalla sua parte, a ben vedere senza nemmeno avere una grande idea per le mani.

Niente di nuovo sul fronte occidentale è un usato sicuro come nuovo, che spacca il secondo nel presentarsi sulla scena proprio nel momento in cui la guerra torna di nuovo a sembrare attuale, soprattutto in Europa. Non a caso pare sia stato proprio “il blocco europeo” dei votanti dell’Academy a portarlo alla vittoria. Ripercorriamo il non troppo strano caso di Niente di nuovo sul fronte occidentale:

Di cosa parla Niente di nuovo sul fronte occidentale

Niente di nuovo sul fronte occidentale è l’adattamento filmico dell’omonimo romanzo del 1928  (qui su Amazon) dello scrittore Erich Maria Remarque, veterano della Prima guerra mondiale. A quasi un secolo della sua scrittura, rimane una delle più celebri e vivide testimonianze degli orrori psicologici della guerra di trincea, le logorò i corpi e le menti di milioni di soldati in Europa.

Il romanzo ha raggiunto la sua popolarità anche grazie a due precedenti adattamenti portati su schermo. In questo nuova versione, finanziata da Netflix e prodotta in Germania, l’accento è posto su una ricostruzione cruda e realistica della guerra di trincea sul fronte tra Francia e Germania. Il regista Edward Berger ci fa immergere insieme al protagonista Paul nell’insensatezza di una lenta carneficina di corpi, proiettandoci tra baionette e fango, cadaveri ed esplosioni.

Grandi scene collettive di combattimento tra fronti nella terra di nessuno alternate a brevi momenti personali e intimi del protagonista raccontano la disfatta tedesca sul campo.

Niente di nuovo sul fronte occidentale è un film anti-bellico, che denuncia come le vite dei soldati venissero sacrificate come elementi di poco o nessun valore, ostaggio dell’arroganza di una classe militare intrappolata in una visione di un mondo ormai scomparso.

La nuova strategia di Netflix

In uno degli universi paralleli del multiverso cinematografico tanto caro a Everything, Everywhere All at Once è probabilmente Niente di nuovo sul fronte occidentale ad aver vinto l’Oscar come miglior film. A mancare al candidato, più che il supporto dei votanti, è stato quello di Netflix.

L’amara ironia della sorte ha portato Netflix a vincere più del previsto proprio nell’anno in cui si è impegnata di meno,probabilmente scottata per quanto successo nel 2022.

L’anno passato infatti Netflix, desiderosa di vincere l’Oscar come Miglior Film e consacrare sé stessa nel mondo del cinema tradizionale, ha investito cifre esorbitanti nella campagna per sostenere la candidatura del grande ritorno di Jane Campion con Il potere del cane. Come andò a finire lo sappiamo tutti: a sorpresa la nuova arrivata in campo streaming Apple vince come miglior film con il modesto - in tutti i sensi - CODA - I segni del cuore, che sottrasse l’ambita statuetta e un premio attoriale a Il potere del cane. Film già caduto nel dimenticatoio, a testimonianza della scarsa lungimiranza dell’Academy.

Quest’anno quindi Netflix ha fatto il minimo indispensabile. Il fatto che Niente di nuovo sul fronte occidentale sia riuscito a rastrellare una decina di nomination pur privo di un supporto massiccio racconta come una parte dell’Academy facesse il tifo per per questo titolo. Secondo molti analisti con un po’ di più budget e convinzione, Netflix avrebbe potuto strappare una nomination per il giovane protagonista Felix Kammerer e magari per il regista Edward Berger, sostituendo nella cinquina finale il collega Ruben Östlund, vincitore della Palma d’Oro per Triangle of Sadness.

Netflix non ci ha creduto e si è mangiata una grande chance. Lo si è capito bene ai BAFTA, dove Niente di nuovo sul fronte occidentale ha sbaragliato la concorrenza di Gli spiriti dell’isola, che infatti poi non ha saputo essere incisivo nemmeno agli Oscar, uscendone a mani vuote. Così è stato per Tár (il bello e incompreso dell’edizione) e per The Fabelmans di Steven Spielberg.

Nelle categorie tecniche, dove la narrazione di chi ci mette la faccia è meno importante, il film di Edward Berger ha dimostrato di poter battere quello dai Daniels, mettendo insieme i voti di quanti non hanno apprezzato la pellicola fantascientifica con Michelle Yeoh.

Se si fosse riconosciuto prima il potenziale di questo film, il testata a testa avrebbe potuto avere un finale diverso? Non è impossibile.

Perché Niente di nuovo sul fronte occidentale è il vero vincitore degli Oscar

Edward Berger ha comunque di che compiacersi. Avendo vinto come miglior film internazionale, ha avuto il suo riconoscimento da regista tanto quanto i Daniels. il suo film si è imposto in categorie cruciali come miglior fotografia e miglior colonna sonora, battendo veterani come Roger Deakins e John Williams.

Il tutto con un prodotto che, a livello cinematografico, sotto il suo crudo realismo oltre a un ovvio pacifismo non ha davvero nulla da dire, di nuovo o di vecchio.

Siamo ad anni luce dal 1917 di Sam Mendes, l’ultimo grande film bellico ad aver convinto agli Oscar. Tanto Mendes partiva dal realismo per raccontare qualcosa di cinematograficamente forte e innovativo, tanto Edward Berger va sull’usato sicuro di una storia già nota, adattata in modo molto convenzionale, priva di personalità.

A 1917 mancava solo la contemporaneità. Si faticava un po’ a capire perché Mendes si fosse incapricciato di fare un film tanto complesso tecnicamente per parlare di una cosa tanto lontana a livello temporale e tematico. Se uscisse oggi 1917 sarebbe uno schiaffo, il presente che ti sussurra nell’orecchio. Niente di nuovo sul fronte occidentale grida per sovrastare il clamore della sua banalità.

Niente di nuovo sul fronte occidentale è in tutto e per tutto una creatura Netflix, nel senso che cammina sul confine tra un’ottima produzione televisiva e un film a cui manca la capacità di dire o far vedere qualcosa che vada oltre le precise aspettative del pubblico.

La guerra è sporca, alienante, fredda, brutta, rumorosa. Esattamente come la immagini, in tutta la crudezza dell’alta definizione. È la realtà a dare la spinta che Niente di nuovo sul fronte occidentale non ha, è la sovrapposizione inevitabile tra le facce ucraine e russe viste nei video amatoriali al TG e quelle del cast tedesco del film.

Negli Oscar e nella vita a volte è anche questione di tempismo: quello di Niente di nuovo sul fronte occidentale è assolutamente perfetto.