La recensione di Old Dads: la commedia di Netflix su tre cinquantenni alle prese con la paternità
Su Netflix è al primo posto fra i film: ecco trama, recensione e tematiche di Old Dads, la commedia in cui tre cinquantenni affrontano la paternità
È in testa alla classifica italiana dei film più visti su Netflix, e non è difficile intuire perché: Old Dads è una commedia che parte in quarta, con un inizio davvero molto divertente. Purtroppo, poi diventa uno dei mille film che raccontano il classico percorso crisi-caduta-rinascita dei protagonisti, con le immancabili parti tristi e sentimentali che spezzano molto il ritmo.
Alla fine, si torna un po’ allo spirito originario, ma non abbastanza da dimenticare la lungaggine della parte centrale.
Ad ogni modo, il film ha dei pregi: tratta argomenti attualissimi, che riguardano una larga fetta della popolazione. Ecco tre cinquantenni coi figli piccoli o appena nati costretti a prendere ordini sul lavoro dai millennial.
Scritto, diretto e interpretato da Bill Burr (Il re di State Island, nonché comico famoso negli USA), Old Dads ci racconta con grande aderenza alla realtà le disavventure di quelli che oggi vengono chiamati boomer alle prese con la società contemporanea. Parlare è diventato difficile, soprattutto per la generazione che è cresciuta senza sentir parlare di politicamente corretto fino all’età adulta.
La trama di Old Dads
Jack (Bill Burr), Connor (Bobby Cannavale, Boardwalk Empire, Will & Grace) e Mike (Bokeem Woodbine, Fargo, Saving Grace) sono amici e lavorano insieme da 23 anni nell’azienda di abbigliamento sportivo che hanno fondato. Ma dopo aver venduto l’azienda, nel giro di breve tempo si trovano disoccupati, licenziati dal ragazzino che ha preso il comando e vuole “portare l’azienda nel XXI secolo”.
I tre, le cui famiglie si frequentano, hanno figli piccoli o figli in arrivo e si trovano a dover fare i conti con il mestiere di genitore dopo aver passato una certa età. Cosa che mette spesso in difficoltà soprattutto Jack, incapace di trattenere la rabbia verso le assurdità che lo circondano e che esagera, insultando pesantemente la preside della scuola del figlioletto.
Jack viene costretto a umiliarsi davanti ad alunni e genitori chiedendo scusa ed entra in una spirale negativa che lo porta a essere sempre più arrabbiato e fuori luogo. Fino a quando, insieme agli inseparabili amici, finirà una sera in un casinò californiano (guidare fino a Las Vegas era decisamente troppo, per loro) che farà degenerare la serata in vari modi.
In crisi con le mogli e le campagne, i tre rimoveranno l’equilibrio alla nascita della secondogenita di Jack.
La recensione di Old Dads: una commedia che sarebbe potuta essere di culto, ma perde mordente
Old Dads inserisce nella trama tematiche importanti, come l’età sempre più avanzata di chi decide di fare un figlio (con l’immancabile scontro generazionale con i genitori giovani), il concetto di fama nell’era degli influencer - una riflessione riuscita nella presentazione del giovane capo dei tre protagonisti - la nonchalance nella vendita dei dati personali, l’ossessione per il linguaggio politicamente corretto e l’assurdità dei metodi educativi contemporanei che lasciano spazio totale ai bambini.
Jack, Connor e Mike non sanno mai come esprimersi, non sopportano i ragazzini in monopattino in mezzo alla strada, non concepiscono i moderni metodi educativi che assecondano sempre e solo i bambini, e figuriamoci se sono in grado di tenere il passo con le scuole private esclusive in cui una Preside supertitolata si sente in diritto di mettere in piazza i fatti loro. Insomma: lavorare 25 anni per poi vedersi soffiar via l’impresa non è una cosa da poco. Eppure, il mondo di oggi vuole che Jack, Connor e Mike non diano a vedere quanto siano infastiditi dal cosiddetto nuovo che avanza.
Un nuovo che, ovviamente, non inventa niente se non il marketing adattato alle mode del momento.
Ci sono delle sequenze veramente divertenti, come tutta la parte iniziale, e la sfuriata fra mamme, la conclusione decisamente azzeccata e le disavventure che li costringono a finire a fare i millennial in monopattino.
Old Dads tratta la scottante tematica dei genitori quasi nonni, con la tendenza a fare il primo figlio oltre i 40 anni per le donne e ancora più avanti per gli uomini. Cosa che, inevitabilmente, porta questa generazione “tardiva” a scontrarsi con genitori giovani e cresciuti in un mondo completamente diverso dal suo.
Le feroci critiche agli attuali metodi educativi, che in sostanza non educano limitandosi a consentire tutto ai bambini sono un’altra scottante tematica che coinvolge la realtà, insieme agli impiegati di mezza età che vedono i venticinquenni fare rapidamente carriera e diventare i loro capi perché sembrano capire cosa serve per avere successo.
In realtà si tratta solo di schemi, come Old Dads mette bene in evidenza: l’azienda di abbigliamento sportivo dei tre protagonisti deve essere trasformata in una “azienda di abbigliamento gender neutral con impatto ambientale zero”.
Interessanti anche le “tre regole dell’amicizia” enunciate da Mike, che rispecchiano la realtà e sottolineano lo scontro generazionale nell’approccio a come crescere i figli.
Ci sono dei dialoghi molto funzionali, che nostro malgrado finiscono per perdersi in mezzo al bisogno di insegnare la morale ai protagonisti, naturalmente costantemente dalla parte del torto anche quando, di fatto, non lo sono.
Riusciti i cameo di tre attori noti, C. Thomas Howell (The Hitcher, I ragazzi della 56° strada) nei panni di un eremita assoldato per fare l’anti-influencer nell’era degli influencer, Bruce Dern (Il grande Gatsby, The Hateful Eight) nei panni del guidatore chiamato da Jack per fare il viaggio da Palm Desert a Los Angeles e Rory Scovel (Babylon, Physical), il ciclista che compare nel finale.
Tutto sommato, Old Dads intrattiene quanto basta. Avrebbe dovuto evitare i toni troppo drammatici, ma evidentemente gli sceneggiatori - fra cui Bill Burr - si sono fatti prendere la mano.