Orphan: First Kill, trama, recensione e legami del prequel di Orphan su Netflix
Un'occasione sprecata: una buona partenza che si perde nella volontà di stupire, ma senza arrivare fino in fondo
Nel 2009 Vera Farmiga, futura protagonista della fortunatissima saga di The Conjuring, era già stata la star di un film horror, accanto a Peter Sarsgaard, recitando in Orphan.
La regia di Jaume Collet-Serra (L’uomo sul treno) dava vita alla sceneggiatura scritta da David Leslie Johnson-McGoldrick (che avrebbe firmato anche The Conjuring) e Alex Mace, che firma la storia e a produzione del prequel del film, dal 22 gennaio su Netflix.
Orphan: First Kill racconta la storia di Leena, una trentenne affetta da una rara patologia che ne ha fermato la crescita poco dopo i 10 anni e ha quindi l’aspetto e la voce di una ragazzina.
L’aspetto più interessante del film è la scelta di far interpretare il personaggio del 2022 alla stessa attrice del 2009, Isabelle Fuhrman.
La trama di Orphan: First Kill
Estonia, istituto psichiatrico Saarne. Anna (Gwendolyn Collins) entra per la prima volta nell’istituto per tenere lezioni di pittura terapeutica ai pazienti, ma al suo arrivo c’è un’emergenza: Leena (Isabelle Fuhrman), la paziente più pericolosa di tutto l’istituto, non è nella sua stanza e non si trova. Anna la incontra, scambiandola per una bambina.
Leena riesce a fuggire dall’istituto e assume l’identità di una bambina scomparsa 4 anni prima in America, Esther Albright, a cui somiglia.
Ma nel momento in cui la (falsa) ritrovata Esther torna a casa, la famiglia Albright sente che i conti non tornano…
La recensione di Orphan: First Kill, un prequel che manca di ciò che ha reso Orphan un film migliore
In Orphan, Esther (interpretata da Isabelle Fuhrman quand’era davvero una bambina), nata in Russia, è stata portata in America da una famiglia, ma finisce in un orfanotrofio subito dopo che questa famiglia viene sterminata da un incendio a cui Esther è miracolosamente scampata. L’unica sopravvissuta.
Orphan: First Kill racconta la storia di questa famiglia, gli Albright - sebbene nel film del 2009 ci fosse stato detto che si chiamavano Sullivan.
Ma il modo in cui il prequel di Orphan, film apprezzato da pubblico e dalla critica a differenza di questo prequel, ci racconta la storia degli Albright non funziona fino in fondo.
L’idea di usare le foto della Fuhrman da bambina, ai tempi di Orphan, per mostrare quanto Leena le somigli e possa essere una sua versione più grande, è la migliore del film. L’idea di ribaltare la situazione casalinga grazie al personaggio interpretato da Julia Stiles, Tricia Albright, funziona. Il cacciatore si trasforma in preda, e viceversa. Ma non basta.
A prescindere dalle piccole cose, come l’aver cambiato il nome della famiglia precedente di Esther da Sullivan ad Albright, per non parlare di come Esther sia crudele con gli animali in Orphan e compassionevole nel prequel. Infine ci sono le parole del dottore dell’istituto Saarne, che racconta di un’adozione di Leena da parte di una famiglia americana, mentre in First Kill si parla di una fuga. Comunque sia, a grandi linee i fatti possono anche tornare, passandoci sopra. Anche grazie a quale accortezza come la tecnica pittorica che Leena avrebbe imparato da Allen. Ma c’è qualcosa che manca rispetto al primo film.
Ed è questo il motivo stesso per cui questo prequel non funziona. Manca qualcuno a cui teniamo che venga minacciato da Esther.
Nella famiglia Albright, con la sola esclusione del padre Allen (Rossif Sutherland) - ma non è abbastanza forte il legame con lo spettatore - non c’è nessuno a cui teniamo. Nessuno per cui temiamo. Nessuno come Max, la sorellina di Esther in Orphan, una bambina adorabile per la quale non è possibile non provare simpatia.
Se non hai nessuno per cui preoccuparti, in un film con un’assassina, non c’è tensione. E non potrà mai essere un personaggio negativo come Leena, la persona a cui tenere. Mai. In nessun caso.
Ecco quindi che la coerenza con l’atmosfera di Orphan viene a mancare, sebbene i conti sulla trama tornino.
Nonostante l’interessante segreto degli Albright, che cambia le regole del gioco, manca il legame emotivo con il pubblico. La neve e il ghiaccio di Orphan ricorda il luogo da cui viene Leena, che finisce per trovarsi a suo agio in un clima ostile a molti. Orphan: First Kill ci fa conoscere la vera natura di Leena, cosa che nel film che ha reso celebre il personaggio ci è stata preclusa. Vedere come agisce all’istituto Saarne ci fa fare il viaggio nella sua psiche che è fondamentale per mettere insieme tutti i pezzi del puzzle. Ciononostante, Orphan: First Kill ha un’altra grave mancanza. L’intera sceneggiatura di Orphan si regge sul personaggio di Kate, la sempre brava Vera Farmiga. Una donna con un trauma che lotta disperatamente per salvare ciò che resta della sua famiglia. In First Kill, la performance di Julia Stiles non è all’altezza di q della della Farmiga. Sicuramente anche per colpa della sceneggiatura e del ruolo che ritaglia all’attrice ma non solo.
Orphan è simile a tanti altri film dello stesso genere, ma nel 2009 non era ancora così inflazionato. First Kill ne ripercorre in parte la trama, ma sono passati quindici anni e tanti, tanti altri film simili. Non ci regala quasi nulla di nuovo. Non abbastanza, almeno, da raggiungere la sufficienza.