Non aprite quella porta: al cinema in 4K il cult slasher del 1974
Non importa quante volte l'abbiate visto, questa è un'imperdibile esperienza multisensoriale!
Il cult horror Non aprite quella porta - The Texas Chainsaw Massacre del regista Tobe Hooper torna in sala a cinquant’anni dall'esordio, accendendo lo spettacolo sulla nuova release di Midnight Factory, etichetta di Plaion Pictures. Dal 23 al 25 settembre 2024 l'opportunità di vivere questa pellicola nella versione restaurata 4K, la Director's Cut curata dallo stesso regista, in lingua originale (sottotitolata in italiano) per respirare tutto l'orrore nella forma più cruda e viscerale.
La storia è quella di un gruppo di giovani amici, tra i quali ci sono Sally Hardesty e il fratello disabile Franklin, che si avventurano per le torride campagne del Texas alla ricerca della casa d'infanzia. Ciò che inizia come un viaggio spensierato si trasforma ben presto in un incubo: in cerca di benzina approcciano un casolare isolato dal mondo, diventando prede di un mostruoso individuo che indossa una maschera di pelle umana, parte di una sadica famiglia di assassini che pratica il cannibalismo.
Rivoluzione nel cinema horror
Quando The Texas Chainsaw Massacre uscì nel 1974 scosse profondamente spettatori e critica. Il budget era molto limitato, Hooper girò con attori non professionisti usando una cinepresa Bolex Super 16 mm, ma oltre che per i pochi mezzi la produzione si complicò ulteriormente per la rovente temperatura estiva. Tobe Hooper plasmò un'opera cinematografica che portava in scena elementi di una graficità estrema benché in misura diversa da altre opere del periodo. Dal punto di vista stilistico il film di Hooper infranse le regole dell'epoca con una violenza diversamente esplicita, senza mostrare fiumi di sangue eppure capace di trasmettere un senso di terrore soffocante, incombente e insostenibile.
La scelta di girare con luce naturale sfruttando una fotografia cruda e quasi documentaristica ha contribuito a rendere la storia ancora più reale. Gli ambienti rurali semi abbandonati e isolati del Texas uniti alla narrazione cupa e claustrofobica contribuirono al senso di ansia e paura. Un approccio suggestivo quello di Hooper, che nonostante i pochissimi mezzi fece di necessità virtù dando vita a una narrazione che faceva brillare la brutalità grafica, il caos e il disorientamento stimolando l’immaginazione.
Long live Gunnar!
Ispirandosi parzialmente ai crimini del famigerato serial killer Ed Gein, assieme a Kim Henkel il regista scrisse una sceneggiatura che fondeva realtà e incubo. Anche se Gein “operava” con altri strumenti, i suoi orribili crimini come la profanazione di tombe e i manufatti provenienti da frammenti umani influenzarono la figura di Leatherface. Con le maschere di pelle umana, martello, ganci da macellaio ma soprattutto la motosega divenne icona del cinema di genere, merito anche della possente presenza di colui che seppe dargli vita: il compianto attore islandese Gunnar Hansen.
Se The Texas Chainsaw Massacre ha riscritto le regole dell’horror gran parte del merito va a questo personaggio, che ha segnato indelebilmente l'immaginario collettivo. Non un semplice mostro mascherato, la sua complessità risiede nel fatto che agisce sotto il controllo della disfunzionale e folle famiglia di cui è parte, obbedendo agli ordini come un bambino manipolato, incapace di proferire parola eccetto versi disarticolati.
Iconografia di genere
La scelta di indossare maschere di pelle umana ha contribuito alla sua disumanizzazione: dietro i tasselli di carne cucita non si cela una persona ma una macchina per uccidere priva di identità e compassione. L’iconografia di Leatherface ha influenzato opere successive entrate nella storia come Psycho di Alfred Hitchcock e Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme, al fianco di simboli assoluti come Michael Myers nell'Halloween di John Carpenter e Jason Vorhees nel Venerdì 13 di Sean Cunningham. Quentin Tarantino ha definito Non aprite quella porta un film "perfetto", sottolineando come l’estetica visiva e l’impatto emotivo di Leatherface abbiano segnato un punto di non ritorno per il cinema horror.
L'orrore della provincia americana
Rispetto alle tematiche il film può essere visto come una critica alla società americana degli anni '70, in particolare alla crisi energetica e alle trasformazioni economiche che colpivano le aree rurali, devastate dall'ignoranza e dall'abbandono, confortato dalla fuga sia fisica verso luoghi con la speranza di una vita migliore, sia affogando la mente nell'alcol. La famiglia di Leatherface è una sorta di riflesso distorto di uno scenario sociale in rovina: ex lavoratori del macello che in mancanza di bestiame da uccidere diventano cannibali.
Da vedere e sentire al cinema
Il ritorno in sala di Non aprite quella porta in 4K rappresenta non solo un omaggio al genio di Hooper, ma anche un tributo ai progressi tecnologici nel campo del restauro. La possibilità di vedere il film nella sua versione Director’s Cut con una qualità visiva sicuramente superiore e più fedele al concept artistico originale offre un’esperienza immersiva unica.
Non importa quante volte si possa averlo visto attraverso le tante edizioni Home Video che si sono succedute nel tempo, come le più recenti a risoluzione video UHD di Plaion Pictures (di cui una già fuori catalogo) ricche di extra, nulla è in grado di preparare all'impatto della visione e ascolto in sala su grande schermo. A ciò contribuisce senza meno il suono rivisitato dall'originale forma monofonica in traccia Dolby ATMOS, che carica l'adrenalina del momento e travolge lo spettatore specie quando è in azione la leggendaria motosega di Leatherface, ricordandoci a cinquant’anni di distanza che il terrore non ha età.